N. 20 - 2016 15 maggio 2016
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Il grande sogno di Francesco per il futuro del nostro continente europeo

Nel discorso per il premio Carlo Magno, il Papa ha dato una scossa a noi europei, aprendo il cuore alla speranza e chiedendo…

Ermes Ronchi

Vorrei una chiesa con gli stessi sogni di Dio

C’è chi ormai lo chiama “il predicatore del Papa”. A tu per tu con il religioso che ha tenuto gli esercizi di Quaresima alla…

Aurelio Picca

Maria Goretti, mia sorella

Lo scrittore racconta la santa della purezza togliendole l’alone di “santino” e restituendole umanità e un’interiorità formidabile

Anna Pina Cannavacciuolo

Custodire la speranza fra le macerie

Parla la madre di una delle vittime del terremoto dell’Emilia. «Non è facile alzarsi al mattino, ma papa Francesco mi dà…

Ite missa est di Enzo Romeo

Quando a naufragare erano i migranti della povera Italia

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Aurelio Picca

Maria Goretti, mia sorella

Lo scrittore racconta la santa della purezza togliendole l’alone di “santino” e restituendole umanità e un’interiorità formidabile

La ragazza cerchiata in rosso, in questa foto del 1902 è Maria Goretti. 

La vita di un santo può essere un romanzo avvincente? Forse no: la grande scrittrice cattolica Flannery O’Connor aveva orrore delle agiografie. O forse sì, se proprio leggendo quelle vite sant’Ignazio di Loyola si convertì, trovandole più eroiche dei romanzi cavallereschi. Insomma, la sfida è alta. Tanto più per una vita fatta quasi di nulla, come quella di Maria Goretti, assassinata nemmeno dodicenne da un orco del tempo. Sfida accolta e vinta da Aurelio Picca, scrittore il cui valore è stato riconosciuto da tutti i premi nazionali più significativi. «Marietta è una figura che sento vicina e che è stata presente nella mia infanzia», ci racconta. «Durante le vacanze mio nonno mi accompagnava alla sua casa, che vedevo appannata dal mistero dell’uccisione di una ragazzina che aveva la mia età di allora. Non l’ho mai dimenticata, Marietta, solo un po’ messa da parte. L’ho ritrovata».

Qual è stata la difficoltà maggiore dell’opera?

«Non era facile ricostruire la vicenda, perché è stata trattata come se tutto fosse scontato e lei fosse già santa. Invece è una storia di adolescenza tradita, come tanti ragazzi e ragazze di oggi. Certo, lei ha avuto la fede, questa linea diretta con il Cielo che l’ha salvata. Ha avuto la forza e la grande generosità del perdono».

Lei la chiama sempre «Marietta», perfino «sorella» e «sorellina». Com’è nata questa intimità?

«Mi sono accorto che proprio a quell’età, quella della prima Comunione, c’è un passaggio, una lotta tra l’innocenza e il primo tentativo della realtà di strappartela via per inghiottirti nel suo gorgo. Lo è stato per lei e in maniera diversa anche per me. Per questo Marietta la sento come una sorella. Quello che è stato scritto su di lei la fa sembrare come appartenente a un mondo che non è mai esistito. Invece è una bambina vivente, di adesso. Il nostro mondo non è così lontano dal suo. Marietta ha cittadinanza tra noi. Lei è una mia vera sorella perché lo è nello spirito, e questo legame talvolta è più profondo di quello del sangue. Quelli nello spirito sono fratelli e sorelle che uno incontra miracolosamente nel proprio destino». Nel romanzo l’attualità di Maria Goretti s’intreccia con quella di Vittoria, una dodicenne dei nostri giorni... «Il destino ha voluto che ci trovassimo a ospitare questa ragazzina che, giovanissima, ha visto cose molto dure. Proprio nei giorni in cui mi accingevo a scrivere la storia di Marietta, che perse il padre troppo presto, ci giunse la notizia che la madre di questa ragazza era morta. Lei quel giorno stava proprio con me, passeggiavamo. È stato come trovarsi proiettato in un miracolo feroce, trovandosi a essere bambino e padre al tempo stesso. Ho voluto che anche la sua voce e la sua sofferenza partecipassero a queste pagine per dire che Marietta è vivente, in piedi, oggi».

Capitolo miracoli: lei racconta anche un incredibile, mancato incidente. «Mi sono interrogato per giorni se la mia vita era stata protetta dalla mamma, dalla Madonna o da Marietta».

«È un fatto assolutamente vero, accaduto la scorsa estate. Rientrando da Fabro a Roma ho avuto un malore grave, non vedevo più la strada. Ho accostato, un poco mi sono ripreso, mi sono forzato a guidare, ma sono svenuto. Sono rinvenuto nella corsia di velocità... in una strada trafficatissima, alle undici del 20 agosto, la macchina era andata avanti da sola per non so quanto tempo, attraversando le corsie in verticale senza che nessuno mi sfiorasse. Sono i nudi fatti, io non sono in grado d’interpretarli, ma devo raccontarli. Però credo fermamente nelle simmetrie del destino. I fatti non accadono mai invano».

Ci sono alcune pagine molto belle dedicate alla povertà dei Goretti, «indossata come un’aureola». La santità è anche una questione di stile, di dignità?

«Se guardi casa Goretti (a Borgo Le Ferriere di Latina, oggi trasformata in piccolo santuario, ndr), vedi una casa solida. Vestiti magari ne avevano due a testa, ma ben fatti. Erano “in grazia di Dio”... non avevano il superfluo, ma l’essenziale sì. Non c’erano falsi desideri. Era una povertà splendente. Erano uniti, si amavano, credevano, avevano un progetto, lavoravano tutti, lavoravano insieme. Lo trovo di un lusso sconcertante. Tutto era simbolo di una passione, di una tensione, di un saper fare che resiste al tempo. Ognuno aveva un ruolo, pur nella perenne durezza di una vita che non faceva sconti a nessuno. Era vita dura ma con un obiettivo, sostenuta da un’interiorità formidabile. È quell’interiorità che ancora potrebbe salvare il mondo».

Testo di Paolo Pegoraro

 

LA COLLANA VITE ESAGITATE? NO, ESAGERATE!

Volete una vita esagerata? Dimenticatevi Steve McQueen, e pure Vasco Rossi. Un conto è una vita esagitata, altro è una vita davvero esagerata. Come quella di chi è disposto a prendersi 14 pugnalate per difendere ciò in cui crede. O di chi, dopo una vita trascorsa a collezionare mille conquiste amorose, si arrende a un unico Amore. Non chiamateli “santi” se pensate a dei “santini”. Chiamateli uomini e donne autentici, così traboccanti di desiderio e di passione da poter nuotare controcorrente lungo i secoli. Lasciandoci sbalorditi ancora oggi.

Vite esagerate è il titolo della nuova collana di narrativa, edita da San Paolo, che affida a tredici scrittori contemporanei altrettante figure di innamorati dell’Assoluto. «Tutte le vite narrate», spiega il poeta Davide Rondoni, curatore della collana e autore nella stessa, «sono legate tra loro da un sentimento, una sorta di “pazzia d’amore verso Dio” che ha condotto i protagonisti a compiere, in circostanze avverse dal punto di vista esistenziale o sociale, scelte e opere di grande coraggio».

Venerdì 20 maggio i primi quattro volumi (12 euro l’uno) sbarcano nelle librerie: Capelli di stoppia di Aurelio Picca, su Maria Goretti; Rondoni con Il bacio di Siviglia su Miguel Mañara, l’uomo che ispirò il mito del “don Giovanni”; Fuori dall’harem di Maria Pia Ammirati, su Caterina Troiani, pioniera del riscatto femminile; e Lucrezia Lerro con Il contagio dell’amore sulla controversa intellettuale ebrea Etty Hillesum, molto stimata – tra gli altri – da Benedetto XVI.

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