N. 20 - 2019 19 maggio 2019
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Deir Mar Maroun – Libano

Torna a vivere il monastero di San Marone

Scavato nella roccia della valle della Bekaa, dopo anni di abbandono riapre il monastero fondato 1600 anni fa dai discepoli del più importante santo libanese

 Una semplice cappella con un altare e l’ambone ricavati da tronchi di cedro del Libano

Il traffico assordante di Beirut appare lontano quando si entra nella valle della Bekaa. Solo pochi chilometri separano la capitale libanese da questa area incontaminata, abitata per lo più da contadini e allevatori di pecore, ma sufficienti per avvertirne la diversa dimensione, che si fa sempre più metafisica, allorché il monastero rupestre di Deir Mar Maroun (monastero di San Marone, in arabo) appare in tutta la sua maestosità.  Sarà la bellezza del luogo, l’abbondanza dei fiori, il giallo e l’ocra delle montagne, la forza impetuosa del fiume Oronte, paradiso degli amanti del rafting (la discesa delle rapide del fiume con speciali gommoni, ndr) che scorre novanta metri più in basso, o forse l’antico rintocco della campana suonata a ogni ora dalle mani esperte del sacrestano Bassan… Quel che è certo è che, dopo anni di abbandono, Deir Mar Maroun, conosciuto anche come “grotta dei monaci” per le caverne scavate nella roccia sul fianco di una falesia a picco sul fiume, è tornato a essere un punto di riferimento storico e spirituale. Qui, di fatto, dopo la morte di san Marone, nacque la Chiesa maronita, la comunità di cristiani orientali in comunione con la Chiesa cattolica che celebra nell’antichissimo rito antiocheno.

PADRE SPIRITUALE
Si sa poco di Marone: nato a metà del IV secolo, in Siria, visse da eremita sulla montagna del Tauro nella regione di Cirro, vicino Antiochia, nell’attuale Turchia. Il suo stile di vita e il dono dei miracoli ne aumentarono la fama, attraendo al suo eremo persone di ogni età e censo, al punto da  spingerlo a fondare un ordine monastico, che – più tardi – avrebbe dato origine alla Chiesa cattolica libanese, conosciuta come Chiesa maronita, dal suo nome.

Alla sua  morte, attorno al 410, nei villaggi vicini vi fu una grande contesa per il possesso della salma, poiché il popolo già lo venerava come santo e anche san Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli, nel 403, gli inviò una lettera per esprimere il suo rispetto e devozione, chiedendo  di pregare per lui. I discepoli ne continuarono l’opera, soprattutto in Libano con il primo seguace, Abramo di Cirro, che fece molto proselitismo a favore del cristianesimo, usando la figura di Marone come esempio morale, ma rimanendo – allora come oggi –  sempre fedele alla Chiesa cattolica.

Secondo alcuni studiosi fu proprio uno dei suoi discepoli, alla morte di Marone, a scegliere la zona rupestre della valle della Bekaa come luogo di eremitaggio, dandole il nome del maestro e fondando così il monastero di San Marone. Molti sono i documenti che testimoniano la straordinaria fioritura del monastero dalla metà del V secolo alla metà del IX.

Tommaso, vescovo di K?fart?b, nel XI secolo scrisse che ben ottocento monaci dimoravano «in un grandioso edificio attorniato da più di trecento stanze abitate dai monaci, e possedeva oggetti d’oro, d’argento e pietre preziose in gran quantità». Esso rimase in uso ai monaci fino all’epoca delle Crociate (1095-1291): per difesa, i cavalieri cristiani ne modificarono la struttura, come testimoniano le volte e le feritoie realizzate nella roccia. Infine, venne abbandonato quando l’intera zona cadde in mano ai Mammalucchi e poi agli Ottomani.

LA RINASCITA
Sul monastero cadde il silenzio fino al XIX secolo allorché i Monaci maroniti libanesi (Olm) ne rivendicarono la proprietà assieme alla terra circostante. Il 25 agosto 1898, l’ultimo monaco dell’Ordine maronita libanese, abitante a Deir Mar Maroun, venne martirizzato dai musulmani e il suo corpo gettato nel pozzo all’interno del monastero. Nel 2018, l’Ordine, in collaborazione con la diocesi di Baalback-Hermel, ha ripreso l’amministrazione del monastero, lavorando a un progetto per rinnovare il monastero stesso e le terre attorno, con lo scopo finale di ristabilirvi una vita monastica e una testimonianza cristiana nella zona.

«Il monastero significa molto per la Chiesa maronita», spiega padre Licha’ Sarrouh dell’Ordine maronita libanese. «Ritornare qui è come risalire alle nostre origini, alla nostra sorgente spirituale».

Il monastero si trova in un’area a maggioranza musulmana e per il popolo libanese «la nostra  presenza qui», spiega padre Licha’, «significa aprire un nuovo capitolo di coesistenza pacifica, di fraternità umana e patriottica tra i cristiani e i musulmani, secondo quella che è la principale missione del nostro Paese». Il Libano è più di uno Stato, nota il religioso: «È un messaggio per l’Oriente e l’Occidente di tolleranza, compassione ed accettazione dell’altro, secondo le parole usate da papa Giovanni Paolo II».

Ogni luogo ha una sua anima. Emana una sua spiritualità. Qual è lo spirito del monastero di San Marone? «È una lezione di fedeltà all’antica e iniziale missione della Chiesa maronita», afferma padre Licha’, «e lo è in tutte le circostanze, a dispetto delle asperità e della natura con cui si presentano le sfide da affrontare».

Un luogo aspro, di una bellezza struggente, non immediato da raggiungere stante il moderato dislivello da superare, ma – quando il batacchio della campana esterna al monastero manda il suo suono – i libanesi sanno che i monaci sono tornati finalmente a casa, in quella casa che è dell’intero Paese dei cedri.

IL GRANDE ANACORETA
Venerato sia dalla Chiesa cattolica che ortodossa, nel IV secolo san Marone fondò un ordine monastico da cui nacque la Chiesa cattolica libanese, che da lui prende il nome. Visse nelle montagne del Tauro (presso Antiochia), ebbe molti seguaci, attirati dalla sua vita ascetica. Morì verso il 410 e le sue reliquie giunsero in Italia, portate dal crociato Michele di Uppello che le donò all’abbazia di Sassovivo, presso Foligno. Ora si trovano nel duomo di Foligno. Si festeggia il 9 febbraio.
   

ORGANIZZARE LA VISITA
Il monastero rupestre di San Marone si trova nel nord-est del Libano a circa 35 chilometri da Beirut. È al centro della valle della Bekaa e a sud di Hermel, dove si trovano importanti siti archeologici. La visita al monastero è aperta a tutti e ogni domenica, alle 12, viene celebrata la Messa. Per info e visite contattare padre Licha’ mediante whatsapp al numero 00961 71113286. Dal 7 giugno sarà attiva la app Holy Lebanon, comprensiva di informazioni dettagliate sui luoghi di culto e una mappa di alloggi e ristoranti.
   

Testo di Elisabetta Giudrinetti

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