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Torna a vivere il monastero di San Marone
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Alla fonte di Taizè per dissetarci e continuare il cammino
Donne e uomini appassionati del Vangelo e assetati di una verità che non può non avere i passi della riconciliazione e del…
Ite, missa est di Daniele Rocchetti
Alla fonte di Taizè per dissetarci e continuare il cammino
Donne e uomini appassionati del Vangelo e assetati di una verità che non può non avere i passi della riconciliazione e del perdono
Sono salito a Taizé dopo molti anni. Ero curioso di scoprire ancora le ragioni profonde che mi portavano, da giovane, a passare alcuni giorni con questa singolare comunità monastica. Ero anche interessato a capire se l’esperienza non fosse, in qualche modo, consunta e logora. Ho trovato una numerosa comunità di fratelli provenienti da venticinque nazioni diverse dell’Europa, dell’Asia, dell’Africa e dell’America. Metà sono cattolici, l’altra metà dalle chiese riformate. Uomini appassionati del Vangelo, non troppo preoccupati delle loro sorti, aperti a quella che chiamano la «dinamica del provvisorio».
Ho incontrato giovani, da ogni parte del mondo, assetati di una verità che non può non avere i passi della riconciliazione e del perdono. Parole difficili oggi. Eppure necessarie. Per questo, non si può non tornare a Taizé. L’ha detto bene Giovanni Paolo II salito anche lui, nell’ottobre del 1986, a pregare e a incontrare la comunità: «Si passa a Taizé come si passa accanto a una fonte. Il viaggiatore si ferma, si disseta e continua il cammino». Vivere l’oggi di Dio: questo è quanto si respira, ancora oggi, a quasi ottant’anni dalla fondazione, nella comunità posta nel piccolo villaggio della Borgogna, non lontano dall’antica abbazia di Cluny. Tutto era cominciato nel 1940 quando frère Roger Schutz lasciò il paese dove era nato, la Svizzera, per stabilirsi nel piccolo villaggio di Taizé.
Quando anni fa intervistai frère Roger, gli chiesi di raccontarmi il suo sogno sul futuro di Taizé. Mi guardò a lungo e mi disse: «Non facciamo mai progetti a lungo termine… Tali progetti potrebbero impedirci di vivere l’oggi di Dio. Invece, spesso ci sorprendiamo a chiederci: cosa si aspetta il Cristo da noi? Ed è sempre come se ci trovassimo solo all’inizio di una vita comune con i miei fratelli e all’inizio di un pellegrinaggio di fiducia sulla terra… Cristo non chiama nessuno al tormento interiore. Egli ama ogni essere umano, senza eccezioni. Risuscitato dice ad ognuno: “Sono con te. Non ti abbandonerò mai e poi mai”».
Illustrazione di Emanuele Fucecchi