Credere n.20 - 18/08/2013
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SUI MONTI CON UN PAPA PER AMICO
Incontro con Lino Zani, la guida alpina di Giovanni Paolo II, sul set del film Era santo, era uomo, tratto dal suo libro...
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Incontro con Lino Zani
SUI MONTI CON UN PAPA PER AMICO
Incontro con Lino Zani, la guida alpina di Giovanni Paolo II, sul set del film Era santo, era uomo, tratto dal suo libro
«Lino cosa ti spinge ad arrivare in cima a quelle montagne, perché lo fai?». «Mi piace scoprire quello che c’è al di là : quando arrivo lassù mi sembra di poterlo comprendere». «Ricordati però che arrivati in cima si può solo scendere. Più in là di tanto l’uomo non può andare». È Lino Zani che ci riporta questo dialogo con papa Giovanni Paolo II. Alpinista, maestro di sci, Lino, appena ventisettenne, ha avuto la fortuna di trovare un amico straordinario, papa Wojtyla.
Nel 2011, dopo molte titubanze, alla notizia della beatificazione, Zani ha scritto, con Marilù Simoneschi, Era santo, era uomo, in cui racconta questo legame durato una vita. Dal suo libro verrà tratto un film, trasmesso da Rai 1 nei prossimi mesi, in vista della canonizzazione di Wojtyla, per la regia di Andrea Porporati, con Giorgio Pasotti nei panni di Lino Zani, Aleksei Guskov in quelli del Papa, Claudia Pandolfi e Katia Ricciarelli.
Il set è sulle sue montagne, quelle che ha vissuto fin da bambino con il fratello Franco e tutta la famiglia. Le montagne della Guerra bianca, delle trincee scavate nella roccia, delle centinaia di soldati che riposano per sempre tra i ghiacci. Le montagne su cui Lino sciava con Wojtyla. Lo raggiungiamo in cabinovia dal Passo del Tonale, a quota 2.750 metri: l’aria è frizzante, il sole va e viene, la bellezza del luogo indescrivibile.
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L’Adamello, la Presanella, il ghiacciaio Presena sono davanti a noi e, più in là , il rifugio ai Caduti dell’Adamello, quello che i genitori di Lino gestivano dal 1969. Strano come il silenzio sia sempre la costante della montagna: nonostante le decine di tecnici, di addetti alla sicurezza, controfigure, attori, nonostante l’invasione di attrezzature, per il sonoro, per le riprese, la montagna copre tutto come ovatta.
Scorgiamo Lino su una cengia, dare istruzioni all’attore Giorgio Pasotti che, più sotto, si sta cimentando in una scena di arrampicata. Una mattinata di ciak ripetuti, finché la troupe abbandona la parete rocciosa avvolta dalle nubi e si avvia, alla spicciolata, per una pausa al rifugio. A cavalcioni su una panca di legno, Lino ci racconta, con gli occhi che brillano, un’amicizia nata nel 1984 «tra due montanari».
«Giovanni Paolo II era una persona eccezionale: mi ha sempre stupito la sua capacità di relazionarsi con gli altri. Un ascolto partecipe: si interessava di tutti, prendeva parte alle vite di chi incontrava. Trasmetteva una grande energia, una carica inspiegabile». Il Papa, amante degli sport, dello sci e delle passeggiate in montagna, arrivò al rifugio Caduti dell’Adamello come uno di famiglia.
Tutto nacque da una lettera: un amico, maestro di sci, voleva condurre al rifugio quattro preti polacchi, tra cui padre StanisÅ‚aw Dziwisz (allora segretario del Papa). Fu proprio Stanislao, come lo chiama con affetto Lino, ad avvicinarsi in cucina alla madre di Lino: «“Signora, le spiace se a metà luglio il Santo Padre viene qui da voi per una breve vacanza?â€. Mia mamma all’inizio pensò a uno scherzo... In un mese ci preparammo in segreto: perfino mio papà che stava a valle era all’oscuro di tutto.
Poi, in quei tre giorni di luglio, arrivò al rifugio anche il presidente Pertini, amico del Papa e montanaro pure lui, e fu un caos mediatico, ma quella è un’altra storia!» A Lino piace ricordare quei primi momenti con il Papa, che sarebbe poi ritornato al rifugio nel 1988 e che non smise mai di farsi accompagnare in montagna, di riceverlo in Vaticano, di affidargli dei compiti: portare le croci benedette sugli ottomila che Lino scalava. «In questi giorni di riprese provo un’emozione indescrivibile.
È come rivivere tutto. Abbiamo girato la scena della preghiera. Mi si è accapponata la pelle». Un pomeriggio, durante una sciata, il Papa notò una croce di legno posta su una cima, Cresta Croce: si fermò e chiese a Lino di parlargliene. «Sta lì da prima della Grande Guerra, ricorda il luogo in cui morì un ragazzo: quella croce ha visto battaglie, morti, ha raccolto le preghiere dei soldati».
Il Papa ne rimase molto turbato, così come dai racconti di quei soldati morti e chiese di poter fermarsi a pregare. «Gli trovai un luogo in cui il suo sguardo potesse spaziare a 360 gradi: è stata la prima volta che l’ho visto pregare, era di spalle, noi lo aspettavamo silenziosi, consci di assistere a qualcosa di straordinario: tutto era immobile come lui, che restò così quasi un’ora.
Lo sentivo: era da un’altra parte, era collegato al Signore». Lino ha occhi azzurri come il cielo delle sue montagne, che non nascondono le emozioni: «Mi ha salvato la vita almeno due volte: la sua croce era con me nella salita al Dhaulagiri, un ottomila himalayano, quando caddi in un crepaccio e poi, anni dopo, quando fui investito da un’auto. Mi ha sempre accompagnato, ogni istante della mia vita: anche adesso, lo sento ancora, più vicino che mai».
Testo di Donatella Ferrario
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