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Santuario di Oropa

Le stoffe dei fedeli per il nuovo manto della Madonna

Gli scampoli offerti a Maria saranno cuciti insieme e nel 2020, quando si rinnoverà l’incoronazione della Vergine, il mantello verrà posato sulla Madonna nera assieme a un diadema.

 Il chiostro del Santuario di Oropa

Stanno arrivando in rettangoli formato 10 per 15 centimetri, ma è previsto che poi siano ritagliati in tesserine più piccole. Come recitano le istruzioni, non vanno bene tessuti in jersey, maglieria in genere, t-shirt o cappotti: meglio tessuti non elasticizzati, come quelli di camicie, lenzuola, jeans, purché significativi per il donatore. A Oropa ne sono già arrivati oltre 400, ma la scadenza è ancora lontana: 8 dicembre 2019. Tutti i pezzetti di stoffa raccolti saranno affidati alle benedettine dell’isola di Orta San Giulio per confezionare il “Manto della misericordia” per la statua della Madonna nera del santuario. Il 30 agosto 2020 si rinnoverà poi la devozione dell’incoronazione dell’effigie della Vergine con il Bambino – la quinta, una ogni secolo a partire dal 1620 – e al dono del prezioso diadema verrà aggiunto il mantello, come segno di una comunità che si raccoglie unita sotto la protezione di Maria.

«Questo pezzo di stoffa ha un valore affettivo molto grande: è il mio abito da sposa e conta già 53 anni! L’ho conservato come una “reliquia” perché per me ha significato il formarsi della famiglia». «È una stoffa biellese, come si faceva nelle industrie tessili locali 40 anni fa. L’ha disegnata il mio papà che ha sempre fatto con passione il mestiere di disegnatore. Stoffa leggera ma calda, conservata per persone speciali». «La stoffa deriva da uno dei primi càmici che ho indossato come pediatra e che uso per curare i piccoli pazienti che mi affidi». L’affidamento alla Madonna, testimoniato nei biglietti che accompagnano gli scampoli di stoffa, cuce insieme le storie di chi li offre: una specie di ex-voto collettivo di tessuto che supera teche e pareti del santuario per arrivare a diretto contatto con l’effigie.  

MIGLIAIA DI PELLEGRINI
Secondo la tradizione, la devozione mariana fu diffusa tra queste montagne nel IV secolo da sant’Eusebio. Scolpita in legno di pino cembro nel XIII secolo, l’abito e i capelli color oro incorniciano il volto dipinto di nero della Vergine, colta nel mistero della presentazione del Bambino al tempio e della sua purificazione. Il Bambino reca infatti la colomba e la Vergine stende il braccio destro con la palma in mano a racchiudere le monete dell’offerta. Nei secoli a lei si sono rivolti migliaia di pellegrini, con suppliche e invocazioni, passando il testimone da una generazione all’altra: «È stato il vestito “della festa” di nonna Caterina», testimonia un biglietto di accompagnamento, «ogni anno, dalla campagna vercellese, ci accompagnava a Oropa per ringraziare la Madonna».

Sotto gli occhi misericordiosi della Madonna nera è passata la Storia, dalle invasioni delle truppe napoleoniche che spogliarono il santuario dei suoi gioielli, alla fine della Grande guerra celebrata nel 1920 con un’incoronazione alla quale parteciparono oltre 150 mila persone, fino alle devastazioni e alle macerie della Seconda guerra mondiale, tra cui la statua sfilò nel 1949: la prima Peregrinatio Mariae tra i paesi del biellese servì a ridare speranza e forza a un popolo provato, che cercava di immaginare un futuro migliore. 

Ai piedi della statua della Madonna nera, tante piccole storie si sono intrecciate agli eventi più tragici.

L’ABBRACCIO DELLA VERGINE
Un esempio? Nel 1951, con l’alluvione del Polesine, una famiglia che ha perso tutto si trasferisce vicino a Oropa. «In quel periodo», racconta il biglietto legato a un rettangolino di stoffa, «pochi erano benestanti. Ma il cuore delle persone era generoso e si privarono delle loro cose per aiutare gli alluvionati. Tra queste, due coperte donate ai miei genitori. La mamma ha continuato a raccontarci il valore di queste due coperte che chiamava “la carità” e “l’amore”. Ne ha lasciata una a ognuna di noi sorelle, simbolo di solidarietà, un’eredità preziosa. Ne lasciamo una piccola parte per il mantello della Madonna di Oropa, perché l’amore dei figli di Dio resti vicino a lei per proteggerci».

«Ogni santuario è costruito dal legame che ogni persona, anche non di fede, ha con la Madonna», commenta don Michele Berchi, rettore di Oropa. «L’incoronazione del 2020 è un’occasione per far emergere questo legame. Così come la corona che le porremo in capo è fatta di figli − le perle più preziose per la Vergine sono i suoi figli − anche il manto vorrà rappresentare simbolicamente tutti noi. Nessuno deve sentirsi escluso dall’abbraccio della Regina della misericordia».

IL CONCORSO: ARTE, FEDE E CORONE
Realizzare due oggetti preziosi – la corona per la statua della Vergine e quella del Bambino Gesù del santuario di Oropa – in continuità con la secolare tradizione di fede e in modo comprensibile alle persone del nostro tempo: è la sfida proposta dal concorso ideato dalla diocesi di Biella e dall’Ente laicale di culto Santuario di Oropa insieme all’Ufficio nazionale dei Beni culturali ecclesiastici della Conferenza episcopale italiana. Il 5 maggio gli artisti, selezionati dopo una prima manifestazione di interesse, si sono trovati a Oropa e hanno potuto immergersi nel clima di devozione del santuario mariano. Ora sono tutti al lavoro: il bozzetto vincitore sarà reso noto entro la fine dell’anno, mentre entro maggio 2020 le corone saranno consegnate alla diocesi e poi portate con un gesto di fede e preghiera a Oropa, in tempo per le celebrazioni del 30 agosto.
   

Testo di Chiara Santomiero

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