Credere n.21 - 25/08/2013
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Calcio e fede
Faccio gol con il Vangelo
Don Aldo Rabino salesiano, ex giocatore, è cappellano del Torino. «I calciatori hanno poco tempo, devo dribblare tanti impegni ma con alcuni arriviamo ai sacramenti»
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Don Aldo Rabino (foto di Ugo Zamborlini)
 Portare il Vangelo sui campi di calcio. Da 42 anni questo è il compito di don Aldo Rabino. Classe 1939, torinese “di fede torinistaâ€, il sacerdote salesiano è dal 1971 il padre spirituale del Torino Football Club, più semplicemente il “Toroâ€, squadra che milita nel campionato di Serie A del calcio italiano, al via proprio questo week end. Un incarico non ufficiale («nessun vescovo mi ha mai nominato», sorride) che non ha simili nel panorama calcistico italiano. Presiede ogni 4 maggio la cerimonia per i caduti del Grande Torino nella basilica di Superga, celebra le Messe nei club di tifosi che lo richiedono, ma soprattutto è il punto di riferimento spirituale per i ragazzi della prima squadra. «Dal 1984 – spiega don Aldo – prima di ogni partita casalinga del Toro celebro l’Eucaristia nel ritiro per i giocatori e i membri dello staff tecnico e dirigenziale. Durante la settimana poi, compatibilmente con i miei altri impegni, passo al centro d’allenamento, parlo con i ragazzi e vedo se hanno bisogno».
Un approccio che il sacerdote definisce «prima personale poi religioso, perché per i calciatori deve essere un rapporto disinteressato e non invadente, anche se poi sono loro stessi a parlarmi», spiega. Un rapporto che è sempre più difficile instaurare: «I ragazzi hanno meno tempo – racconta il salesiano – finito l’allenamento corrono via; anche in ritiro, a volte tendono a isolarsi con la musica e internet. E poi, se prima i giocatori rimanevano qui per anni e avevo tempo per conoscerli, adesso molti giocano una stagione o solo per qualche mese».
Complicato è anche avvicinarli al Vangelo. «I calciatori – confida – sono in genere molto superstiziosi: per esempio qualcuno non viene a Messa se la settimana prima era assente e ha segnato. Ma soprattutto questi ragazzi temono il giudizio degli altri: a volte non partecipano alle funzioni perché hanno paura di quello che direbbero i compagni o di cosa ne penserebbe l’allenatore». Una “partita†quotidiana che a don Aldo ha dato però molte soddisfazioni in questi anni. Roberto Cravero, ex difensore e ora dirigente sportivo, Giancarlo Camolese, ex centrocampista oggi allenatore, e l’attuale portiere della Lazio Federico Marchetti, il sacerdote li ha visti crescere: «Tra il 1978 e il 1999 il ritiro precampionato di Allievi e Primavera era in Valle d’Aosta, dove organizzavo i campi estivi con il centro Oasi». Di buona parte di loro don Aldo ha celebrato il Matrimonio e il Battesimo dei figli. Dell’ex bomber Cristiano Lucarelli, che ha la nomea di essere “comunistaâ€, anche la Cresima. Quasi nessuno lo ha dimenticato, anzi: «Qualche settimana fa è venuto a trovarmi Ezio Rossi, ex allenatore e giocatore del Torino, e si è offerto di darmi una mano con i campi sportivi che organizzo».
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Il pallone e l’attività sportiva sono stati centrali nella vita e nella vocazione di don Aldo. «Tutto è cominciato nel mio oratorio salesiano a Torino, nel quartiere “Barriera di Milano†– racconta – in quel periodo il calcio era una delle poche cose che avevamo». Partite interminabili, ma anche preghiere e quella prima fascinazione per don Bosco. «Mi piaceva come i salesiani stavano in mezzo a noi: ci seguivano ed erano sempre disponibili», racconta. Nel 1954, a 15 anni, Aldo prende una decisione: lasciare la squadra dell’oratorio per giocare nella Spartanova, una società “vivaio†di Torino e Juventus: «Continuai comunque a seguire le attività della parrocchia, visto che ero delegato aspiranti dell’Azione Cattolica». Il suo talento non passa inosservato e a maggio 1955 arriva una convocazione per una selezione piemontese che deve disputare un’amichevole prima di Italia-Yugoslavia a Torino. Ma la chiamata a cui Aldo risponde è anche, e soprattutto, un’altra. «Con l’oratorio andammo a fare gli esercizi spirituali. Tornando a casa caddi dalla bicicletta, mi sbucciai le mani e fui costretto a rimanere fermo qualche giorno: meditai molto, decisi di diventare salesiano». Con il seminario prima e il sacerdozio poi, don Aldo non abbandona lo sport. Anzi. «L’attività sportiva è importante – spiega – perché fa accettare ai ragazzi regole, tempi e spazi».
E il sacerdote questa filosofia l’ha applicata fin da quando, studente all’Università salesiana, organizzava partite alla periferia di Roma, partecipava alle attività di formazione del Centro sportivo italiano o, nei primi anni Settanta, si impegnava nel gruppo sportivo dell’oratorio di Borgo San Paolo a Torino. Ancora, come dirigente del settore giovanile della Federazione italiana calcio e come padre spirituale del Torino. Il calcio però, non è tutto. Don Aldo ha vissuto anche l’esperienza della missione in America Latina, e si dà da fare con i giovani, sull’esempio di don Bosco: «I giovani non solo siano amati, ma essi stessi conoscano di essere amati».
Testo di Roberto Brambilla
Foto di Ugo Zamborlini