N. 21 25 agosto 2013
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La spiaggia della solidarietà

Lo stabilimento balneare “L’Arca”, legato alla Caritas, accoglie anziani soli e famiglie con figli. E offre agli adolescenti un’occasione preziosa per imparare il bello del volontariato

due anziani signori giocano a carte sul lido di ostia

Un po' di mare in compagnia. Anziani ospiti sulla spiaggia dell'"Arca" si godono il sole e il mare, soprattutto buone relazioni tra persone (foto di Gennaro di Cicco)

Il nome con cui l’hanno battezzato dieci estati fa non poteva essere più appropriato. Perché allo stabilimento balneare L’arca, gestito sul lungomare Amerigo Vespucci di Ostia dalla cooperativa Roma Solidarietà – nell’alveo della Caritas romana – c’è davvero posto per tutti, proprio come sull’imbarcazione guidata da Noè. Famiglie, gruppi parrocchiali, volontari, anziani e bambini, nessuno escluso. Con una particolare attenzione a coloro che nei mesi estivi resterebbero «agli “arresti domiciliari”, come ci ha confidato un nostro ospite, rappresentante della cosiddetta terza età», racconta Gennaro Di Cicco, coordinatore e responsabile della struttura aperta tutto l’anno e decisamente versatile. D’inverno il salone usato per il pranzo e i balli ricreativi pomeridiani – e la notte per il riposo dei volontari sulle brandine o nei sacchi a pelo – si trasforma in centro d’accoglienza per una trentina di donne senza dimora. In questi mesi, invece, è quotidianamente crocevia per circa 250 anziani indigenti seguiti dai servizi sociali dei Municipi, oltre a tanti ospiti delle case famiglia e dei centri di accoglienza.

«Per noi sarebbe impensabile fare una vacanza, anche solo muoversi da casa, senza l’aiuto dei servizi sociali e della Caritas», raccontano Domenico e Irina, che si definiscono «poveri e allo stesso tempo fortunati, perché abbiamo incontrato tanti amici». L’anziana coppia vive con meno di mille euro al mese di pensione, dopo aver dismesso l’attività commerciale di famiglia e aver lavorato una vita. Segnata anche dalla perdita di un figlio in tenera età a causa di un incidente.

Ascoltarli è «una scuola di vita» per le nuove generazioni, testimonia Stefano Mariani, che con la moglie Giovanna Martinelli è membro dell’Ordine francescano secolare e con lei – presso la parrocchia del Sacro Cuore a Guidonia Montecelio (Roma) – ha fondato lo scorso anno l’associazione Giovani Arcobaleno d’ispirazione francescana. Che ha «come priorità il servizio verso gli ultimi», specifica. Per la seconda estate consecutiva 35 adolescenti tra i 15 e i 20 anni, insieme ai loro educatori, andranno a fare volontariato all’Arca per una settimana: un’esperienza forte per il gruppo, che ha voluto raccogliere le testimonianze ascoltate lo scorso anno dagli anziani ospiti dello stabilimento balneare nel volumetto Storie sotto l’ombrellone. «Venti ragazzi su una spiaggia romana, che hanno in comune il denominatore della fede. Le vicende autentiche, raccontate nelle forme dell’intervista o della lettera, ci donano la preziosa possibilità di credere ancora che esista la capacità di ascoltare l’altro», commenta mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas romana. Attraverso il gioco, l’animazione, la compagnia, hanno scoperto vissuti di guerra e di amore, sentimenti ed esperienze provenienti da «un mondo fino a quel momento a loro “sconosciuto”: la terza età», fa notare Stefano, responsabile del gruppo insieme a Giovanna, con cui è sposato da 33 anni. «È l’incontro fra generazioni che per l’occasione sono tornate a dialogare, abbattendo quei muri di indifferenza, distacco, prevenzione che le rendono molto spesso estranee l’una all’altra».

Gli anziani «aprono volentieri il loro scrigno di saggezza, il loro patrimonio di ricordi», evidenzia ancora Gennaro. Ma se la salute glielo consente ancora, sono grandi risorse e protagonisti – al pari di seminaristi, scout, gruppi parrocchiali – del volontariato. Come don Armando Nardini, classe 1921, ordinato sacerdote a 26 anni. Dopo la catastrofe di Chernobyl, dove nel 1986 esplose il reattore della centrale nucleare, ha cominciato a interessarsi dei bambini bielorussi. «Scoprimmo che i più colpiti avevano il cancro alla tiroide e ci siamo mobilitati con l’associazione Puer per portarli in Italia: bisogna fare in modo che, almeno per quattro mesi all’anno in inverno e in estate riescano, con del vitto non contaminato, a eliminare il cesio che assorbono nel loro Paese», racconta il prete. Anche quest’anno, con la sua pensione, ha pagato il viaggio a una quarantina di loro; una parrocchia di Ostia li accoglie per la notte, mentre per due mesi sono ospiti dell’Arca nelle ore diurne.

«Il nostro slogan? “Un’alternativa per tutti”: vogliamo offrire a chiunque l’opportunità di trascorrere un periodo al mare, che sia di svago o di incontro». Perché c’è anche un’area, a prezzi calmierati, disponibile per le famiglie che desiderano usufruirne: «Più sono numerose, meno pagano», informa Gennaro. E tutti gli utili «concorrono alla solidarietà: vengono reinvestiti per pagare pasti e accoglienza, garantendo così una vacanza a chi non può permettersela». Se avanza qualche euro a fine stagione, al netto dei costi gestionali, viene speso per le attività promosse dalla Caritas nella metropoli romana. Un circolo virtuoso di condivisione in nome del Vangelo.

 Testo di Laura Badaracchi

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