N. 22 - 2019 2 giugno 2019
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Annalena Tonelli ha gridato il Vangelo con la vita

Nata a Forlì nel 1943, dopo una giovinezza giocata nell’impegno ai poveri e nell’attenzione a quello che si chiamava terzo…

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Ite, missa est di Davide Rocchetti

Annalena Tonelli ha gridato il Vangelo con la vita

Nata a Forlì nel 1943, dopo una giovinezza giocata nell’impegno ai poveri e nell’attenzione a quello che si chiamava terzo mondo, nel 1969 parte per l’Africa. Kenya e Somalia i luoghi della sua testimonianza “fino alla fine”

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

«Io sono nobody, nessuno. Nel senso che non appartengo a nessuna organizzazione religiosa... a nessuna congregazione. Volevo essere solo per Dio. Volevo essere veramente nessuno, senza nessuno, senza nessuna potenza, senza nessuna protezione. Questo è il senso della mia vita». Così Annalena Tonelli si era presentata in uno dei rari interventi pubblici. Nata a Forlì nel 1943, dopo la laurea in Giurisprudenza parte per il Kenya. Chiede di essere assegnata a Wajir, scelto perché rispondeva alla sua esigenza di «predicare il Vangelo con la vita» nel mondo musulmano, secondo la spiritualità del tanto amato Charles de Foucauld.

Nel Paese africano – dove riunisce altre sei donne con cui farà comunità - rimarrà fino al 1985 quando verrà espulsa come “ospite non gradita”, per le sue ferme denunce contro l’eccidio che mirava allo sterminio della tribù dei Degodia. Dopo un anno trascorso in eremi e monasteri italiani riparte per l’Africa. Destinazione, stavolta, la tormentata Somalia. Più volte aggredita e minacciata di morte, nel 1996 decide di stabilirsi a Borama, nel Somaliland, uno Stato dell’Africa orientale non riconosciuto dalla comunità internazionale. Avvia il programma di cura della Tbc, accoglie, nell’ostilità e nella diffidenza generale, i malati di Aids, coscientizza le donne perché non si pieghino alla pratica dell’infibulazione, avvia scuole di alfabetizzazione e di Corano («loro, mussulmani, mi hanno insegnato la fede, l’abbandono incondizionato a Dio. Mi hanno insegnato a fare tutto, incominciare tutto, operare tutto nel nome di Dio!») per quanti stanno lunghi periodi in ospedale.

Il 5 ottobre del 2003, dopo la visita serale agli ammalati, viene uccisa da due sicari con un colpo alla nuca. Le sue ceneri sono state sparse, come aveva espressamente chiesto, nell’eremo di Wajir «sulla sabbia del deserto più amato del mondo». Poche lapidarie parole su un foglietto scritto a mano: «Non parlate di me che non avrebbe senso, ma date gloria al Signore per gli infiniti indicibilmente grandi doni di cui ha intessuto la mia vita. Ed ora tutti insieme incominciamo a servire il Signore, perché fino ad ora ben poco noi abbiamo fatto».
   

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

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