N. 23 - 2019 9 giugno 2019
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Basilica di Sant’Antonio

Arte, Vangelo e carità

A Padova, alla basilica del Santo, per «toccare» la fede e lasciarsi elevare dallo splendore del bello sorto sulla testimonianza evangelica del frate portoghese

 La basilica di Sant’Antonio

«Il Santo» è uno solo, come conferma la liturgia: è «il Signore Dio dell’universo». La pensano così, e ci mancherebbe, anche a Padova, dove tuttavia «il Santo» è sant’Antonio, «di» Padova perché qui visse l’ultima fase della sua vita, ma «da» Lisbona, dove nacque nel 1195. L’uso di tralasciarne il nome non è tuttavia un vezzo solo locale. Sarà forse segno dell’universalità della devozione antoniana, lungo lo scorrere delle generazioni e oltre i confini della stessa cristianità, come testimoniano tanti musulmani e induisti che confidano in Antonio. Oppure sarà per il record di più veloce «santo subito» della storia, visto che dalla morte (13 giugno 1231) alla canonizzazione passarono appena 11 mesi…

In vista del 13 giugno rechiamoci allora nella basilica presto sorta a sud della città, opera magnifica del Duecento, impreziosita nei secoli da un apporto continuo di opere d’arte tali da quasi frastornare chi la visita per la prima volta. Un’architettura unica nel suo genere, gli affreschi e le sculture del Trecento, l’apporto del Quattrocento (di Donatello su tutti), i bassorilievi rinascimentali, la barocca Cappella del Tesoro, solo per citare alcune prelibatezze… Arte e fede, nel nome di Antonio, si compenetrano. «Mentre in molte chiese storiche si respira ormai solo arte e turismo, qui ancora fede, devozione e pellegrinaggi sono il centro. E d’altra parte il culto non è l’unica attrattiva: la bellezza artistica aiuta anche il più svogliato dei turisti a cogliere un oltre di senso, a interrogarsi su Dio». A parlare è fra Oliviero Svanera, rettore della basilica del Santo e guardiano della fraternità, forte della presenza di 51 francescani conventuali.

ALL’ARCA DEL SANTO
Eccolo allora il complesso basilicale! Non è indifferente il punto di accesso: chi arriva dal centro ne apprezza subito la possente struttura romanica, sulla quale svettano le aeree cupole di ispirazione bizantino-veneziana. Venendo da Pontecorvo si prende invece la basilica «di spalle», dalla zona absidale di chiara ascendenza gotica, con la raggiera di nove cappelle a protezione dell’altare maggiore, il crescendo delle cupole, le torri campanarie tanto simili a minareti… Infine chi giunge dal Prato della Valle si trova di fronte l’elegante facciata, coronata dalla prima grande cupola. Entriamo attraverso il portale monumentale, sovrastato dalla lunetta dipinta da Mantegna (l’originale è nel vicino Museo antoniano), non prima di aver osservato il sagrato, dove svetta il monumento equestre al Gattamelata firmato da Donatello, mentre sulla destra la piazza è chiusa dalla Scoletta del Santo, che custodisce quattro opere di Tiziano, e l’Oratorio di San Giorgio, tutto affrescato da Altichiero da Zevio nel secondo Trecento.

L’interno della basilica è… sbilanciato. Nessun errore architettonico, però. La croce latina, le tre ampie navate, gli altari laterali, le volte affrescate: tutto è preciso, realizzato a regola d’arte, fonte di stupore. È il flusso dei pellegrini a «pendere» naturalmente verso sinistra, verso l’Arca del Santo, splendente di marmi cinquecenteschi.

Incoraggiati tanto dagli splendidi bassorilievi che narrano i miracoli compiuti per intercessione di Antonio, quanto dalla semplice bacheca tutta tappezzata di recentissime foto ex-voto, ci avviciniamo alla tomba per compiere il «gesto del pellegrino». Poggiamo cioè la mano sul consunto marmo verde, «carezzando» il Santo e trasmettendo così anche una supplica: «Sono qui, sei qui, aiutami». Commenta fra Oliviero: «Penso all’emorroissa che riesce a toccare il manto di Gesù e sente l’energia divina che si sprigiona… Io credo sia quanto i fedeli provano qui all’Arca. “Per Antonium ad Jesum” diceva papa Pio XI: il senso di vicinanza, di umanità che trasmette sant’Antonio fa sentire che Gesù è vivo e operante, attraverso i miracoli, la compassione, la prossimità nelle difficoltà, nella malattia… Questa presenza sacramentale di Gesù nell’Eucaristia e nella Parola si fa trasparente attraverso la figura di un santo come Antonio. E i pellegrini lo sanno».

LA MADONNA MORA
Superata l’Arca si accede alla cappella della Madonna Mora, che troneggia sul fondo. Nell’economia della basilica, questo ambiente potrebbe apparire quasi solo un punto di passaggio verso la trecentesca cappella del beato Luca Belludi, o verso il deambulatorio, con le cappelle radiali e la barocca cappella del Tesoro. In realtà gli ultimi «tesori» artistici sono stati scoperti proprio qui: questa era l’antica chiesetta di Santa Maria Mater Domini verso la quale sant’Antonio morente si diresse, e quindi il nucleo originario della basilica. Negli ultimi anni, alcuni interventi di restauro hanno portato alla luce affreschi risalenti ai secoli XIII e XIV che in epoche successive erano stati occultati alla vista.

Fatti pochi passi, e guardando l’altare principale, sul pilastro angolo anteriore a sinistra, un po’ nascosto, ecco un’altra preziosità appena restaurata: l’affresco trecentesco conosciuto come la «vera effigie di sant’Antonio». In realtà non lo è, ma rimane una traccia importante della tradizione antoniana.

Riserva continue sorprese la basilica, come scoprirà il pellegrino lasciandosi incantare da un quadro, un affresco, un altare, una reliquia, uno dei tanti monumenti funebri addossati a pareti e pilastri.

E non è finita qui: usciti dalla porta laterale che dà a sud si accede ai quattro chiostri, di cui tre visitabili e uno riservato ai frati. All’ombra delle eleganti arcate hanno qui sede diverse mostre antoniane da scoprire. Una parola solo per l’ultima arrivata, inaugurata a settembre 2018, ovvero Antonius, percorso multimediale immersivo (gratuito) che in una ventina di minuti «avvolge» il visitatore nella vita del santo e nel racconto delle opere sorte in suo nome.

UN GRANDE PREDICATORE
Nato a Lisbona nel 1195, Antonio (al secolo Fernando Martins de Bulhões), entra negli Agostiniani e poi passa ai Frati Minori con il sogno di andare missionario in Africa, ma viene inviato al Capitolo di Assisi del 1221, da dove san Francesco lo manda a predicare nell’Italia settentrionale e in Francia. Vive a Padova solo per brevi periodi:dal 1229 al 1230 e, di nuovo, tra il 1230 e il 1231, quando muore a soli 41 anni. Fine teologo e dottore della Chiesa, è patrono dei poveri e degli affamati.
   

ORGANIZZARE LA VISITA
La basilica del Santo
si trova a Padova, in piazza del Santo, facilmente raggiungibile anche con i mezzi pubblici. www.santantonio.org; tel. 049 8225652. Ogni giorno feriale si celebrano 9 Messe, la prima alle 6.20, l’ultima alle 18 (prefestivo 19). Nei giorni festivi le Messe d’orario sono 11.  Sul sito è possibile prenotare visite guidate di taglio storico-artistico, didattiche, percorsi tematici. Anche i gruppi superiori a 10 persone con guida propria devono prenotarsi allo stesso servizio.
   

Testo di Alberto Friso

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