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San Mercuriale – Forlì
La riscoperta dell’antico patrono
La basilica che porta il nome del primo vescovo è uno dei luoghi più amati dai forlivesi. Ma la figura del santo era un po’ dimenticata, fino a che recenti studi ne hanno restituito le fattezze del volto
«San Mercuriale è il faro della città e i forlivesi, quando vedono in lontananza il campanile della chiesa, si sentono già a casa». Don Enrico Casadio è il parroco di quella che un tempo era una delle più importanti abbazie della Romagna. Mercuriale, vissuto secondo la tradizione intorno al V secolo, è stato il primo vescovo e poi patrono di Forlì. «Purtroppo, col passare del tempo, il culto del santo è finito un po’ in ombra, perciò i forlivesi sono ancora legati da un affetto profondo più al luogo che non alla persona», continua don Enrico. «San Mercuriale è la loro chiesa e il simbolo della città».
IL VOLTO IN 3D
A breve però le cose potrebbero cambiare perché oggi il primo vescovo, grazie alla scienza, ha ritrovato il suo vero volto, un volto che potrebbe aiutare anche a ricostruire la sua vicenda terrena. Dopo la ricognizione delle reliquie infatti, conservate in parte nella basilica e in parte nella chiesa della Santissima Trinità, i resti del santo sono stati sottoposti a datazione con il metodo del radiocarbonio presso il Centro di datazione e diagnostica dell’Università del Salento. È stato inoltre possibile ricostruirne il volto mediante la tecnica digitale in 3D, a seguito di una Tac eseguita presso il presidio ospedaliero Morgagni Pierantoni di Forlì.
L’immagine che se ne ricava è quella di un uomo dagli occhi grandi e dolci, con un naso pronunciato e lievemente asimmetrico che si ritrova anche in alcune rappresentazioni tardive del santo, per esempio nella tela firmata dal pittore Baldassarre Carrari. «Questa potrebbe essere una semplice coincidenza, oppure può darsi che l’artista si sia riferito a una fonte che oggi è andata perduta», spiega don Enrico, «ma a mio avviso questa ricognizione è importante perché ci ricorda che la storia di ogni Chiesa è una storia di volti e di persone e che per questo, ricostruendo la loro vicenda, una comunità si riappropria delle sue radici».
Non a caso è stato proprio don Enrico a promuovere questa avventura. «Tutto è cominciato quando sono venuti da me alcuni rappresentanti della Ausl cittadina insieme all’antropologo fisico Mirko Traversari oggi a capo della ricerca», racconta. «Volevano effettuare la ricognizione delle reliquie di Girolamo Mercuriali, un insigne medico vissuto alla fine del Cinquecento sepolto nell’omonima cappella, ma per farlo avremmo dovuto distruggere il pavimento. E così ho proposto di spostare il progetto sul nostro patrono e loro hanno detto di sì». Si è trattato di una proficua collaborazione tra ricercatori e istituzioni cha ha coinvolto il gruppo Ausl Romagna Cultura e la diocesi di Forlì-Bertinoro oltre agli sponsor. Anche questo un segno dell’attaccamento della città a questa chiesa.
Le origini dell’attuale basilica, che si affaccia sul lato est della centralissima piazza Saffi, si fanno risalire a un luogo di culto con annessa area cimiteriale costruito in un primo momento al di fuori delle mura cittadine, dove fin dai primi secoli, e quindi proprio ai tempi di san Mercuriale, era solita ritrovarsi la comunità cristiana.
ANTICA ABBAZIA
L’edificio divenne poi abbazia e fu dedicato al protovescovo. Con ogni probabilità solo dopo l’incendio del 1173, causato da disordini tra Guelfi e Ghibellini, la chiesa fu ricostruita secondo l’attuale planimetria a tre navate. L’abbazia successivamente fu inglobata entro le mura della città e si allargò sempre di più, dotandosi di diversi edifici e di un chiostro. Numerosi furono i rimaneggiamenti fino ad arrivare all’epoca napoleonica, quando i monaci furono costretti ad abbandonarla. Ma le vicissitudini di San Mercuriale non finiscono qui. All’inizio del Novecento cominciarono i restauri per ridare alla chiesa l’assetto originario, restauri che dopo la Seconda guerra mondiale, a seguito dei bombardamenti, richiesero interventi di consolidamento più radicali. Leggendario il salvataggio del campanile già minato dai tedeschi in ritirata ad opera dell’allora parroco, monsignor Giuseppe Prati, “don Pippo” per i forlivesi.
LE OPERE D’ARTE
La chiesa a tre navate, in mattoni nel tipico colore rosso forlivese, si presenta con la caratteristica facciata romanica a capanna. Bellissimo il portale, costituito da sottili colonne in marmo chiaro che proseguono verso l’alto per circondare il capolavoro della lunetta con il Sogno e l’Adorazione dei Magi, attribuito dalla critica al Maestro dei Mesi di Ferrara. La chiesa custodisce preziosi tesori d’arte tra cui diversi dipinti di Marco Palmezzano. Spettacolare il campanile alto oltre 70 metri, situato sul lato destro ma isolato rispetto alla struttura dell’edificio.
«Adesso aspettiamo i risultati delle ricerche relative all’etnia del santo», conclude don Enrico, «un altro tassello importante perché, secondo la tradizione, il nostro primo vescovo era uno straniero, armeno o albanese, il che è significativo perché ci riporta al tema della nostra non autosufficienza». A Forlì la riscoperta dell’identità dell’antico vescovo sembra, insomma, una storia che promette altre sorprese.
IL DIFENSORE DELLA CITTÀ
San Mercuriale, vissuto nel V secolo, è considerato il fondatore e il primo vescovo della comunità cristiana di Forlì. Notizie leggendarie narrano che era originario dell’Oriente, che ammansì un drago che infestava le campagne, che ottenne la liberazione di 2.000 schiavi forlivesi guarendo un re goto malato e che difese il valore dell’Eucaristia davanti alle obiezioni di un giudice pagano di nome Tauro. Recenti studi ne hanno ricostruito le fattezze del volto.
ORGANIZZARE LA VISITA
La basilica di San Mercuriale, situata nella centralissima piazza Saffi, si raggiunge a piedi dalla stazione ferroviaria oppure in auto. Apertura festiva e feriale: 7.30-19. Ingresso gratuito. Tel. 0543/25.653. Il campanile viene aperto in occasioni speciali quali Natale e Pasqua, compatibilmente con il meteo e la disponibilità del personale, e inoltre per la ricorrenza di san Mercuriale, il 26 ottobre, e della Madonna del Fuoco, il 4 febbraio.
Testo di Simonetta Pagnotti