N. 25 - 2019 23 giugno 2019
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Il Cenacolo di Leonardo

In diretta dall’Ultima cena

L’abile uso della prospettiva e la drammatica espressione dei sentimenti degli Apostoli catapultano lo spettatore all’interno…

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Il Cenacolo di Leonardo

In diretta dall’Ultima cena

L’abile uso della prospettiva e la drammatica espressione dei sentimenti degli Apostoli catapultano lo spettatore all’interno della scena

 Il dipinto di Leonardo con l’Ultima cena.

«Uno di voi mi tradirà». Il Maestro, radunati a tavola i suoi discepoli, annuncia la propria morte imminente e svela che sarà uno di loro a consegnarlo, per denaro, ai carnefici. Sgomento, incredulità, paura, rabbia si delineano sul volto dei Dodici. Così Leonardo fissa in un’immagine eterna uno dei momenti più drammatici della vita di Gesù. È geniale l’intuizione del  grande pittore rinascimentale: prima di lui la maggior parte degli artisti aveva rappresentato un altro momento dell’Ultima cena, quello dell’istituzione dell’Eucaristia, quando Gesù spezza il pane e leva il calice. Lui no: sceglie un’altra strada. Si concentra su quella rivelazione shock. L’emotività così sale volutamente altissima perché anche chi osserva il dipinto si deve sentire parte della scena, come sanno bene gli oltre 430 mila visitatori che ogni anno ammirano il celebre dipinto.

Paradossalmente, è un uomo agnostico (ma inquieto e perennemente in ricerca) a lasciarci una delle più intense opere d’arte sacra della storia dell’umanità. Uno di quei capolavori che a oltre cinquecento anni dalla realizzazione parla ancora a chi lo osserva. E lo fa con una domanda esigente: «E tu, da che parte stai? Sei tu uno di quelli che tradiscono Gesù e il suo Vangelo?».  

Allora, mentre si celebrano i 500 anni dalla morte di Leonardo, andiamo insieme a scoprire da vicino la ricchezza del messaggio del capolavoro. Entriamo anche noi nell’ex refettorio dei frati oramai diventato un museo ad alta tecnologia, dove l’aria e persino gli stessi visitatori vengono “filtrati” da speciali macchinari mangia polvere e umidità per proteggere la fragilissima pittura.

L’opera è arrivata fino ai giorni nostri quasi per miracolo: realizzata da Leonardo con una tecnica sperimentale, già nel giro di pochi anni la pittura aveva iniziato a sfaldarsi. Così  l’Ultima cena è stata sottoposta nei secoli a fallimentari applicazioni di collanti, tentativi di distacco e persino all’ingiuria delle bombe della Seconda guerra mondiale, che di tutto il refettorio lasciarono in piedi solo il muro con il dipinto. Un degrado cui ha messo la parola fine l’importante restauro scientifico realizzato tra il 1977 e il 1999 da Pinin Brambilla Barcilon.

IL MEGLIO DEL RINASCIMENTO
All’epoca della signoria degli Sforza, la chiesa di Santa Maria delle Grazie viene scelta da Ludovico il Moro come proprio mausoleo. Per questo il duca di Milano non esita a coinvolgere nei lavori due delle più prestigiose  “star” artistiche dell’epoca: a Donato Bramante affida l’ampliamento della basilica con la progettazione della magnifica tribuna (la parte finale della chiesa, che sovrasta l’altare maggiore) e a Leonardo commissiona la decorazione del locale dove i frati consumano i pasti, cui l’artista lavora tra il 1494 e il 1498.

Come spiega il giornalista Luca Frigerio, intelligente divulgatore dell’opera di Leonardo e autore di un libro dedicato all’Ultima cena (Àncora, 2017), dopo lunghi studi il genio di Vinci organizza la sua composizione «in modo che, da qualsiasi punto del refettorio si guardi, ci si sente direttamente coinvolti, intimamente partecipi». Merito dello studio della prospettiva ma anche della composizione data ai personaggi. Gesù e gli apostoli sono infatti rappresentanti tutti dalla stessa parte del tavolo, come se lo spettatore fosse un altro commensale sul lato lasciato vuoto. I Dodici sono divisi in quattro gruppi formati da tre persone ciascuno per accentuare la dinamicità della scena ma anche per lasciare il Cristo in una solitudine drammatica al centro, quasi in diretto dialogo col pubblico.

Come fa notare Frigerio, il Signore ha uno «sguardo pensoso, come velato, preveggente dell’imminente destino», cui però «non si rassegna ma si consegna, interamente consapevole». Gesù, insomma, già prima di istituire l’Eucarestia, è egli stesso eucarestia, offerta. Lo dimostra anche il modo assai singolare con cui Leonardo rappresenta le mani di Cristo: la destra con il palmo rivolto verso la tavola, la sinistra con il palmo verso l’alto.

QUELLA CENA È UN MEMORIALE
In questo modo l’artista, pur senza mostrare lo spezzare del pane, illustra «i due distinti momenti sacramentali, quello della consacrazione (in cui Gesù prende il pane e il vino: ed è il gesto della mano destra) seguito da quello della distribuzione (quando il Signore offre il suo corpo e il suo sangue: ed è il gesto della mano sinistra).

Insomma, il messaggio dell’Ultima cena è ben più complesso e ricco della superficiale eppure molto fortunata interpretazione proposta nel romanzo Il Codice da Vinci dallo scrittore americano Dan Brown, che si era spinto a vedere nel personaggio di san Giovanni una rappresentazione della Maddalena «moglie di Gesù», senza tenere conto che spesso Leonardo disegna con tratti androgini le figure di giovani maschi.

«Il dipinto è un memoriale riattualizzato dell’Ultima cena: fa diventare ciascuno di noi attore della scena», spiega invece frate Guido Bendinelli, priore di Santa Maria delle Grazie. Il Cenacolo vinciano è da decenni un museo dello Stato, ma i Domenicani di Santa Maria delle Grazie, gli originari proprietari, continuano a essere i “custodi morali dell’opera” e del suo messaggio di fede. Un messaggio che portano avanti anche grazie all’attività del loro centro culturale “Alle Grazie”. Il tempio degli artisti del Rinascimento continua a essere un punto di riferimento anche per le domande dell’uomo di oggi.

IL GENIO SEMPRE IN RICERCA
Leonardo nasce a Vinci (Firenze) nel 1452, figlio illegittimo di un notaio. Si forma nella bottega del Verrocchio e lavora dapprima alla corte fiorentina di Lorenzo il Magnifico e, dal 1482, per quella milanese di Ludovico il Moro. Pittore, scultore, scenografo, musicista, ingegnere civile e militare, studioso di anatomia e geologia, incarna mirabilmente l’immagine dell’uomo del Rinascimento, sempre in ricerca. Nel 1517 si trasferisce alla corte di Francesco I re di Francia e lì muore il 2 maggio 1519.
   

ORGANIZZARE LA VISITA
Il Cenacolo vinciano si trova a Milano in piazza Santa Maria delle Grazie ed è un museo indipendente dalla basilica. I biglietti  (10 euro) vanno acquistati con mesi d’anticipo sul sito ufficiale del Polo museale della Lombardia (altri rivenditori applicano ricarichi).

LA CHIESA
La basilica di Santa Maria delle Grazie è invece a ingresso libero. Feriali: 7 - 12.55 / 15 (a luglio 15.30) - 19.30; festivi 7.30 - 12.30 / 15.30 - 21. Https://legraziemilano.it.
   

Testo di Paolo Rappellino

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