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Festa di San Calogero
Il santo nero che portò il Vangelo in Sicilia
La prima e seconda domenica di luglio la statua di san Calogero va in processione tra le case di Agrigento. «Originario dell’Africa, ricorda che per i cristiani nessuno è straniero»
«C’era una volta il Bel Vecchio».Potrebbe cominciare così la storia di uno dei santi più popolari del Meridione d’Italia, protagonista della diffusione del cristianesimo in molte zone della Sicilia: stiamo parlando di san Calogero, il cui nome, infatti, significa “bel vecchio”, nel senso che gli antichi greci attribuivano a “bello”, cioè “buono e giusto”, l’appellativo con cui si indicavano tutti gli eremiti in queste terre.
In onore di san Calogero, all’inizio dell’estate si anima una delle feste più suggestive di Agrigento. La mattina della prima domenica di luglio la statua del santo esce dal santuario a lui dedicato e viene trasportata a spalle per tutte le vie del centro storico dall’associazione dei portatori di san Calogero, che tramanda questo compito dal lontano 1595. «Portare sulle spalle il simulacro del santo», dice don Giuseppe Veneziano, rettore del santuario di San Calogero, «è un desiderio coltivato da tanti agrigentini fin da piccoli». Intorno la folla si accalca per cercare di toccare, abbracciare e baciare la statua: «Una tradizione vivente e pluricentenaria», commenta ancora il rettore. «Sono gesti familiari, tipici della tradizione siciliana». San Calogero, infatti, «continua ad abitare nel cuore degli agrigentini che sentono la sua vicinanza e la sua protezione».
La processione è preceduta da tradizioni popolari spontanee e fortemente partecipate: una sorta di preambolo alla festa è la «tammuriata di san Calò», allorquando tutti i suonatori di tamburo della zona si danno appuntamento ad Agrigento e qui, per le strade o nelle piazze, si esibiscono in improvvisati e assordanti concerti. E poi i “viaggi”, che altro non sono se non dei brevi pellegrinaggi fatti anche a piedi scalzi o in ginocchio, e l’usanza – per un voto o una promessa – di vestire i bambini con l’abito del santo: saio bianco e cordone nero.
La Chiesa locale cerca invece di disincentivare un’altra tradizione radicata, quella del cosiddetto “Lancio del pane” all’indirizzo del santo, che appare oggi uno spreco di cibo poiché inevitabilmente viene calpestato dalla folla.
UN GRIDO: «VIVA SAN CALORIU»
Il “Lancio” trae origine da un episodio della vita di san Calogero: durante la peste che colpì la città e le zone vicine, la gente stava rinchiusa in casa e gli ammalati venivano portati in un lazzaretto nella zona dell’attuale Porto Empedocle. Il santo, desideroso di aiutarli, passava per le strade a chiedere un pezzo di pane che la gente gli lanciava da lontano, per evitare il contagio. La festa ha anche un chiaro collegamento con il periodo della mietitura, confidando nella protezione del santo per un buon esito del raccolto. Come spiegava monsignor Domenico De Gregorio nel suo libro San Calogero, studio sul santo e il suo culto, scritto oltre 40 anni fa, nel mese di giugno «ogni anno torna a echeggiare per le campagne girgentane il grido “Viva san Caloriu!”. Questo grido e questa invocazione antica i nostri contadini innalzano a san Calogero appunto nei lavori di mietitura e nella trebbiatura e poi, con slancio sempre più fervido, nella quasi simultanea festa di questo leggendario santo, la quale è tutta una celebrazione dell’estate».
SANTO EVANGELIZZATORE
In effetti la vita di san Calogero è avvolta nella leggenda. Secondo la tradizione sarebbe nato nel V secolo a Cartagine, in Africa – e da qui deriverebbe l’usanza di rappresentarlo con il volto molto scuro. Secondo altre fonti, sarebbe invece originario di Calcedonia, nell’attuale Turchia. Stabilitosi in Sicilia, si dedicò alla vita monastica e anche alla predicazione tra i villaggi e le campagne, toccando Marsala, le isole Eolie, il palermitano e infine Sciacca, dove rimase fino alla morte.
Nel 1490 il suo corpo venne portato nel monastero basiliano di Fragalà, in provincia di Messina, e nel 1867 traslato nella chiesa madre di Frazzanò, dove tuttora è conservato. La festa liturgica cade il 18 giugno, ma nelle comunità dove è particolarmente venerato (Sciacca, Favara, Naro, Porto Empedocle, Canicattì, Nicosia, Petralia Sottana…) la festa ricorre in date diverse. Nella città di Agrigento, come si è detto, si celebra la prima domenica di luglio e per tutta la settimana successiva. Ne parla anche Pirandello nel romanzo L’esclusa, scritto nel 1893.
A fare da fulcro della festa è il santuario di San Calogero, che risale al XIII o XIV secolo, in tempi in cui il luogo era fuori dell’abitato, là dove cominciava la strada che conduce alla Valle dei Templi e al mare. Attorno vi erano diverse grotte, abitate probabilmente da eremiti o da gente di passaggio, che sostava o per devozione al santo o per motivi di commercio. Chiesa e grotte poco alla volta costituirono un convento, specialmente con la venuta dei Francescani, che diedero molto impulso alla religiosità popolare. Ma nel 1925 il Comune vendette l’intero convento a privati, lasciando alla diocesi e al culto soltanto la chiesa e l’abitazione del parroco. All’interno, il simulacro del santo è nella nicchia centrale.
Riflettendo sul messaggio spirituale della festa, don Veneziano spiega che san Calogero, la sua provenienza da terre lontane e il suo volto nero ricordano ai fedeli «che nel regno di Dio non ci sono “stranieri”, ma solo fratelli da accogliere, facendo spazio nella città, nelle leggi, nella casa, nelle amicizie. Siamo chiamati a camminare verso l’unità della famiglia umana, riunita dalla croce di Cristo».
IL BELL’EREMITA
Con il nome “Calogero”, cioè “bel vecchio”, anticamente venivano indicati tutti gli eremiti. Non è chiaro, quindi, se Calogero sia il nome di battesimo o una sorta di soprannome. Egli visse da eremita nel V secolo. Originario dell’Africa o dell’Asia minore, portò l’annuncio del Vangelo in Sicilia e fu venerato come guaritore. Dopo vario peregrinare, trascorse l’ultima parte della vita sul monte Kronios, presso Sciacca, dove morì nella notte tra il 17 e il 18 giugno del 561 quando aveva 95 anni.
ORGANIZZARE LA VISITA
Il santuario di San Calogero si trova ad Agrigento in piazzetta San Calogero. Quest’anno la festa dedicata al santo vede i suoi due momenti centrali nelle domeniche 7 e 14 luglio. Il 7 luglio alle 9 celebrazione della Messa solenne presieduta dal cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. Alle 12 parte la processione con la statua del Santo che prosegue fino alle 24. Il 14 luglio la processione si svolge dalle 13 alle 24. In tutti i giorni della festa, a partire dal 5 luglio, alle ore 18 Messa con meditazione. L’11 luglio sarà proposta una torta da record, di ben 450 chili, a favore della ricerca sul cancro.
Testo di Vincenzo Arnone · Foto di Giuseppe Cacocciola