Dal viaggio in Armenia un invito a pregare e ad essere accoglienti
Facciamo nostra la preghiera congiunta di Francesco e Karekin ii affinché, guidati dallo Spirito Santo, costruiamo ponti…
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INSIEME di don Antonio Rizzolo
Dal viaggio in Armenia un invito a pregare e ad essere accoglienti
Facciamo nostra la preghiera congiunta di Francesco e Karekin ii affinché, guidati dallo Spirito Santo, costruiamo ponti di amore e comunione
Cari amici lettori, chi di voi conosce l’Armenia? Io ne avevo un’infarinatura grazie a una mostra sul genocidio che ho visitato a Gerusalemme più di vent’anni fa e attraverso alcuni libri. In particolare La masseria delle allodole di Antonia Arslan, che abbiamo intervistato nel numero scorso, e La commedia umana dello scrittore americano di origine armena William Saroyan. Ho appena iniziato un altro romanzo importante, I quaranta giorni del Mussa Dagh di Franz Werfel, un poema corale sulla tragedia del popolo armeno. È stato però papa Francesco con il suo viaggio a riportare gli armeni alla ribalta del mondo. E adesso tutti voi, cari amici lettori, avete la possibilità di visitare gli stessi luoghi, partecipando al pellegrinaggio organizzato da Credere e Jesus (trovate i dettagli a pagina 12).
Come saprete, i cattolici in Armenia sono una minoranza. La maggior parte dei fedeli appartiene alla Chiesa apostolica, guidata dal catholikòs Karekin II. Nel 2001, in occasione dei 1700 anni della conversione al cristianesimo, san Giovanni Paolo II aveva visitato l’Armenia, avviando un fecondo dialogo ecumenico tra le due Chiese. La dichiarazione congiunta firmata domenica scorsa da Francesco e Karekin II ha ribadito i buoni rapporti reciproci: «Abbiamo compreso più chiaramente che ciò che ci unisce è molto più di quello che ci divide». E così hanno concluso: «Lo Spirito Santo, che ci guida alla verità tutta intera, sostenga ogni genuino sforzo per costruire ponti di amore e di comunione tra noi».
Ma cosa suggeriscono, in concreto, per crescere nella comunione reciproca? Francesco e Karekin II ci chiedono di pregare e di impegnarci nella solidarietà e nell’accoglienza. Il punto di partenza è l’immensa tragedia «di innumerevoli persone innocenti uccise, deportate o costrette a un doloroso e incerto esilio da continui conflitti a base etnica, politica e religiosa nel Medio Oriente e in altre parti del mondo». Spesso si tratta di cristiani, appartenenti a tutte le Chiese, la cui sofferenza «costituisce un “ecumenismo del sangue”». L’invito è dunque a pregare insieme «per un cambiamento del cuore in tutti quelli che commettono tali crimini». In particolare Francesco e Karekin implorano «i capi delle nazioni» di rispettare i diritti di milioni di esseri umani «che hanno urgente bisogno di pane, non di armi». Infine, essi chiedono ai fedeli delle proprie Chiese «di aprire i loro cuori e le loro mani alle vittime della guerra e del terrorismo, ai rifugiati e alle loro famiglie. È in gioco il senso stesso della nostra umanità».