N. 27 - 2017 2 luglio 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Cristiani autentici sulle orme di don Mazzolari e di don Milani

Preghiamo per i nostri parroci, perché con il loro servizio al Signore e al popolo di Dio ci aiutino a vivere da veri discepoli…

Don Mazzolari e don Milani

Due parroci luminosi e scomodi

Papa Francesco, pellegrino a Bozzolo e Barbiana sulle tombe dei due grandi sacerdoti del novecento, tenuti ai margini dalle…

Michael Mellner

La mia chitarra suona il rock… in chiesa

Il musicista Michael Mellner ha “tradotto” brani classici del gregoriano in musica moderna. Mentre si prepara a diventare…

Nazzareno Gabrielli

«Le reliquie? Il segno dei santi nella storia»

Il bagno di folla in Russia per l’arrivo di una costola di san Nicola e il furto con ritrovamento del cervello di san Giovanni…

Napoli. Santuario del Carmine

Madonna bruna, cuore partenopeo

Nel centro di Napoli, nella basilica frequentata anche dal celebre Masaniello, i pellegrini affidano le loro preghiere all’antica…

Ite, missa est di Emanuele Fant

Siamo nati per essere atleti dell’anima

Certi sportivi si sottopongono a prove estreme per testare i loro limiti. Analogamente i cristiani sono chiamati a combattere…

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Ite, missa est di Emanuele Fant

Siamo nati per essere atleti dell’anima

Certi sportivi si sottopongono a prove estreme per testare i loro limiti. Analogamente i cristiani sono chiamati a combattere «la buona battaglia della fede», come la chiama san Paolo

Ite missa est

Ironman vuol dire «uomo di ferro». È il nome di una disciplina sportiva di cui si sente sempre più spesso parlare. È la competizione più dura al mondo: 3,8 km di nuoto nel mare, poi 180 km in bicicletta, infine, 42 km di corsa, che è la lunghezza di una maratona. Il tutto da portare a termine in meno di 17 ore.

Se devo dire la verità, io ho detto addio al nuoto al largo da quando ho visto il film Lo squalo (appena supero la boa, visualizzo l’inquadratura del mio corpo da sotto, scrutato da creature sottomarine digiune); non vado a lungo in bicicletta per non alimentare la strage estiva dei moscerini negli occhi; mi rifiuto di fare jogging perché ho letto su una rivista medica che gli atterraggi del piede in corsa producono irreparabili microtraumi cerebrali.

Ciò premesso, la virile ostinazione degli iscritti a queste gare mi incuriosisce. Ho chiesto a un amico che le frequenta il motivo per il quale indossa la cuffia e gli occhialini, o spinge sui pedali, o corre pure se non ha una coincidenza che lo aspetta in stazione. Mi ha risposto che lo fa per spostare avanti l’asticella dei suoi limiti.

È strano quando un altro essere umano prova a comunicarci una passione che non condividiamo. Lui si accende di entusiasmo, brilla come se non vedesse l’ora di ricominciare. Noi, nel nostro intimo, cerchiamo le ragioni per declassare il suo interesse a fissazione.

D’un tratto, un’illuminazione me lo ha fatto sentire più vicino: quella tensione atletica tradiva una parentela con l’attitudine degli uomini che ho conosciuto nei monasteri. Persone che per scelta si alzano quando vorrebbero dormire, tonificano già prima dell’alba l’apparato locomotorio interiore, lottano con la distrazione durante le veglie, compromettono il menisco sull’inginocchiatoio, si allenano a tacere se non servono parole.

Anche l’aumento di iscrizioni alle bizzarre competizioni degli aspiranti «uomini di ferro» conferma che siamo fatti per una gara estrema. L’importante è puntare tutto su quella vera.

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

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