N. 27 - 2019 7 luglio 2019
INSIEME di don Antonio Rizzolo

«Prima le persone. È la stella polare che ci guida. Tutto il resto è secondario»

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INSIEME di don Antonio Rizzolo

«Prima le persone. È la stella polare che ci guida. Tutto il resto è secondario»

Queste parole del cardinale Pietro Parolin ci devono far riflettere, se vogliamo davvero essere cristiani. Ricordando quello che ci ha insegnato Gesù nel vangelo, con la sua vita e le sue parole

 

Cari amici lettori, due fatti di cronaca degli ultimi giorni mi hanno colpito. La nostra rivista racconta la gioia della fede non in astratto, ma partendo dalle testimonianze concrete di chi si impegna a vivere il Vangelo. Il primo fatto riguarda la Sea Watch 3 e il suo carico di 40 naufraghi. Sì, naufraghi, e per questo raccolti dalla nave della Ong. Se non fossero naufragati, sarebbero arrivati a Lampedusa come hanno fatto negli stessi giorni centinaia di migranti. Il secondo fatto riguarda un sindaco, alcuni psicologi, operatori socio-sanitari e amministratori che in provincia di Reggio-Emilia avrebbero contribuito a togliere dei bambini alle loro famiglie per darli in affido. E non per tutelare i piccoli, ma per meri interessi economici.

Non entro in valutazioni politiche o giudiziarie. Ma vi invito a riflettere partendo da alcuni passi del Vangelo. Il primo è tratto da Matteo: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare» (18,6). Gesù parla dei cristiani semplici scandalizzati dall’incoerenza e dalla cattiveria dei loro fratelli di fede. Ma come non pensare ai bambini sfruttati e manipolati, allontanati ingiustamente dai genitori? Se la vicenda fosse confermata in tutti i suoi contorni, sarebbe una testimonianza in più dell’esistenza del male, della malvagità che permea il cuore dell’uomo.

Gli altri brani li traggo dai capitoli 5, 9 e 11 del vangelo di Giovanni, dove si parla della guarigione di un malato alla piscina di Betzatà, di un cieco nato, e della risurrezione di Lazzaro. Quello che colpisce è l’atteggiamento della gente. Nessuno si rallegra o fa festa per un malato guarito dopo ben 38 anni di infermità, nessuno gioisce o esulta perché un cieco dalla nascita ha riacquistato la vista. Addirittura, davanti a un morto risuscitato, il sinedrio decide la morte di chi ha compiuto quel prodigio. Gesù mette al primo posto le persone, si china sul loro male e sul loro dolore, piange addirittura per l’amico morto. Tutti gli altri vanno a cavillare sulla barella che non si può portare di sabato, o sul fango che in giorno di sabato non si poteva fare, o sul fatto che i segni che Gesù compiva potevano intaccare l’equilibrio di potere con i Romani. È il rischio che corriamo anche noi, mettendo prima le regole, gli interessi personali, l’esteriorità e soltanto dopo le persone. Faccio mie, a questo proposito, le parole del cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin sul caso Sea Watch 3: «Io credo che la vita umana va salvata in qualsiasi maniera, ecco. Quindi quella deve essere la stella polare che ci guida, poi tutto il resto è secondario».

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