N. 3 - 2018 21 gennaio 2018
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È vero che il Papa vuole cambiare il Padre nostro?

La nonna dice che il Papa vuole cambiare il Padre nostro. È vero?
Il Papa ha riflettuto su una traduzione del Padre nostro che può farci pensare a Dio in modo errato.
Perché la frase «e non ci indurre in tentazione» può farci sbagliare?
Perché Dio non è un tentatore, sa che siamo fragili; anzi, dato che ci ama, ci aiuta a rialzarci dopo la caduta

Disegno di Giulio Peranzoni

La nonna dice che il Papa vuole cambiare il Padre nostro perché quello di prima non va più bene. È vero?

Questa domanda mi fa sorridere. Non so se è la nonna che si è espressa male o tu che non hai capito bene. Da come poni la domanda, pare che pensiate che il Papa abbia deciso di buttare via una preghiera in cui la Chiesa si riconosce da duemila anni con la stessa semplicità con cui ci sbarazziamo di uno yogurt scaduto.

Allora la nonna mi ha detto una cosa sbagliata?

In parte sì. Il Papa ha riflettuto sulla traduzione di una frase del Padre nostro che rischia di farci pensare in modo errato su come Dio interviene nella nostra vita. In particolare nei momenti di debolezza. Le parole incriminate sono: «E non ci indurre in tentazione».

Cos’hanno di sbagliato?

Indurre in tentazione significa ingannare l’uomo, mettergli davanti un trabocchetto in modo da farlo sbagliare, fargli lo sgambetto quando sta per imboccare la strada del bene. Secondo te chi è che si comporta in questo modo con l’uomo? È forse Dio che fa così?

No, è il diavolo tentatore!

Hai detto bene. Non è Dio che ci induce in tentazione, bensì il maligno, colui che gode nel vederci andare contro il nostro bene e che si compiace della sofferenza che ne deriva. Perciò non dovremmo chiedere a Dio di non indurci in tentazione, bensì di aiutarci a non cadere in tentazione, di sostenerci nella tentazione, di non abbandonarci quando abbiamo fatto un passo errato e ne subiamo le conseguenze.

Già papa Benedetto XVI aveva sollevato la questione: infatti nel 2008, quando è stata pubblicata la nuova traduzione della Bibbia approvata dalla Cei (l’insieme di tutti i vescovi italiani), in Matteo 6,13 troviamo scritto: «E non abbandonarci alla tentazione», che è più corretto rispetto alla versione precedente.

Papa Francesco ha proposto di fare un ulteriore passo in avanti. Ci chiede di prendere esempio dai francesi che dicono: «Non lasciarci cadere nella tentazione», perché, dice papa Francesco, siamo noi a cadere, non è Dio che ci butta nella tentazione e poi sta a guardare come siamo caduti. Un Padre aiuta il figlio a rialzarsi subito, un Padre accudisce con amorevolezza il figlio che sbaglia, non gli dice: ben ti sta. Infatti anche papa Benedetto proponeva di recitare: «Non abbandonarci nella tentazione», e questa è una formula che corrisponde in modo più appropriato all’azione di Dio nei nostri confronti. Perché il Signore non è un tentatore che vuole metterci alla prova per vedere se siamo bravi oppure no. Lui sa che siamo bravi, ma sa anche che siamo fragili e che spesso cadiamo, ma dato che ci ama di un amore senza fine, ci dà la mano per rimetterci subito in piedi.

Però, nella mia chiesa, quando recitiamo il Padre nostro, diciamo le stesse parole di prima!

Anche nella mia. Ma questo solo perché ci vuole ancora un po’ di tempo perché i libri liturgici, cioè quelli da cui si legge la Messa, siano adeguati alla nuova traduzione. Se vuoi, puoi fare come me: quando recito il Padre nostro vecchia maniera, sto particolarmente attenta a quella frase. La pronuncio come gli altri, perché pregare all’unisono è un elemento che dona unità, ma nel mio cuore penso alla formula proposta dal Papa e prego Dio che ci salvi soprattutto dal rischio di dividerci.

Testo di Francesca Fabris - Disegno di Giulio Peranzoni

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