N. 30 -2016 24 luglio 2016
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Uniamoci in preghiera per i nostri giovani in vista della Gmg di Cracovia

Siamo stanchi di divisioni, guerre, violenze addirittura in nome della religione. Testimoniamo a tutti, prima di tutto ai…

Giuseppe e Anita Signorin

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All’incontro con Francesco

Il Volo decolla per Cracovia

Il giovanissimo trio di tenori parteciperà alla Giornata mondiale della gioventù con un gruppo di coetanei marchigiani. «Vogliamo sentirci “tre ragazzi” come tutti gli altri»

Il trio Il Volo

Ai ragazzi della Giornata mondiale della gioventù si uniranno tre “pellegrini” d’eccezione: Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble, meglio noti come Il Volo. Il terzetto prende parte all’evento che radunerà a Cracovia i giovani cattolici di tutto in mondo, dal 26 al 31 luglio. Andranno nel Paese di Giovanni Paolo II insieme al gruppo di giovani provenienti dalle Marche. Una scelta dettata, più che da ragioni professionali, dalla volontà di unirsi in preghiera con i propri coetanei, come spiega all’unisono il trio lirico-pop, lanciato dal talent di Rai Uno Ti lascio una canzone ormai sette anni fa, quando tutti li chiamavano «i tenorini».

Chi, dei tre, ha avuto l’idea?

«La proposta è nata trascorrendo del tempo insieme ai nostri amici del Centro Giovanni Paolo II di Loreto. Nella condivisione del tempo libero, che per noi è davvero prezioso poiché ne abbiamo molto poco, si è parlato della Gmg: ci è sembrato che, soprattutto per artisti professionisti come noi che viaggiano sempre per il mondo, fosse un’opportunità imperdibile poterci fermare, riflettere e stare a contatto con altri giovani. Inoltre a Loreto abbiamo visitato la Santa Casa: qui, dopo un momento di preghiera alla Madonna, abbiamo acceso la fiaccola della pace. Questa, da Loreto, arriverà fino a Cracovia, portata da una staffetta di atleti».

Quale significato ha per voi la Gmg?

«Non sappiamo bene cosa aspettarci dato che è la prima volta che partecipiamo, ma l’intenzione che condividiamo è quella di passare alcuni giorni lontani dagli obblighi professionali, concedendoci la libertà di poterci adagiare nella preghiera e nello spirito di fratellanza. Almeno in questa occasione desideriamo sentirci “tre ragazzi” come tutti gli altri che saranno presenti lì, poiché abbiamo la consapevolezza che, al di là del lavoro che facciamo e che ci vede certamente più fortunati di tanti, condividiamo la preoccupazione delle difficoltà della gente comune e il rifiuto dei continui orrori che funestano il mondo».

È previsto un vostro intervento alla veglia del 30 e alla Messa del 31.

«Non saranno concerti, bensì interpretazioni di canti legati alla spiritualità: tra cui l’Ave Maria di Schubert e Jesus Christ is my life».

Come è nato il vostro cammino di fede?

«Tutti e tre siano cresciuti in una famiglia cattolica, respirando e osservando uno stile di vita cristiano e praticante. I nostri genitori e familiari ci hanno mostrato con quali valori si vive la propria vita: l’onestà, la moralità, la misericordia, la pietà e soprattutto la fratellanza verso tutte le persone, come strumento di forza esteriore e interiore».

Di riflesso il vostro credo influenza anche il modo di cantare?

«Sì: siamo sempre molto attenti al senso delle parole delle nostre canzoni. Ci rendiamo conto che la nostra fama e il successo raggiunto potrebbero influenzare scelte e modi di vita dei nostri coetanei, anche se ci conforta il fatto che le nostre canzoni parlino quasi esclusivamente d’amore. Anche le nostre esibizioni sono sicuramente influenzate dalla fede. Siamo convinti che le nostre voci e l’amore per la musica e il canto siano un dono di Dio e per questo lo ringraziamo: attraverso la musica possiamo infondere felicità regalando parte dei doni ricevuti a chi ci segue e ci vuole bene».

Oggi sembra che il genere principe per smuovere le coscienze e denunciare le ingiustizie sia il rap. La lirica può ambire alla stessa missione?

«Lasciamo al rap e ai suoi interpreti la missione che hanno scelto di comunicare e denunciare: un modo sicuramente diverso per parlare con il pubblico e forse smuovere coscienze. Noi non abbiamo questa pretesa. Il nostro modo di espressione musicale tende a comunicare emozioni, gioia di vivere, sorrisi. Forse c’è dell’utopia, ma pensiamo che sia giunto il momento di credere anche a un mondo migliore, di sperare e di vivere nella speranza. Quanto alla lirica, è un terreno che noi possiamo solo sfiorare e interpretare a modo nostro, contaminandola con il pop: non abbiamo la presunzione di considerarla come un nostro mondo. Crediamo però che il suo impatto e valore sociale siano senza tempo, senza confini e in grado di comunicare con tutti».

Eppure c’è chi giudica le arie o le canzoni religiose «reliquie da dimenticatoio» che non possono piacere ai giovani, o comunque dal minore impatto sociale…

«A queste persone consigliamo di collegare le orecchie con il cuore, per cercare di ricreare dentro di sé l’ispirazione del compositore e rivivere a distanza di tempo e di spazio quel momento. È un’operazione difficile, ma è un esercizio utile per non cadere nella banalità pericolosissima del “preconcetto”. Un peccato di cui anche noi siamo spesso vittime: purtroppo, anche in contesti e ruoli di grande importanza nel mondo dei media e della comunicazione, ci sono menti povere e superficiali».

È singolare questa vostra unità di intenti e di sguardo, tanto più che il trio è nato grazie a un’operazione televisiva.

«Nulla è casuale anche quando tutto sembra determinato dal caso. Il nostro percorso, gli incontri fatti, le persone che via via ci hanno affiancato, guidato e lavorato con noi, sono senza dubbio frutto di una fede comune a noi e al nostro mondo. Ti lascio una canzone ha segnato il nostro inizio insieme: all’epoca eravamo poco più che bambini e a quell’età è facile fare amicizia. Con il tempo ci siamo conosciuti. Sappiamo che insieme siamo una forza, ma non siamo amici per forza… siamo amici veri. Amicizia e fede».

 

Testo di Francesca D’Angelo

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