N. 30 27 Ottobre 2013
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L’iniziativa

Monzuno riscopre la sua croce

Era lì, dimenticata sull’Appennino bolognese: usata come palo per le antenne. Albachiara si è data una missione: farvi ritornare i fedeli in preghiera

 

«Grazie di essere qui». Don Dario Zanini è commosso. Non si aspettava che attorno alla “sua” Croce nascesse un movimento di preghiera. Anche perché oggi questa croce alta 14 metri, in tubolare povero, un tempo bianca per essere visibile da più punti, è aggredita dalla ruggine e dall’abbandono e per di più utilizzata come supporto di cavi e antenne abusive. Siamo a Monte Venere, a 1.000 metri d’altezza, il punto più alto del territorio del comune di Monzuno, sull’Appennino bolognese. Un posto bellissimo nel silenzio dei boschi, tra le vallate del Savena e del Setta.

«Attraverso di voi il Signore recupera un passato che è stato dimenticato per troppo tempo», continua don Zanini. E ricorda quando lui stesso la fece erigere, nel settembre del 1956, a ricordo di tutti i caduti della guerra. Oggi ha 89 anni ed è parroco nella vicina Sasso Marconi, allora era viceparroco qui a Monzuno, quando ancora le famiglie contavano i loro morti in un territorio martoriato dalla guerra. «Qui c’è stato il fronte per sette mesi», ricorda, «anche mia madre è morta per le conseguenze di una cannonata e io stesso sono stato fatto prigioniero dai tedeschi».

Oggi Monzuno è un paese ben collegato a Bologna, dove la qualità della vita è piuttosto alta. «Allora era un mortorio, bisognava fare qualcosa per scuotere la gente», continua don Zanini, «per questo abbiamo costruito l’asilo, ci siamo inventati le corse ciclistiche e la Pro loco».

La profanazione della croce (utilizzata come un qualsiasi traliccio per posare delle antenne, probabilmente ponti radio di organizzazioni locali) è una di quelle cose che è successa, non si sa bene quando, «probabilmente negli anni Settanta, quando non si andava tanto per il sottile», spiega il sindaco Marco Mastacchi. Sta di fatto che l’abuso si è trasformato in un diritto acquisito.

Il degrado ha sfiorato l’oblio, ma poi qualcosa è successo. «Avevo sentito parlare della croce, qualcosa si stava già muovendo quando sono arrivata, quest’estate, così sono andata a cercarla». Albachiara Dotti non è di Monzuno, è di Modena. In agosto ha affittato una casa in paese per far vivere un’esperienza di vita in comune ai suoi tre figli. I due più grandi, Matteo di 18 anni e Davide di 16, sono entrati entrambi in seminario e Riccardo di nove, il piccolo di casa, è molto legato ai fratelli e soffre la loro lontananza. «Ho tre zie suore e due preti in famiglia, ma non ho capito niente finché il Signore non mi ha portato via i figli», ammette. Un’esperienza di gioia e sofferenza insieme, che lei ha accettato nel suo cammino di fede. A Monzuno ha conosciuto l’assessore alla cultura, Ermanno Pavesi, e si è fatta raccontare la storia della croce di Monte Venere.

«Quando scopri la Croce non puoi più abbandonarla», spiega. Finita l’estate, è tornata qui a pregare. Altri hanno voluto unirsi a lei, il passaparola ha fatto il resto e oggi si è formato un vero e proprio gruppo di preghiera. La grande croce arrugginita è diventata meta di pellegrinaggi e anche i monzunesi l’hanno riscoperta.

L’ obiettivo adesso è quello di restaurarla, con una colletta che «coinvolga il poco di tutti». Non serve una grande somma. Si tratta di rafforzare il basamento, riverniciarla, magari illuminarla e poi ripulire il piazzale, che comunque è già pavimentato. Prima ancora, naturalmente, occorre rimuovere le antenne abusive, ma non dovrebbero esserci problemi vista la disponibilità della Wind, proprietaria del terreno. Proprio dietro la croce, infatti, si alza il traliccio del ripetitore, ed è su questo che dovrebbero essere spostate – finalmente – le appendici che oggi la utilizzano come una specie di stendino.

Il sindaco ha già preparato la lettera con cui si appella a tutte le associazioni del territorio, perché si prendano a cuore il destino di un pezzo della loro storia. «Il paese vuol bene alla croce e risponderà, ne sono sicuro». Oltre alla croce eretta da don Dario, il Comune vuole mettere mano ai restauri del tempietto adiacente, dedicato alla Madonna di Lourdes.

Anche in questo caso la memoria storica è preziosa. Il tempietto infatti fu costruito nel 1904, raccogliendo la sollecitazione del conte Giovanni Acquaderni, bolognese e fondatore dell’Azione cattolica, che invitò a erigere croci o monumenti al Redentore sui punti più alti della penisola, nel passaggio di secolo. Anche Monzuno, come tanti altri paesi di montagna, raccolse l’invito. Il piccolo oratorio fu distrutto dai bombardamenti alleati e ricostruito subito dopo la guerra. Oggi è di nuovo inagibile ed esposto ai vandalismi. Per fortuna ne è rimasta la memoria. Al resto si spera possa provvedere l’impegno dell’amministrazione e il buon cuore della gente. Il 26 ottobre, intanto, alle 20.45, è previsto un concerto nella chiesa parrocchiale della cittadina. Le offerte saranno destinate ai restauri.

Testo di Simonetta Pagnotti
Foto di Alessandro Tosatto

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