N. 31 - 2018 5 agosto 2018
INSIEME di don Antonio Rizzolo

In queste domeniche estive ci accompagni Gesù, che si è fatto per noi pane di vita

Per tutto il mese di agosto leggeremo il capitolo 6 del Vangelo di Giovanni. Può essere uno stimolo a non tralasciare la…

Veronica Polacco

Un padre spirituale ti cambia la vita

«È una guida fondamentale per un autentico cammino di fede. Certo poi è Cristo che dona vita nuova, ma da soli non ce la…

Corea del Sud

Il panificio solidale fiorito dalla fede

Nella città di Daejeon due coniugi cattolici portano avanti la Panetteria del Sacro Cuore che in 60 anni è diventata un’eccellenza…

Potenza

La Basilicata si consacra a Maria

La solenne consacrazione del capoluogo lucano e dell’intera regione alla Madonna avverrà a Potenza alla fine di ottobre,…

Nocera Superiore

In ginocchio nella notte per chiedere perdono

Per la festa dell’Assunta i fedeli giungono al santuario di Materdomini per ricevere l’indulgenza plenaria e pregare davanti…

Ite, missa est di Enzo Romeo

La nostra cura per il prossimo vale quanto quella delle ong

Chi ha bisogno del nostro aiuto non necessariamente viene da lontano: la vita ci pone accanto dei “profughi ordinari” verso…

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Ite, missa est di Enzo Romeo

La nostra cura per il prossimo vale quanto quella delle ong

Chi ha bisogno del nostro aiuto non necessariamente viene da lontano: la vita ci pone accanto dei “profughi ordinari” verso i quali farci prossimo

Ite missa est. Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Dagli occhi sbarrati di Josefa a quelli smarriti di un nostro familiare o del vicino di casa il passo è breve. Sì, perché il destino di una migrante del Camerun ripescata in mare da una nave di soccorso si intreccia molto più di quanto crediamo a quello dei “profughi” ordinari che la vita ci pone a lato.

L’equivoco sta nel separare il povero che arriva da lontano dal bisognoso della porta accanto. Il primo lo classifichiamo come “extracomunitario” e “clandestino”, ponendolo di fatto fuori dall’ordine sociale; il secondo semplicemente lo ignoriamo, delegandone l’assistenza al sistema sanitario e previdenziale. Per chi è alle prese con la malattia ci sono case di cura, ospizi, istituti di lungodegenza, assistenza domiciliare... Chi è ai margini del mercato del lavoro, chi non riesce ad arrivare a fine mese, troverà la cassa integrazione, il sussidio di disoccupazione, al limite il pacco viveri o la mensa Caritas.

Ciò che manca è il contatto umano. La possibilità di incrociare lo sguardo del fratello più debole, che sia di un africano sbarcato sulle coste italiane o della nonnina immobilizzata a letto poco importa. Chi ha fatto l’esperienza di una visita a un alloggio per anziani sa quanti genitori sono stati “dimenticati”. «Mio figlio viene spesso a trovarmi», «Mia figlia mi chiama sempre, è davvero premurosa». Così ho sentito dire da vecchi soli, che nessuno andava a trovare, e che giustificavano con un’ingenua bugia i loro figlioli “distratti”.

Lasciamo alla politica il compito di definire le grandi linee – e vivaddio se ci saranno cattolici di nuovo impegnati nel servizio politico! – a noi singoli cittadini e cristiani tocca “farci prossimo”, scrollandoci di dosso paure ed egoismi. L’acronimo Ong – che designa le organizzazioni non governative, di questi tempi al centro di polemiche – dovrebbe significare per noi “operazione naturalmente gratuita”. Il volontariato autentico lo si fa ogni giorno con un aiuto, del tempo libero donato, un sorriso, una carezza.

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

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