N. 32 - 2019 11 agosto 2019
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Il grande grazie e le parole di coraggio di papa Francesco ai sacerdoti

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INSIEME di don Antonio Rizzolo

Il grande grazie e le parole di coraggio di papa Francesco ai sacerdoti

In occasione del 160° anniversario della morte del curato d'Ars, il Santo Padre ha scritto una lettera a tutti i «fratelli presbiteri», invitandoli a rinnovare la gioia del proprio dono

 

Cari amici lettori, domenica scorsa papa Francesco ha deciso di fare un regalo a tutti i sacerdoti scrivendo loro una lettera. L’occasione era il 160° anniversario della morte del santo Curato d’Ars, che ricorreva appunto il 4 agosto. Francesco si rivolge ai presbiteri per ringraziarli e incoraggiarli. Con parole molto belle e profonde, ma non melense. Anch’io, in quanto prete, lo ringrazio per l’affetto e la vicinanza. Ma invito anche ciascuno di voi a leggere quello che ha scritto. È costante, infatti, il riferimento al popolo di Dio che i presbiteri sono chiamati a curare e accompagnare. Anzi, il Papa invita a guardare all’esempio di tanti genitori «che crescono con tanto amore i loro figli», degli uomini e delle donne «che lavorano per portare il pane a casa», dei malati, delle religiose anziane «che continuano a sorridere».

La lettera è divisa in quattro capitoli intitolati “Dolore”, “Gratitudine”, “Coraggio”, “Lode”. Il dolore nasce dal grido, «spesso silenzioso e costretto al silenzio, dei nostri fratelli, vittime di abusi di potere, di coscienza e sessuali da parte di ministri ordinati». Molti presbiteri, confida Francesco, gli hanno manifestato «la loro indignazione per quello che è successo», ma anche una specie di impotenza, poiché oltre «alla fatica della dedizione hanno vissuto il danno provocato dal sospetto e dalla messa in discussione che in alcuni o molti può aver introdotto il dubbio, la paura e la sfiducia».

È un tempo di purificazione, da vivere come tale, per rafforzare l’impegno a mettere in gioco la propria vita per il Vangelo, come tanti continuano a fare. Ed ecco, allora, la necessità costante della gratitudine. Prima di tutto per la vocazione ricevuta da Dio, ricordando il sì gioioso degli inizi. È il Papa stesso, poi, a ringraziare per la fedeltà agli impegni assunti, per la gioia del dono della propria vita, per la perseveranza, per la celebrazione dell’Eucaristia e della Penitenza.

«Grazie», scrive Francesco, «per tutte le volte in cui, lasciandovi commuovere nelle viscere, avete accolto quanti erano caduti, curato le loro ferite, offrendo calore ai loro cuori, mostrando tenerezza e compassione come il Samaritano della parabola». Il terzo capitolo è intitolato coraggio. Quello necessario per affrontare le difficoltà, le sofferenze, persino le incomprensioni nel ministero sacerdotale. Coraggio che è frutto soprattutto dell’azione dello Spirito Santo. Il Papa chiede di non abbattersi, usando la forza che viene dalla parola di Dio e dalla preghiera, dal legame con Gesù. Infine, invita ad aprire il cuore alla lode, sull’esempio di Maria, per tornare «a credere alla forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto».

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