N. 32 10 novembre 2013
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Padre Spadaro

ECCO COSA HO CAPITO DI FRANCESCO

«Questo Papa non ha un piano da attuare, ma un cammino da inventare, sulla scia di Dio». Parola di Antonio Spadaro, gesuita, autore di uno scoop mondiale: l’intervista a Bergoglio

padre spadaro

 

Con l’intervista a papa Francesco su Civiltà Cattolica, ha realizzato lo scoop dell’anno. Eppure padre Antonio Spadaro, messinese, classe 1966, non è diventato “personaggio”: conserva un tratto umano di grande cordialità, un misto di semplicità e sobrietà.

Padre Antonio, come è nata la sua vocazione sacerdotale e perché nei Gesuiti?

«Ho studiato dai Salesiani, coi quali ho avuto un rapporto molto profondo (sono stato tra i fondatori del Movimento giovanile salesiano). Le medie, invece, le ho frequentate dai Gesuiti, molto attenti alla formazione espressiva. Un’esperienza straordinaria, tant’è che non ho mai abbinato studio a fatica, ma a gusto. Dopo il Classico, all’università ho scelto Filosofia. In questa fase ho conosciuto la Compagnia, quasi “per caso”».

Cosa l’ha colpita dei Gesuiti?

«L’universalità del respiro, il considerare ogni ambito come relativo. Vari ordini religiosi hanno specifiche “missioni” (giovani, mass media…). La Compagnia di Gesù, invece, no. Proprio questa apertura a 360 gradi mi ha coinvolto definitivamente».

Nell’intervista al Papa, c’è una battuta di Francesco sui «mandorli in fiore della tua Sicilia». In che misura si sente siciliano?

«Non mi sento, sono siciliano. E ho mantenuto una sensibilità spiccata per i cibi di quella terra: caponata, involtini di pesce spada, pasta di mandorle, e, come vino, lo Zibibbo. Inoltre, avverto dentro di me una passionalità tipicamente mediterranea. Sono stato ordinato sacerdote a Catania, città di origine di mia mamma, e ogni anno vi torno per la solenne festa di sant’Agata».

A proposito di santi: quali ha nel cuore?

«Il compatrono di Messina, san Placido. Mia madre ne era molto devota. Una volta sognò un monaco che le disse che sarebbe stata incinta; lei (che pure era già in età inoltrata) si svegliò incuriosita. Qualche giorno dopo in una chiesetta riconobbe in una statua di san Placido il suo volto. Amo molto anche il mio santo, Antonio: i suoi sermoni sono di grande efficacia, per immediatezza, semplicità, realismo. Un modello di comunicazione della fede».

Anche il Papa attuale è giudicato un grande comunicatore. Perché?

«Perché sa essere assolutamente intenso, seppur conciso. Bergoglio ha una capacità di compenetrazione tra gesto e parola che colpisce, riesce a lanciare messaggi di grande autorevolezza senza far percepire alcuna distanza. È una sorta di paradosso comunicativo: tanto più basso è il piedistallo, tanto più autorevole risuona il messaggio. Per il Papa non è una strategia, ma un modo di essere: lo posso dire a ragion veduta, dopo averlo intervistato. Il sentimento che mi ha dominato nelle ore in cui, a più riprese, ci siamo incontrati, non è stata la percezione dello scoop giornalistico, ma del rapporto intenso con una grande persona».

Cosa è cambiato dopo l’intervista al Papa?

«Ricevo moltissime telefonate e messaggi. Un sacco di gente mi contatta solo per dirmi quanto fruttuosa sia stata la lettura dell’intervista al Papa. Ho ricevuto e-mail di persone che hanno abbandonato la Chiesa tanti anni fa e che non l’avrebbero mai fatto se avessero letto allora un’intervista così, sacerdoti che hanno lasciato il sacerdozio e ora, commossi, sentono la Chiesa in modo diverso».

Come vive il Papa “venuto dalla fine del mondo” il successo mediatico che miete?

«Come qualcosa che non gli appartiene, me l’ha detto lui. Il Papa lo sta interpretando non come frutto della sua personalità, ma dello Spirito che agisce e soffia potentemente. Insomma, non ho visto Francesco minimamente orgoglioso di questo successo: ha la perfetta percezione che possa creare problemi, ma che, allo stesso tempo, il Signore è all’opera. Lui stesso è stupito della sua capacità comunicativa; tutti quelli che lo conoscono, peraltro, testimoniano questo cambiamento. In Argentina una persona mi disse: “Io conoscevo il cardinale Bergoglio, ma non riconosco papa Francesco”. Il Papa, in altre parole, sta vivendo un’esperienza per la quale è mistero a se stesso».

Standogli così vicino per lungo tempo, che idea si è fatto della “strategia” di papa Bergoglio?

«Francesco non ha una strategia comunicativa: è semplicemente se stesso. Perciò va marcato a vista. Tanti sono convinti che abbia un progetto prefissato da attuare. In realtà, idee chiare in testa le ha, ma vivono di una dinamica che non appartiene a lui, bensì al Signore. Ha gli occhi molto aperti sulla realtà e, nello stesso tempo, si mette in viaggio facendo discernimento. Ma poi il cammino si apre camminando: me l’ha detto egli stesso. Non è una pedagogia per obiettivi, nemmeno una strategia pastorale: Francesco va avanti decidendo cosa fare nella preghiera e nel dialogo con tante persone. Potrei dire che quasi non ha inquietudini, vivendo in Dio sa che Lui è il vero Signore della Chiesa».

Testo di Gerolamo Fazzini
Foto di Carlo Gianferro

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