n. 34 - 2015 23 agosto 2015
Insieme di don Antonio Rizzolo

Eucaristia, pane del cammino per una vita cristiana autentica

Cari amici lettori, in questo numero riflettiamo sul sacramento per eccellenza: l'Eucaristia.

Davide Rondoni

Quella domanda su Dio che ci inqueta

Lo scrittore Davide Rondoni racconta la sua amicizia con Mario Luzi e spiega perché un verso del poeta è stato scelto per…

La testimone - Suor Maria Angela Bertelli

«Se vedo Dio è grazie a questi figli»

Originaria di Carpi, suor Maria Angela Bertelli ha scelto di vivere in baraccopoli a Bangkok insieme alle donne rimaste sole…

L'esperienza

A Riccione diciamo no allo sballo

Nella cittadina della Riviera romagnola, dove a causa dell’ecstasy è morto il giovane Lamberto, le parrocchie sono da tempo…

Ite, Missa est di Enzo Romeo

Se la Chiesa è come Dulcinea

Sant’Agostino afferma che la Chiesa è un mistero, non sappiamo dove inizia né dove finisce: molti di quelli che pensano di…

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Ite, Missa est di Enzo Romeo

Se la Chiesa è come Dulcinea

ite missa est

In questa rubrica che invita ad andare (ite), torno a citare – e lo farò altre volte – un sacerdote e filosofo praghese, Tomás Halík, che fu prete della cosiddetta Chiesa sotterranea, ordinato in segreto nel periodo in cui il regime comunista cecoslovacco aveva messo al bando la religione. La sua esperienza personale gli aveva fatto capire – già ben prima dei richiami di papa Francesco – che l’unica comunità ecclesiale possibile è quella “in uscita”. Sant’Agostino afferma che la Chiesa è un mistero, non sappiamo dove inizia né dove finisce: molti di quelli che pensano di essere dentro sono fuori e viceversa.

Per spiegarlo, Halík prende a prestito il Don Chisciotte di Cervantes. Poniamo che la Chiesa sia Dulcinea del Toboso. Questa donna è come la immagina il sognatore Don Chisciotte o come la vede il realista Sancho Panza? Per quest’ultimo è una sguattera sudicia e rozza; per il suo padrone, invece, è una gran dama. Sono due modi di percepire la stessa realtà, entrambi necessari. Altrimenti la visione sarebbe parziale. Senza Sancho, Don Chisciotte è solo un pazzo stralunato; ma senza Don Chisciotte, Sancho è un povero babbeo. Entrambi hanno ragione, ma nessuno dei due vede completamente Dulcinea. Sancho guarda l’aspetto esteriore della donna, mentre Don Chisciotte percepisce ciò che in lei è velato, in embrione, ovvero ciò che è ancora invisibile, che potrebbe essere e non è, ma che forse sarà alla fine. 

Dobbiamo essere dei Don Chisciotte per vedere bella la Chiesa mentre leggiamo quello che scrivono su di essa i Sancho Panza di oggi. Non dubitiamo che in questi resoconti ci sia una qualche verità, peraltro salutare perché ci riporta coi piedi per terra. E però manca la verità piena, quella che va dal Cantico dei Cantici all’Apocalisse. L’importante è comprendere che non ci sono due Dulcinee, ma che in due ci si può correggere a vicenda, alla maniera dei protagonisti del grande romanzo spagnolo, e non cadere così nella tentazione dell’unilateralità.

 

 


Testo Francesca Fabris

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