N. 34 - 2017 20 agosto 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

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Santa Giuliana in Val di Fassa

Il Santuario dei ladini

La chiesa immersa nel panorama mozzafiato delle Dolomiti trentine è il punto di riferimento spirituale per l’antica popolazione che abita questi luoghi da tempi immemorabili e che nei momenti di bisogno si rivolge alla santa martire

Santa Giuliana in Val di Fassa

Slanciata dall’antico castelliere, la punta aguzza del campanile sembra volersi allungare fin sopra le guglie del Catinaccio, per arrivare prima a toccare il cielo. Il santuario di Santa Giuliana, visto dal fondovalle del torrente Avisio, appare come un dito di roccia dolomitica. Da sempre riferimento ecclesiale dell’intera valle di lingua ladina, è il parafulmine di vicende storiche che lo hanno sfiorato. Ne fanno memoria le piccole croci del vicino cimitero austroungarico con i morti della Grande guerra e le foto in bianconero degli oltre mille valligiani saliti nel 1945 per ringraziare santa Giuliana di essere stati risparmiati dai tedeschi in ritirata. Quel dosso panoramico da dove lo sguardo arriva fino alla regina Marmolada custodisce la memoria ladina: una campagna di scavi archeologici condotta a fine anni Ottanta ha rinvenuto sotto l’altare la documentazione della consacrazione della chiesa nel 1452 con firma del cardinale e filosofo di Bressanone Nicolò Cusano, ma i documenti attestano una cappella già nel 1237 ed è probabile che fin dai tempi preistorici il dosso del Ciaslir fosse luogo di culto a divinità pagane.

DEVOZIONE DELLA VALLE

«Santa Giuliana, antica speme, la Val di Fassa, si affida a te» dice l’inno eseguito dal coro parrocchiale di Vigo di Fassa nella festa liturgica del 16 febbraio, quando si sale con la banda anche lungo il pendio innevato accanto alla pista di sci resa celebre da Alberto Tomba, ma anche nella ricorrenza di giugno, buon auspicio per la stagione estiva. La devozione alla santa martire di origine turca, considerata patrona delle partorienti, è duratura e tangibile, come dimostrano i tanti lasciti degli abitanti dei paesi fassani. Leggendario invece l’intervento della nobile Giuliana per cacciare il diavolo che avrebbe impedito perfino la costruzione del luogo di culto; le catene da lei usate appaiono però anche nei didascalici affreschi cinquecenteschi dipinti sulla parete interna della chiesa, come una moderna videoistallazione che documenta il coraggio e l’efficacia protettiva della patrona.

VALORI ANTICHI

«Possiamo cercare di attualizzare il messaggio della santa perché anche oggi ci sono dei demoni che pure dovremmo incatenare», spiega il giovane parroco di Vigo, Pera e Pozza di Fassa don Andrea Malfatti, che nell’ultima omelia per la patrona ha ricordato in proposito l’egoismo, il materialismo e il razzismo ma anche il demone di «un’ideologia antifamiliare dalle molte forme, davanti alla quale siamo chiamati a ribadire la priorità sociale ed ecclesiale della famiglia fondata sul matrimonio delle diversità tra uomo e donna, aperti alla vita e al futuro». Concorda il sindaco di Vigo di Fassa, Leopoldo Rizzi, che intravvede in questi richiami dal pulpito del santuario un programma anche sociale per recuperare lo spirito più cooperativo e solidale della valle: «Non dobbiamo smarrire l’unità attorno a valori condivisi che in questi pellegrinaggi a Santa Giuliana hanno formato tante generazioni». Questa è un’estate speciale per il santuario che festeggia i 500 anni dell’altare maggiore a portelle che, con il suo trittico e il suo ampio corredo iconografico, rappresenta uno dei capolavori lignei dell’arte trentina. È datato 1517 e firmato dalla bottega bolzanina del pittore Jo?rg Arzt che diede vita a un moderno lavoro di squadra: i falegnami progettarono e custodirono il cosiddetto scrigno, ovvero la base che è la cassa dell’altare, altri provetti scultori completarono i rilievi e realizzarono le statue, alcuni pittori decorarono le ante mobili che servivano a richiudere le statue raffiguranti la Madonna con il Bambino, santa Margherita e appunto santa Giuliana.

IMPEGNO COLLETTIVO

Oggetto negli anni di tentativi di furti e saccheggi di opere, l’altare è stato recentemente interessato da un significativo restauro che ha ricollocato al loro posto due dei quattro profeti: a realizzarne le copie d’intesa con la Soprintendenza provinciale sono stati alcuni studenti del Liceo artistico Giuseppe Soraperra di Pozza di Fassa, fucina di generazioni di artisti, che con l’apporto di alcuni esperti restauratori e il riferimento ad alcune foto d’epoca hanno portato a termine un lavoro a regola d’arte, ridando vita al lavoro dei loro antenati. Anche Mirella Florian, la «sorastant» ovvero responsabile delle scuole ladine, ha “benedetto” quest’iniziativa. Dentro questo progetto denominato Santa Giuliana, anche i bambini delle scuole elementari hanno realizzato una mostra di loro disegni, moderni ex voto, sulla figura della Santa, mentre – fra i tentativi di recupero della tradizione – rientra il neocostituito gruppo dei «paicinadores» che animano il dopo sagra facendo schioccare le loro fruste (in ladino paicin) per far risentire forse quegli scoppi di mortaio che un tempo salutavano la santa. «Santa Giuliana del mio cuore, quando torna nella sua valle ogni buon fassano ti viene a cercare…», dice la poesia dell’amato storico francescano padre Frumenzio Ghetta, autore di molte ricerche sui suoi valligiani, che esprime così un attaccamento dimostrato anche dal gruppo di volontari che ogni domenica d’estate si alternano per le visite guidate del pomeriggio. Un servizio pastorale che, partendo dalla ricchezza artistica, “apre” anche ricchi spazi di dialogo e di riflessione, tanto più motivati in questo anniversario dell’altare prezioso.

I LADINI, ANTICA POPOLAZIONE DELLE ALPI

La popolazione dei ladini è una minoranza linguistica presente in cinque vallate dolomitiche che si dipartono dal massiccio del Sella (Fassa in Trentino, Badia e Gardena in Alto Adige-Südtirol, Livinallongo e Ampezzo in Veneto), dove ancora circa 30 mila persone parlano questa lingua di antica origine. Pur nella loro diversità, gli idiomi rappresentano varietà locali della stessa lingua, il ladino, che ha una posizione autonoma fra le lingue romanze (cioè derivanti dal latino).

FASSA, VALLE LADINA

All’ultimo censimento gli abitanti della val di Fassa (appartenenti alla Provincia autonoma di Trento e tutelati anche nell’ambito della Regione Trentino Alto Adige-Südtirol) si sono dichiarati appartenenti alla minoranza ladina in 8.092 su un totale di 9.909 residenti.

IDENTITÀ DA TUTELARE

I comuni ladino fassani costituiscono il Comun General de Fascia, erede della Magnifica Comunità di Fassa (Communitas Fasciae), della quale la prima menzione documentaria risale al 1253. La tutela e la promozione della lingua e della cultura ladina è affidata per legge dal 1975 all’Istituto culturale ladino/Istitut Cultural Ladin “Majon di Fascegn” con sede a San Giovanni di Vigo. Il ladino viene utilizzato anche in alcune preghiere nella liturgia e in molti canti popolari e religiosi. La sede Rai di Bolzano propone alcuni programmi a diffusione locale in lingua ladina.

ORGANIZZARE LA VISITA

Il santuario di Santa Giuliana si trova in val di Fassa (Trentino) a quota 1.517 metri sopra Vigo di Fassa: dall’abitato si raggiunge a piedi con una passeggiata di un quarto d’ora attraverso i campi, al limitare dei boschi che poi salgono fino al pianoro del Ciampedie e alla conca del Gardeccia.

Per contatti: parrochia di Vigo di Fassa, tel. 0462/76.31.79; www.decanatodifassa.it.

PER ARRIVARE

La Val di Fassa si raggiunge da Trento con l’Autostrada del Brennero fino a Egna: si sale poi per la statale 48 delle Dolomiti in Val di Fiemme fino a Cavalese e Moena. Ci si può arrivare anche da Bolzano nord prendendo la statale 241, risalendo la Val d’Ega fino al passo di Costalunga: dopo aver scollinato il passo si scende in 15 minuti a Vigo. Altri accessi alla valle di Fassa sono il passo San Pellegrino per chi arriva da Belluno prendendo la statale 203 oppure il passo Fedaia o il passo Sella passando da Canazei. Il santuario di Oropa si trova in Piemonte, a 13 chilometri da Biella. L’accesso al santuario e al Sacro monte è gratuito ma il mantenimento del sito è oltremodo costoso: per questo sono fondamentali le libere offerte dei visitatori.

Testo di Diego Andreatta - Foto di Gianni Zotta

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