N. 34 - 25 agosto 2019 18 agosto 2019
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Itinerari della fede

Canale d’Agordo, le montagne di papa Luciani

Tra le Dolomiti bellunesi nei luoghi natali di Giovanni Paolo I. Fu Papa solo per 33 giorni ma è molto amato dalla gente, come testimonia la continua crescita dei fedeli che si fanno pellegrini sulle sue orme

Agordo, foto Museo Ivan Cagnati

(Agordo, foto Museo Ivan Cagnati)

Il suo fu un «breve intenso splendido pontificato», come riporta la lapide posta accanto al fonte battesimale. Siamo a Canale d’Agordo, poco meno di mille metri di altitudine, poco più di mille abitanti; siamo a «casa» di Albino Luciani, ovvero Giovanni Paolo I, l’ultimo Papa italiano, sulla cattedra di Pietro per 33 giorni appena. Questo paesino bellunese incastonato nelle Dolomiti gli ha dato i natali. Qui ci sono l’abitazione della sua famiglia, la sua prima chiesa, i pascoli, i boschi di conifere e su su le rocce dolomitiche, con le vette del Civetta e delle Pale di San Martino... Luoghi cui restò sempre legato, tanto da tornarvi appena possibile, in semplicità, l’ultima volta addirittura pochi mesi prima del conclave.

UN PAPA RIMASTO NEL CUORE

Canale d’Agordo non ha preso il nome del suo più illustre figlio, a differenza di Riese Pio X (in provincia di Padova), o di Sotto il Monte Giovanni XXIII (vicino a Bergamo), ma è in ogni caso papa Luciani a dare il benvenuto al viaggiatore, fin dalla provinciale 346 che risale la Valle del Biois direzione Falcade, provenendo da sud. Eccolo sorridente nella cartellonistica mentre ci accoglie con la sua celebre frase: «Dio è papà; più ancora, è mamma». Mancano poche curve al ponte che immette subito nella piazza principale del borgo, con la storica pieve dedicata a san Giovanni Battista a catturare l’attenzione. «Per avvicinare la figura di Giovanni Paolo I fa proprio bene una visita al suo paese», confida l’arciprete, don Mariano Baldovin. «Molto è rimasto come allora. Quando Luciani scelse come motto episcopale “Humilitas”, umiltà, scelse il radicamento all’humus, alla terra, anche alla sua terra, che ne ha forgiato il carattere semplice, determinato, introspettivo...». Entriamo nel silenzio ovattato della chiesa: sulla sinistra, la bella statua bronzea a grandezza naturale di Giovanni Paolo I, col sorriso e col gesto del braccio sembra invitare il pellegrino a confidarsi fiducioso. E in tanti accolgono l’invito, annotando le proprie intenzioni nel volume apposito. Racconta il parroco: «Da quando nel 2001 è stata introdotta questa possibilità, abbiamo già raccolto un centinaio di volumi. Col passare degli anni, i pellegrinaggi aumentano. Me ne stupisco anch’io. E sì che è rimasto Papa un solo mese...

Eppure l’affluenza è costante, come una goccia. Luciani è rimasto nel cuore». L’auspicata beatificazione (l'8 novembre 2017 è stato dichiarato venerabile), che potrebbe essere imminente, darebbe ulteriore slancio alla memoria del papa bellunese.

IL MUSEO ALBINO LUCIANI

Per approfondire, usciti dalla pieve basta attraversare la strada per accedere al Musal, il Museo Albino Luciani, allestito nel quattrocentesco palazzo già sede della Confraternita dei Battuti. Inaugurato nel 2016 a cura della Fondazione Papa Luciani, l’allestimento in tre piani permette di scoprire la Valle del Biois, zona di confine, di vita dura ma anche di inattesa fioritura civile e religiosa, come testimonia la ricca biblioteca della pieve (che vanta anche libri del Cinquecento e titoli rari), catalogata da Albino stesso nelle estati da seminarista. Emergono quindi le figure dei suoi maestri, da don Antonio Della Lucia al più prossimo don Filippo Carli, suo parroco, decisivo per indirizzarlo ad accogliere la vocazione sacerdotale entrando nel seminario diocesano. Ecco le pagelle, con un non troppo lusinghiero 8 in condotta... Ecco i suoi a?etti personali, la povera valigia, alcuni libri di studio, gli abiti da sacerdote, poi da monsignore e vicario episcopale a Belluno, da vescovo a Vittorio Veneto, da giovane cardinale a Venezia, quindi da Pontefice, all’età di 66 anni, dopo un conclave velocissimo di una sola giornata, per un papato velocissimo anch’esso. Infine i suoi occhiali, dono della famiglia al museo, riposti ora nella teca come in quell’ultimo giorno sul comodino della stanza da letto in Vaticano... E la storia non finisce qui, come sottolinea il direttore, Loris Serafini, ripercorrendo i successivi 40 anni della vita della Chiesa: «Già nel nome, Giovanni Paolo II, che qui venne più volte a trovare il fratello, fu legatissimo a Luciani, e in forma diversa anche Benedetto XVI. Ma è con papa Francesco che rivediamo alcuni tratti di don Albino, specie nel riportare l’attenzione sul mistero della tenerezza di Dio».

TRA BOSCHI E FIENILI

Al termine della visita, non ci si può esimere da un giro a piedi per Canale, perdendosi tra le viuzze e la sobria eleganza dei tipici tabià (enili) in legno. Ben segnalata è, a qualche centinaio di metri, la casa natale di Luciani, recentemente acquistata dalla diocesi di Vittorio Veneto grazie a un benefattore anonimo e aperta al pubblico dallo scorso 2 agosto in attesa di restauri. All’inaugurazione era presente il cardinale Beniamino Stella, postulatore della causa di canonizzazione di Luciani e prefetto della Congregazione per il clero. Nella casa, abitata fino alla sua morte da Edoardo, fratello di Albino, si visita anche la stanza (l’unica riscaldata dalla stufa) dove il futuro Papa venne alla luce il 17 ottobre 1912. Riprendendo l’auto, il consiglio è di inoltrarsi per pochi chilometri in direzione della frazione di Gares, fino a raggiungere il minuscolo abitato che dà il nome all’incantevole valle, e da lì perdersi tra boschi, pascoli e prati, magari raggiungendo in poche decine di minuti di sentiero a piedi la scenografica cascata delle Comelle.

Testo di Alberto Friso

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