N. 34 24 novembre 2013
Iniziativa - La colletta alimentare

L'avete fatto a me

Ameur Belhadj da cinque anni è volontario del Banco alimentare a Como. Quando è rimasto senza lavoro, ha ricevuto sostegno…

Storia di copertina

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Verso gli altari

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Alba e dintorni

Sui luoghi del Beato Alberione

Il 26 novembre ricorre la memoria del beato Giacomo Alberione, fondatore della Società San Paolo e della Famiglia paolina,…

Ite, Missa est

Lasciamo che i figli vadano a Babilonia

Ricevo a volte lettere di genitori che mi chiedono consigli rispetto ai figli che stanno diventando grandi...

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Iniziativa - La colletta alimentare

L'avete fatto a me

Ameur Belhadj da cinque anni è volontario del Banco alimentare a Como. Quando è rimasto senza lavoro, ha ricevuto sostegno e amicizia dai cattolici. Musulmano, ora dedica il suo tempo libero a restituire la stessa accoglienza e carità ad altre famiglie

Volontari della colletta alimentare

Ameur Belhadj, marocchino musulmano di 47 anni, andrà davanti a un supermercato a chiedere. Si appellerà alla generosità di chi, dopo la spesa, si ricorda anche di quelli che non hanno da mangiare. Ma per lui sono lontani gli anni in cui per sopravvivere doveva fare affidamento al buon cuore delle persone. Ora chiede per altri. Sa cosa significa patire la fame e il freddo e ha deciso di mettere questa sua “competenza” a servizio di chi ha bisogno.

Per questo, ormai da 5 anni, è impegnato nella Giornata nazionale della Colletta alimentare, che quest’anno, giunta alla diciassettesima edizione, è stata organizzata sabato 30 novembre in tutta Italia dalla Fondazione Banco alimentare.

In più di 10mila punti vendita, 135mila volontari chiederanno di donare parte della spesa da devolvere alle strutture caritative a servizio dei poveri.

Adesso Ameur vive a Como, ha un lavoro, una casa e una famiglia e per lui questo appuntamento è diventato una priorità. Da qualche anno ci porta anche il piccolo Adam, 6 anni, che pur di imitare il papà, si accontenta di reggere i pacchi piccoli e le scatolette. «Sono convinto che l’umanità si salverà perché ci sono alcune persone che si interessano davvero agli altri. Dio ci ha creati per aiutare, per condividere, io non voglio vedere solo ciò di cui ha bisogno mio figlio ma anche i figli degli altri. Questo ho imparato dai volontari del Banco alimentare e questo è quello che voglio trasmettere ad Adam e alla piccola Nour, nata nel 2008».

Una convinzione che lo ha spinto ad impegnarsi non solo nelle giornate dedicate alle Collette, ma durante tutto l’anno. Una certezza che si radica profondamente nel suo passato, indelebilmente segnato da una storia di solidarietà, amicizia e condivisione profonda: «Sono arrivato in Italia nel 1989 e ho iniziato a lavorare in una ditta che poi ha chiuso. Dopo un periodo in Marocco, sono tornato a lavorare a Como. Tutto andava bene, ho chiesto ai miei genitori di raggiungermi e nel 2004 mi sono sposato con Nada». Poco dopo, però, a causa della crisi Ameur è costretto a ridurre l’orario di lavoro: 4 ore al giorno. Troppo poche per mantenere una famiglia con un figlio in arrivo.<

Un giorno, rifiutato dai servizi sociali e preso dalla disperazione, si decide a chiamare Marco Mazzone, membro del Banco di solidarietà, di cui per caso aveva avuto il numero: «Al telefono subito mi tranquillizza e mi chiede di vederci di persona. Il giorno dopo viene a casa mia con un pacco di alimenti. Da lì è iniziato un rapporto di amicizia con lui e con altri volontari che dura ancora oggi e che, una volta trovato un altro lavoro come impiegato tecnico, mi ha spinto a impegnarmi insieme a loro per gli altri, come loro hanno fatto con me. In fondo, avevo bisogno di un aiuto morale più che economico, ero scoraggiato e abbattuto. So che il pacco di cibo non risolve molto, ma diventa un modo per trasmettere speranza e incontrare le persone offrendo la nostra amicizia».

Il martedì sera per Ameur è “intoccabile”. Dalle 20 fino a mezzanotte o anche oltre, è impegnato con gli altri volontari nella sede del Banco di solidarietà. A volte anche il sabato, per organizzare il magazzino. È uno dei responsabili dei colloqui con le famiglie che chiedono un sostegno, poi va nelle case a portare i pacchi. La sua fede musulmana non gli impedisce di partecipare alla preghiera che tutti insieme fanno prima di iniziare l’attività: «Abbiamo bisogno di Qualcuno che ci dia una mano, tutto quello che riceviamo e che possiamo distribuire, arriva grazie a Dio. Quando sono lì, le ore passano. Ogni volta vedo persone diverse, gente che mi racconta la sua storia. Per me conoscere le persone, imparare da loro, è la cosa più bella. È una gioia immensa fare questa attività, mi sento realizzato nel dedicarmi a qualcosa di completamente gratuito che faccio non per guadagnare, ma per aiutare. Inoltre, è meraviglioso vedere tante persone di tutte le classi sociali con un cuore grande. Vedo tanti volontari che arrivano direttamente dal lavoro, mangiano un panino in piedi e si rimboccano le maniche. In ogni caso, sento la responsabilità come cittadino di questo amato Paese di attivarmi in prima persona per arrivare lì dove lo Stato non riesce ad arrivare, perché ci sono tante carenze: ma siamo noi cittadini che dobbiamo agire per migliorare la società».

Testo di Ilaria Nava

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