Credere n.34 - 27/11/2013
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Il carisma di Lazzati si diffonde nel mondo
Fanno lavori normali, vivono ciascuno nella propria casa, rimangono nell’anonimato...
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Il testimone
Il carisma di Lazzati si diffonde nel mondo
Fanno lavori normali, vivono ciascuno nella propria casa, rimangono nell’anonimato. Sono i laici consacrati dell’Istituto fondato dal venerabile Giuseppe Lazzati. Una scelta di vita che attira tanti giovani: in Italia, ma anche in Polonia e Cina
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C’è un posto lontano nel mondo in cui fiorisce una vocazione che non avresti mai pensato: viene dalla Cina e lavora in Giappone l’ultima persona che è entrata nell’Istituto secolare Cristo Re fondato da Giuseppe Lazzati. Il carisma del laico cristiano per eccellenza, dell’uomo che ha creduto nella “città dell’uomo a misura d’uomo†allarga il suo respiro e si apre al mondo. Ci sono membri dell’Istituto secolare in posti difficili dell’Africa come la Repubblica democratica del Congo. Chissà se uno scenario del genere se lo era immaginato il professore, il padre costituente, il rettore della Cattolica. Che già ai suoi tempi, certo, viaggiava molto, nonostante fosse più difficile di oggi. Per la Chiesa, dal 5 luglio, Giuseppe Lazzati è venerabile. Ufficialmente dunque sulla strada della santità .
Il suo messaggio e la sua opera, insomma, continuano a vivere ancora oggi, come testimonia questo fiorire di vocazioni: i professi perpetui sono 130, cui si aggiungono 23 in cammino verso la consacrazione, nove dei quali in Italia e altrettanti in Polonia. E lo conferma la storia di Stefano A., 36 anni, della provincia di Lecco, che sei anni fa ha preso i primi voti nell’Istituto. «È un frutto dello Spirito Santo, non c’è altra spiegazione. La nostra famiglia non usa di certo fare proselitismo, tantomeno a livello mondiale. La motivazione che ci siamo dati a questo fiorire di vocazioni è che la storia di Giuseppe Lazzati viene conosciuta nei modi più impensabili, magari anche semplicemente attraverso la lettura di un libro o di una pagina di un sito internet».
È una famiglia mondiale dunque quella dei membri del Cristo Re, in molti posti lontana, ma vicinissima su un punto fondamentale: «La nostra prossimità – continua il giovane lecchese – la viviamo nella vita quotidiana: nella vita di servizio con gli altri. Il fratello africano che vedo una volta all’anno è comunque mio fratello. La mia preghiera sale assieme alla sua. Ogni giorno». Corre anche così la Parola, come amava ripetere il cardinale Martini, che di Lazzati fu compagno di strada a Milano. Corre ed è lontanissima dai gesti plateali: i confratelli dell’Istituto secolare preferiscono tenere l’anonimato (abbiamo rispettato per questo anche la scelta di Stefano, che citiamo solo per nome e non mostriamo in foto): sono in fondo uomini tra gli uomini e la loro vocazione, la laicità consacrata (che non è una forma di monachesimo), si dispiega prima di tutto nella professione che esercitano quotidianamente: «Il non protagonismo è di certo un vantaggio. Lo viviamo così: siamo persone che, facendo lavori come quelli di tutti, ci sentiamo, però, in servizio. Non abbiamo bisogno di esporci, abbiamo bisogno di vivere. La Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e noi abbiamo fiducia in questo».
Il cristiano si vede nella prova, diceva Lazzati: un’espressione che potrebbe evocare gesti eccezionali, decisioni epocali. Invece no. La prova a cui siamo chiamati non è niente di più che, ancora una volta, la vita quotidiana: «Quello che il Signore mi chiama a fare – riprende Stefano – non è lontano dalla vita della gente». La sua professione è il perito elettronico informatico: «Vivere la vocazione nel quotidiano è una scelta molto umana, che valorizza la persona in qualsiasi luogo e tempo: significa, ad esempio, continuare a vivere nel proprio condominio, fare la vita parrocchiale di sempre, ma senza rinchiudersi in essa. Ad esempio, mi interesso anche di chi non frequenta la parrocchia, come le famiglie straniere e i loro figli... In generale, la tensione è ad essere attenti nei confronti delle persone. Tutte. Ed invitare i giovani ad avere lo stesso atteggiamento».
In un momento in cui la politica è distratta, pensa e agisce lontano da tutto questo, per Stefano si ricomincia da qui: «Sono molto attento alle problematiche del luogo in cui vivo, non potrebbe essere altrimenti. Ad esempio, davanti a chi sta perdendo il lavoro, non è possibile restare indifferenti. Non sarebbe da cristiani».
Per spiegare questo atteggiamento cita Lazzati: «Lui è stato in ambienti critici come il lager ed ha animato situazioni invivibili. Ricordarlo, per me, è uno stimolo a cercare di rendere umano il posto in cui vivo qui ed ora. Generalmente chi ha bisogno non lo esplicita quasi mai, ma lo Spirito Santo ci mette in ascolto dei bisogni». Questo è possibile prima di tutto perché l’appartenenza all’Istituto chiama ad una intensa vita di preghiera: «Un impegno reale e serio di preghiera pregata», continua Stefano: «Cerchiamo di vivere la spiritualità che ci ha insegnato e vissuto Lazzati. A tutti è chiesto poi il rapporto costante e quotidiano con la Parola, per capire chi è Gesù. E cercare di viverlo oggi».
Testo di Francesca Lozito