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Un pensiero e un saluto
La scoperta del senso è una folgorazione che è impossibile non voler comunicare. Per la prima volta nella mia vita un’esperienza…
Ite, missa est di Emanuele Fant
Un pensiero e un saluto
La scoperta del senso è una folgorazione che è impossibile non voler comunicare. Per la prima volta nella mia vita un’esperienza di bellezza superiore non temeva la condivisione
Una volta, ero al mare, ho scoperto una piccola spiaggia incantata. In pieno agosto, non c’era quasi nessuno. Non era indicata nella guida, troppo fuori dalle rotte usuali; io ci sono arrivato casualmente, sbagliando strada. Osservando tanta pace, mi sono augurato che quel segreto rimanesse inviolato ancora a lungo, per godermi il mare cristallino senza ressa.
Ho provato lo stesso desiderio di godimento esclusivo di fronte a tutte le cose migliori che mi è stato concesso di incontrare: l’album Amen dei Baustelle (che ho sperato non entrasse in classifica), una ragazza di nome Laura (che per sicurezza ho preferito sposare), il volume Poesie di Clemente Rebora (protetto dalle tenebre del mio comodino). Ogni volta che ho avuto di fronte qualcosa in grado di farmi vibrare, l’ho protetta come un tesoro, ho sperato restasse a mia esclusiva disposizione.
È andata diversamente quando sono diventato cristiano: la scoperta del senso è una folgorazione che è impossibile non voler comunicare. Ho desiderato che ogni mio amico, ogni mio conoscente, ogni passante della metropolitana, godesse di quel bagliore che non perde in potenza anche se sono in molti a volersi abbronzare. Per la prima volta una esperienza di bellezza superiore, non temeva la condivisione.
Questa rubrica di Credere è stata per me un’occasione per valutare ad alta voce entusiasmi, passi indietro, intuizioni che hanno animato il mio recente cammino spirituale: senza nessuna autorità per farlo, ma con la pretesa di non barare. È stato un modo per gridare dai tetti lo stupore di una vita che inaspettatamente si poteva spiegare, riprendeva colore. Adesso che nuove parole abiteranno questa pagina di giornale, io dirò la mia scoperta in altre maniere, perché è comunque nostro dovere: discuterò con i miei alunni a scuola, pubblicherò nuovi racconti, metterò insieme altri spettacoli teatrali. La forma è mutevole, schiava del tempo e sensibile agli eventi accidentali. L’interrogativo è uno solo: come divento quello che sono?
Illustrazione di Emanuele Fucecchi