N. 35 - 2019 1 settembre 2019
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Padre Nicola Preziuso

La sfida? Salvare insieme ambiente, lavoro e salute

Il religioso murialdino da 40 anni è “cappellano” nelle acciaierie Ilva a Taranto. Ha speso la vita per portare la Chiesa tra gli operai e ora si pone un nuovo obiettivo: l’educazione alla salvaguardia del creato

Padre Nicola Preziuso

«Bisogna creare un’altra mentalità, una cultura diversa del lavoro. E in questo la Chiesa deve essere sia annuncio e coscienza critica sia fautrice di gesti concreti». Padre Nicola Preziuso ha quasi 70 anni, 40 dei quali trascorsi in fabbrica. Con i lavoratori di Taranto ha condiviso gioie, speranze, licenziamenti, lotte e – troppo spesso – morti. Italsider prima, Ilva poi e infine ArcelorMittal: il gigante siderurgico divenuto simbolo della città dei due mari ha cambiato nomi e proprietari, ma ha lasciato inalterati i problemi legati all’occupazione e all’inquinamento.

Le vicende dell’Ilva di Taranto sono note: gli abitanti dei quartieri limitrofi sono costretti a respirare le polveri degli altiforni e dei depositi minerari e da tempo denunciano un incremento di tumori e altre malattie. Ma intervenire per rendere più ecologico il polo siderurgico potrebbe costare troppo e il rischio sarebbe la chiusura e la conseguente perdita dei posti di lavoro.

Ma salute e occupazione non possono essere proposte come alternativa. «Il nostro vescovo Filippo Santoro ha usato una bellissima espressione», dice padre Preziuso: «Lavoro e ambiente sono cose concretissime come due figli e tutti e due si devono salvare». Un obiettivo non da poco che il parroco della chiesa Gesù Divin Lavoratore persegue tenacemente da anni, alternando l’annuncio della Parola ad azioni concrete sul territorio.

40 ANNI IN FABBRICA
Nato nel 1949 a San Severo, in provincia di Foggia, Nicola Preziuso è cresciuto nella vicina Lucera frequentando la comunità locale di Giuseppini del Murialdo, la congregazione fondata nel 1873 da san Leonardo Murialdo: «Andavo all’oratorio», ricorda don Preziuso, «ed ero affascinato dal carisma di Murialdo e da quei sacerdoti che stavano in mezzo a noi giovani». A 15 anni entrò nel seminario di San Giuseppe Vesuviano (Napoli) per intraprendere quello che lui definisce «un lungo percorso» che lo avrebbe portato presto a varcare i cancelli dell’Italsider. Il primo contatto con la fabbrica avvenne 40 anni fa, nel 1979: «La mia congregazione individuò quattro confratelli per far nascere questa presenza di Giuseppini del Murialdo a Taranto. Io fui scelto per il quartiere Tamburi, a poche centinaia di metri da questo grande stabilimento». Da quel momento padre Preziuso diventa il “cappellano” dei lavoratori dell’Italsider, anche se lui precisa: «Siamo religiosi volontari, non cappellani come, ad esempio, quelli militari. Dal 1979 a oggi noi abbiamo un unico privilegio: quello di entrare nello stabilimento e nei luoghi di lavoro a tutte le ore del giorno e della notte, visto che i turni si alternano lungo tutte le 24 ore».

MOLTO DA FARE ANCORA
All’inizio l’ingresso di uomini di Chiesa nella fabbrica è stata un po’ una sorpresa, un percorso da inventare: «Uno degli episodi più significativi», ricorda padre Nicola, «fu proprio all’inizio quando, entrando nei luoghi di lavoro e presentandomi come religioso-sacerdote volontario dei Giuseppini del Murialdo, davanti alla mia preoccupazione di essere considerato un estraneo, a fronte dei miei timori e delle mie difficoltà, riscontrai fin dall’inizio una sorpresa. Mi si diceva: “Finalmente la Chiesa si ricorda di noi! Venga reverendo, sia il benvenuto”. Davanti a questo modo di essere accolto ho percepito la bellezza di una solidarietà che fu uno dei primi valori che ho imparato nel contatto diretto col mondo sul lavoro».

Con il tempo l’accoglienza ha permesso di creare solide relazioni:  «Soprattutto è stato possibile conoscere il mondo del lavoro in prima persona, non stando nelle sacrestie o negli oratori, ma andando direttamente in fabbrica, incontrando gli operai e toccando con mano quei valori che si creano e si vivono sui luoghi di lavoro, soprattutto dove si rischia maggiormente la vita a causa dei numerosi incidenti».

In questi 40 anni la fabbrica è cambiata, a partire dal numero dei lavoratori che si è dimezzato: la sicurezza è migliorata e la tecnologia ha fatto passi enormi. Molto però rimane da fare: «Credo che se ci sono intelligenze e tecnologie di avanguardia tali da permettere di raggiungere produzioni di un certo livello, allora lo stesso ingegno e le stesse tecnologie potrebbero realizzare impianti con impatti ambientali molto più rispettosi», sottolinea padre Preziuso. «Bisogna mettere in gioco progetti, soldi e tecnologia».

E di progetti il religioso ne ha molti, sia per l’ambiente sia per il lavoro. Come direttore dell’associazione Centro educativo Murialdo ha bonificato una zona fortemente inquinata usando solo le piante: «L’associazione era nata in una casa cantoniera che poi ci è stata tolta», ricorda. «Abbiamo però trovato una ex area della Marina Militare, 4 ettari e mezzo dove portare avanti le nostre iniziative». Dalle analisi preliminari del terreno, condotte con l’Arpa (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente), è risultato che mezzo ettaro era gravemente inquinato, in particolare da policlorobifenili (Pcb), 4-5 volte superiori a quelli consentiti, e da metalli pesanti, 5-6 volte oltre i limiti. «Con la collaborazione del Cnr (Centro nazionale delle ricerche) che segue il progetto, dal 2013 ad oggi abbiamo avviato la piantumazione di quasi 1.400 pioppi Monviso, che hanno portato a risultati straordinari facendo rientrare i valori nella norma».

NUOVA MENTALITÀ DEL LAVORO
Sul fronte del lavoro il Centro educativo Murialdo raccoglie attorno a sé un gruppo di volontari che dedicano tempo a giovani e giovani-adulti per aiutarli e accompagnarli a mettersi in proprio.  «Perché il problema del Sud è proprio quello di essere troppo ripiegato sull’obiettivo del posto fisso», conclude padre Preziuso. «Bisogna creare un Sud che si rimbocchi le maniche e che non continui a pensare che debbano venire grandi aziende a dare la risposta alla ricerca del lavoro. Ci vuole un Sud che, partendo dalle risorse del territorio, crei cultura di impresa e autoimprenditorialità superando l’idea che mettersi in proprio sia un lavoro di serie Z. Abbiamo esempi concreti, sono già nate 15 esperienze che sono sul mercato ormai da parecchi anni come “Il Giardino del Re” di Federico Catucci che commercializza prodotti di agricoltura biodinamica, o “Wired” di Alessandro Pulito che ha aperto da molti anni un negozio di alto livello di soluzioni informatiche, o come la “Masseria Belvedere”, un ristorante in territorio di Lizzano (Taranto) aperto dalla cooperativa sociale La Mimosa. Ma purtroppo non fanno notizia».
   

SAN LEONARDO MURIALDO
Ricordato come «l’apostolo della gioventù operaia e del movimento sociale cattolico», san Leonardo Murialdo, sottolinea padre Preziuso, ebbe l’affascinate intuizione di fare da ponte «tra il mondo adulto che lavora e il mondo dei giovani disoccupati» indicando nel lavoro «il mezzo migliore per diventare bravi cristiani e ottimi cittadini». Nato a Torino nel 1828, fondò, nel 1871, l’Unione degli operai cattolici e due anni dopo la Congregazione di san Giuseppe. Si adoperò, anche come direttore del Collegio degli Artigianelli fondato da don Giovanni Cocchi per ragazzi poveri, orfani e abbandonati, affinché i giovani potessero avere un’educazione e un lavoro regolamentato.
   

Testo di Fabio Dalmasso. Foto di Cosmo Laera

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