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Insieme di don Antonio Rizzolo
La Croce di Cristo e i crocifissi di oggi
Cari amici lettori, la festa dell’Esaltazione della croce che celebriamo il 14 settembre ci invita a riflettere sul centro della nostra fede. In effetti la croce è il simbolo principale del cristianesimo, il segno di croce apre e chiude le nostre celebrazioni, e anche tante nostre azioni quotidiane fatte nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Ma in che senso la croce rappresenta la nostra fede? Non si tratta di mettere al centro il dolore, la sofferenza, il sacrificio, la rinuncia. La croce che noi esaltiamo è quella di Cristo, uno strumento di tortura diventato segno di vittoria sul peccato, sul male e sulla morte. Perché su quel legno Gesù Cristo ha mostrato il vero volto di Dio. Non un Dio che si manifesta nella forza, nella potenza, ma nell’umiltà dell’amore. Come disse Gesù a Nicodemo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Giovanni 3,16). Esaltando la croce noi cristiani in realtà esaltiamo l’amore di Dio che ha dato se stesso per noi, che per mezzo del suo Figlio ci ha amato fino alla fine, fino a dare la sua vita.
Al centro della nostra fede c’è Gesù Cristo, c’è l’amore che egli ci ha donato spargendo il suo sangue sulla croce per redimerci dal peccato e dalla morte. La croce è il simbolo dell’amore e se noi vogliamo essere davvero cristiani, discepoli di Gesù, dobbiamo amare i fratelli come lui ci ha amato, fino a dare la vita sulla nostra croce quotidiana. Non dobbiamo cercare il dolore o la sofferenza, ma non possiamo non donare noi stessi ogni giorno per amore, accettando anche gli ostacoli, i sacrifici, le croci che questo comporta. Parlando di croce vengono in mente i tanti crocifissi di oggi. Dai cristiani perseguitati in diverse parti del mondo per la loro fedeltà a Cristo, ai poveri, ai sofferenti, a chi è solo e dimenticato.
Senza trascurare il dramma dei profughi e dei migranti. Come cristiani non possiamo restare indifferenti, non possiamo non manifestare l’amore di Dio attraverso le nostre scelte concrete di accoglienza e solidarietà. Ce lo ha ricordato papa Francesco nell’Angelus di domenica scorsa: «Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi” dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta». La croce che esaltiamo rappresenta l’amore di Dio che noi siamo chiamati a donare agli altri. Altrimenti è un simbolo di cui ci orniamo, ma senza più significato.