N. 37 - 2015 13 settembre 2015
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Verso il Sinodo

La coppia che aiuta le coppie a ritrovarsi

I coniugi Maria Grazia e Umberto Bovani vivono con i loro tre figli e un’altra famiglia nell’ex santuario di Sant’Antonio a Boves, dove da 16 anni propongono itinerari spirituali per coppie.

 

Ad ottobre, il Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia

In tempo per guardarsi negli occhi e dirsi l’essenziale. Sembra un paradosso ma è ciò che manca alle coppie. E questo nonostante si viva sotto lo stesso tetto, magari da anni. Anzi, spesso proprio per questo. Per ritrovarsi a volte è utile “staccare la spina” e incontrarsi in un luogo a parte. Siamo a Boves, in provincia di Cuneo: l’ex santuario di Sant’Antonio, immerso nei boschi a un chilometro e mezzo dal paese, da 16 anni è un “centro di spiritualità domestica” a servizio delle coppie e delle famiglie.

Quando si sono sposati, Maria Grazia e Umberto Bovani avevano parecchi sogni, ma soprattutto uno: vivere in una casa aperta e mettersi a servizio di altri, non tanto dal punto di vista materiale quanto spirituale. «Entrambi eravamo legati ai Gesuiti e avevamo trovato la spiritualità di sant’Ignazio di Loyola di una fecondità straordinaria, non solo per la nostra vita ma anche per la nostra relazione», racconta Umberto. «Quando abbiamo deciso di sposarci ci siamo accorti che volevamo vivere in modo un po’ diverso rispetto a una famiglia tradizionale. Non sapevamo bene come, ma ci sentivamo chiamati a un servizio nella Chiesa, come coppia». «Non siamo partiti con un’idea ben precisa in testa», interviene Maria Grazia, «il nostro era un progetto aperto: chiedevamo a Dio di farci capire passo dopo passo che direzione prendere».

Qualche mese prima del matrimonio Umberto e Maria Grazia confidano questo desiderio all’ora vescovo di Cuneo, Carlo Aliprandi. «Con lui abbiamo pensato come dar corpo a quella che era ancora un’intuizione e bisogna dire che lui ci ha creduto con noi fin dall’inizio», prosegue Umberto. Ma l’avvio è decisamente spiazzante: «Avevamo ipotizzato di cominciare questo servizio in una parrocchia, magari vivendo nella canonica di una chiesa», continua Umberto, «invece il vescovo ci ha proposto un santuario abbandonato, Sant’Antonio, che allora ci sembrava enorme. In realtà negli ultimi anni abbiamo dovuto addirittura ampliarlo costruendo una nuova ala per dare ospitalità alle coppie che frequentano i corsi». Nel marzo del ’98 la struttura che i coniugi Bovani ricevono in comodato d’uso è abbandonata da 25 anni e non abitabile.

La restaurano poco per volta, grazie a donazioni e ricorrendo a prestiti bancari. Vivono del loro lavoro: insegnante di lettere in un liceo lui, docente di storia dell’arte lei. Anche l’idea con la quale partono prende presto un’altra direzione: «All’inizio non avevamo pensato di creare un servizio per le coppie o le famiglie, pensavamo a un centro aperto ai laici in generale, dove imparare la spiritualità di sant’Ignazio per poi viverla nella quotidianità», racconta Umberto. «Quasi da subito, però, nel ’99, ci siamo ritrovati a proporre meditazioni ed esercizi spirituali per coppie. Ci siamo accorti che era una realtà sulla quale lavorare e che molte persone desideravano un tempo di silenzio e di riposo per confrontarsi e riscoprire i fondamenti della propria vita insieme». «Le coppie ci dicono che trovano utile sentire il parere di chi vive sulla propria pelle determinate dinamiche», aggiunge Maria Grazia, «tant’è che le questioni che approfondiamo, cercando di rileggerle in chiave spirituale, sono quelle che viviamo nella vita di tutti i giorni e che cerchiamo noi stessi di interpretare per la nostra vita». In 16 anni la famiglia Bovani si è allargata: sono arrivati tre figli che oggi hanno 10,12 e 15 anni. Da un anno e mezzo, poi, un’altra coppia giovane con un bimbo si è trasferita a vivere a Sant’Antonio. La casa è diventata punto di riferimento per centinaia di famiglie che in questi anni hanno frequentato i corsi, proposti per due weekend al mese, da dicembre-gennaio fino a settembre.

«A iscriversi sono sia coppie sposate che conviventi», spiega Umberto, «ma anche persone in crisi nella loro vita coniugale, separati e anche singoli, tra cui anche omosessuali credenti che cercano a volte con difficoltà un modo per vivere l’intimità. Le coppie che vengono dalle parrocchie si aspettano i classici ritiri spirituali. A prenotare sono quasi sempre le donne, con i compagni un po’ più diffidenti. Ma poi si aprono quando si accorgono che è possibile parlare di cose spirituali in relazione alla vita concreta di tutti i giorni, alle domande profonde che ciascuno si pone. L’incontro con Dio, come l’incontro con l’altro nella coppia, passa anche attraverso i nostri stati emotivi». Per parlare di emozioni, sessualità, affetti è stato necessario trovare un linguaggio adatto: «Un giorno abbiamo invitato le coppie a meditare partendo da un quadro di Marc Chagall», ricorda Maria Grazia.

«Ci siamo accorti che le immagini, soprattutto quelle artistiche, sono più efficaci delle parole perché parlano all’inconscio e all’intuizione, aiutando così le persone a sbloccare alcune dinamiche sia personali che nella relazione a due. A ispirarci è stato ancora una volta sant’Ignazio, secondo il quale immaginare una scena del Vangelo aiuta molto nella preghiera». Umberto e Maria Grazia guardano al Sinodo di ottobre sulla famiglia con grande interesse, alla luce del dibattito iniziato con l’assemblea straordinaria dell’anno scorso: «Il fatto che non si sia dato spazio alla retorica ma si siano affrontati i problemi veri ci ha fatto percepire una Chiesa viva e palpitante, che non ha paura di dialogare. Siamo fiduciosi che questo atteggiamento porterà buoni frutti».

Testo di Emanuela Citterio

Foto di Alessandro Albert

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