Lasciamoci contagiare dal sorriso buono di Madre Teresa
La santa dei poveri ci ha consegnato un esempio di misericordia, di amore gratuito, libero da ogni ideologia e da ogni distinzione…
Portate nel cuore il suo sorriso
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INSIEME di don Antonio Rizzolo
Lasciamoci contagiare dal sorriso buono di Madre Teresa
La santa dei poveri ci ha consegnato un esempio di misericordia, di amore gratuito, libero da ogni ideologia e da ogni distinzione di lingua, cultura o religione
Cari amici lettori, in questi giorni qualcuno mi ha chiesto come dovremo chiamare la nuova santa canonizzata da papa Francesco domenica scorsa: santa Teresa? Santa Madre Teresa? Madre Teresa? La dicitura ufficiale è santa Teresa di Calcutta, religiosa. Ma la questione è certamente di secondaria importanza. In fondo, la stessa cosa vale per il santo di Pietrelcina: san Pio rimane ancora per tutti Padre Pio. Tuttavia, papa Francesco, nell’omelia della Messa di canonizzazione, ha proposto una riflessione interessante: «Penso che, forse, avremo un po’ di difficoltà nel chiamarla santa Teresa: la sua santità è tanto vicina a noi, tanto tenera e feconda che spontaneamente continueremo a dirle “Madre Teresa”». Ed è proprio così: per tutti noi lei rimane Madre Teresa, perché la sentiamo vicina, una di noi, ancora capace di commuoverci con il suo sorriso e di spronarci al bene, all’amore gratuito e disinteressato.
È l’esperienza che hanno fatto coloro che l’hanno incontrata e che possiamo fare anche noi quando ci lasciamo contagiare dal suo esempio. Sono bellissime le parole che ancora papa Francesco ci ha consegnato: «Questa instancabile operatrice di misericordia ci aiuti a capire sempre più che l’unico nostro criterio di azione è l’amore gratuito, libero da ogni ideologia e da ogni vincolo e riversato verso tutti senza distinzione di lingua, cultura, razza o religione. Madre Teresa amava dire: “Forse non parlo la loro lingua, ma posso sorridere”. Davvero abbiamo bisogno di offrire a tutti, sempre, questo stesso sorriso. Anche quando ci costa, anche quando siamo stanchi o ci sembra inutile: «Portiamo nel cuore il suo sorriso», ci ripete papa Francesco, «e doniamolo a quanti incontriamo nel nostro cammino, specialmente a quanti soffrono. Apriremo così orizzonti di gioia e di speranza a tanta umanità sfiduciata e bisognosa di comprensione e di tenerezza».
A volte sorridere è veramente difficile, soprattutto di fronte a tragedie come quella del terremoto avvenuto in Centro Italia. Ma non si tratta di un sorriso “furbo” come quello di chi magari immagina di speculare su quanto è avvenuto (come è capitato all’Aquila), né del sorriso “ebete” di chi è troppo superficiale. Si tratta di un sorriso compassionevole, partecipe, quello di un amico e di un fratello, che invita a sperare e a tener salda la fiducia nonostante tutto. È il sorriso “buono” di chi si fa vicino, incoraggia a non arrendersi e ricorda che Dio rimane fedele e darà la forza per affrontare ogni avversità.