N. 37 - 2017 10 settembre 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

La croce di Cristo, non più strumento di morte, ma simbolo dell’amore

La festa del 14 settembre non è l’esaltazione della sofferenza, ma un invito a riconoscere che il Signore ha dato la sua…

Monica Mondo

La mia fede con il cuore e con la ragione

La conduttrice di Soul su Tv2000, racconta l’adolescenza difficile in lotta contro l’anoressia, l’incontro con comunione…

Padre Leonel Narváez Gómez

Sulla via stretta del perdono

Il missionario della Consolata per sostenere l’uscita della Colombia dalla guerra civile ha fondato Es.pe.re, scuola di riconciliazione.…

Marco Pappalardo

Insegno agli studenti a coltivare i sogni

Professore credente nel segno di don bosco, nel suo diario (quasi segreto) di un prof racconta la sua esperienza con i ragazzi…

Padre Gabriele Amorth

La Madonna mi è sempre stata accanto

Le ultime confidenze del sacerdote esorcista scomparso un anno fa in un libro di prossima uscita di cui vi anticipiamo alcuni…

San Pietro al Monte

La basilica gioiello delle Alpi

Un luogo straordinario di arte e fede con oltre mille anni di storia curato con amore da un gruppo di volontari. Si raggiunge…

Ite, missa est di Emanuele Fant

Tutte le cime di Piergiorgio Frassati

Giovane rampollo di un’agiata famiglia torinese, preferì le dure salite alla vita “spianata” che gli era stata preparata

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Ite, missa est di Emanuele Fant

Tutte le cime di Piergiorgio Frassati

Giovane rampollo di un’agiata famiglia torinese, preferì le dure salite alla vita “spianata” che gli era stata preparata

Ite missa est

Piergiorgio Frassati, classe 1901, era il figlio del direttore de La Stampa, un ragazzo con la strada spianata. Eppure, per tutta la sua breve vita, ha cercato dislivelli e salite, quasi per contraddire quel destino troppo facile. Sceglie la facoltà di Scienze minerarie, mentre suo padre lo immaginava al suo fianco, in redazione. Condivide tutto quello che ha con i poveri, nelle periferie della prima Torino industriale. Cerca guai facendo il servizio d’ordine nelle processioni, scrivendo lettere infuocate contro Mussolini, organizzando scherzi e cene con gli amici più cari, che lui soprannomina “i tipi loschi”.

Scoprire la montagna è per Piergiorgio una vera illuminazione. Capisce che lì può trovare tutte le fatiche e il sudore che gli erano stati negati nella sua infanzia senza rischi nel villino di famiglia. Da quel giorno non smette più di salire: mulattiere accidentate, esplorazioni al di fuori dei sentieri, impegnative scalate in corda doppia.

Per lui le cime sono come trampolini, si gode la rarefazione dei pensieri e dell’ossigeno quando arriva oltre ai 3.000, osserva la scomparsa del paesaggio artificiale, sostituito dalle doline, dagli abeti che nessuno ha circoscritto in un’aiuola. Grazie ai suoi studi è in grado di apprezzare pure i sassi, che per gli altri sono solo un intralcio del sentiero: ne distingue l’era geologica, la colorazione, mette in tasca quelli con venature interessanti.

L’alpinista Piergiorgio Frassati, una mattina del 1925, scopre di stare ai piedi del sentiero più impegnativo che gli sia mai capitato di affrontare: diagnosi di poliomielite fulminante, presa a causa del contatto con i poveri.

Mal di testa, dolori ai denti, poi paralisi parziali, anche alle gambe. Una settimana di calvario e si ritrova sulla cima. Dal cielo vede la folla radunata per il suo commovente funerale e i familiari disperati, incapaci ancora una volta di capire quale fosse il suo obiettivo. Basterebbe uno sguardo a quei vecchi scarponi, per andarci vicino.

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

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