N. 37 - 2017 10 settembre 2017
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San Pietro al Monte

La basilica gioiello delle Alpi

Un luogo straordinario di arte e fede con oltre mille anni di storia curato con amore da un gruppo di volontari. Si raggiunge solo a piedi lungo i sentieri del Cornizzolo affacciati sui laghi prealpini della Brianza

L’oratorio di San Benedetto visto dall’atrio della chiesa di San Pietro

Calzature adatte, i passi risuonano sulla mulattiera che si inerpica nel bosco lasciando a tratti al viandante la possibilità di posare lo sguardo sui monti circostanti. Dopo un’ora la salita termina e un arco in pietra permette l’ingresso nell’area del monastero. E al visitatore non resta che lo stupore dinanzi al piccolo oratorio di San Benedetto e alla chiesa di San Pietro.

Il complesso di San Pietro al Monte si trova a circa 650 metri di quota a Civate, in provincia di Lecco. Incastonato sulle pendici del monte Cornizzolo, affacciato sulla Brianza e rivolto alle Prealpi, è un preziosissimo scrigno di arte e di fede. L’essenzialità dell’architettura, la ricchezza degli affreschi e degli stucchi, l’ambiente naturale in cui è inserito, rendono San Pietro al Monte una meta sempre ricercata da studiosi, appassionati, turisti, pellegrini e visitatori che giungono da ogni parte del mondo.

Le origini del monastero si perdono nella leggenda che narra di Adelchi, figlio di re Desiderio, rimasto cieco e guarito da un eremita che viveva in un piccolo oratorio su questo monte. A ricordo del fatto e per ringraziamento, fu edificato conseguentemente il monastero benedettino di San Pietro. Al di là del racconto, il complesso abbaziale è con ogni probabilità di origine longobarda e quindi vanta ben più 1.200 anni di storia. Un documento della metà del IX secolo riporta che nel monastero di Civate risiedevano 35 monaci. Sino al XII secolo il complesso visse i momenti di massimo splendore ai quali seguì un lento declino. A fine del Trecento, purtroppo, solamente due monaci vi abitavano; in seguito gli abati furono commendatari, non risiedendo più nel monastero; col passare dei secoli nessun religioso volle più stare in questo luogo solitario. Giunsero infine le soppressioni napoleoniche a decretare l’abbandono di San Pietro al Monte. La chiesa era aperta, ma in pessime condizioni. Il vicino oratorio di San Benedetto fu persino utilizzato come fienile.

LA RINASCITA
Agli storici e agli studiosi di architettura e di arte, però, non sfuggiva l’importanza del complesso monumentale. Negli anni Venti del secolo scorso incominciò il recupero di San Pietro, grazie prima a monsignor Giuseppe Polvara e poi a don Vincenzo Gatti. Oggi un nutrito gruppo di volontari – gli “Amici di San Pietro al Monte” – legati dalla passione per questo luogo e cementati da quella che il loro presidente, Serafino Castagna, definisce «l’amicizia della fatica», si adopera costantemente per la manutenzione del luogo, l’accoglienza e il supporto ai pellegrini e ai numerosi visitatori.

Dopo aver camminato per circa un’ora sulla mulattiera, il visitatore entra nel recinto sacro. Il primo edificio che si incontra è il tempietto di San Benedetto, a pianta centrale, con tre absidi semicircolari e un piccolo corpo a pianta rettangolare. In conci ben squadrati, all’esterno presenta la caratteristica decorazione romanica ad archetti pensili. L’interno, forse un tempo completamente decorato, oggi è spoglio. Interessante l’altare con affreschi.

CATECHISMO PER IMMAGINI
Poco discosta è la chiesa di San Pietro, alla quale si accede salendo una scala che termina con un ambulacro. L’ingresso alla chiesa avviene oltrepassando un portale sormontato dal Cristo che consegna le chiavi a Pietro e il libro a Paolo: attraverso Cristo, quindi, si può essere salvati. Sin dall’ingresso è chiaro il profondo significato catechetico che rivestono le decorazioni di San Pietro. La chiesa ha pianta rettangolare con due absidi. Quella d’ingresso è sormontata da un nartece. Gli occhi si riempiono di meraviglia: all’ingresso del tempio, lo sguardo si alza e si ferma sugli affreschi che descrivono la Gerusalemme celeste e altri temi dal profondo significato.

L’opera che maggiormente colpisce è la Vittoria sul drago, sulla parete di fondo soprastante l’ingresso. Al centro della composizione è il Cristo nella mandorla. Al di sotto è raffigurata la spaventosa figura del drago a sette teste che, come narra l’Apocalisse, cerca di mangiare il bambino appena partorito da una donna distesa, sulla sinistra della composizione. Intanto però, sotto la guida di san Michele, gli angeli infilzano il drago e due diavoli si intravvedono precipitare verso l’abisso. Il bambino è tratto in salvo e portato al Cristo. L’affresco è solenne e splendido, nei colori e nelle forme.

Nel presbiterio spicca il ciborio, il baldacchino che sovrasta la mensa dell’altare, con decorazioni in stucco sulle quattro fronti cuspidate. Vi si ammira una Crocifissione, con Gesù vivo e trionfante, la Consegna delle chiavi a san Pietro e del libro a san Paolo, la Risurrezione e l’Ascensione. La visita prosegue nella cripta, locale diviso in tre navate, che conserva alcune decorazioni a stucco. L’apparato decorativo può essere datato tra l’XI e il XII secolo.

NATURA SELVAGGIA
«La bellezza di San Pietro», commenta Serafino Castagna, «è anche data dall’ambiente naturale circostante che, come volontari, cerchiamo di mantenere costantemente pulito e ordinato. La nostra associazione conta una cinquantina di persone ed è stata fondata nel 1975 da don Gatti. Ci occupiamo della manutenzione, visite e, cosa importante, dell’offrire sostegno ai pellegrini che arrivano qui dopo aver camminato e faticato. Qui si respira il senso del sacro e siamo felice di offrire la nostra umile opera per continuare a valorizzare San Pietro al Monte».

LA CHIESA SALVATA DAI RESTAURI DELLA “BEATO ANGELICO”
La storia recente di San Pietro al Monte è legata alle figure di monsignor Giuseppe Polvara (1884-1950) e don Vincenzo Gatti, sacerdoti che hanno contribuito al restauro e alla salvaguardia del sito. In particolare don Gatti ha coagulato intorno a sé, nel 1975, un buon numero di volontari, dando vita all’associazione “Amici di San Pietro al Monte”. Don Gatti apparteneva alla famiglia religiosa del Beato Angelico che unisce alla vocazione religiosa la cura e la passione per l’arte. Don Gatti ha sposato la causa di San Pietro, salendo al monte per sovrintendere alle diverse opere che continuamente sono portate avanti e per mantenere e studiare approfonditamente questi monumenti, mettendo a servizio di tutti le proprie capacità e conoscenze. Spentosi a Civate il 27 dicembre del 2015, è tumulato nel prato dell’abbazia.

ORGANIZZARE LA VISITA
San Pietro al Monte è ubicato nel comune di Civate (Lecco) sulle pendici del monte Cornizzolo. Si raggiunge solamente a piedi attraverso sentieri (consigliato quello che parte dalla frazione Pozzo e che, in un’ora, conduce alla meta). Per giungere a Civate in auto da Milano percorrere la superstrada Milano-Lecco (uscita Civate). In treno, linea Milano-Lecco (www.trenitalia.it), scendere alla stazione di Lecco e proseguire con il bus C40 (www.leccotrasporti.it).

ORARI E CONTATTI
Il complesso è aperto tutte le domeniche e i giorni festivi (ore 10/12 – 13.30/16) con possibilità di visite guidate gratuite a cura dell’associazione Amici di San Pietro. La prima domenica del mese alle 10.30 si celebra la Messa. Da marzo a ottobre, apertura anche il sabato (ore 10/12 – 13/15); altre aperture su prenotazione. I gruppi devono sempre prenotare la visita. Per informazioni e prenotazioni: www.amicidisanpietro.it, info@amicidisanpietro.it, Tel. 346/30.66.590.

Testo di Barbara Garavaglia · Foto di Giovanni Panizza

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