N. 38 - 2015 20 settembre 2015
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Nozze: il processo di nullità diventa breve

Papa Francesco cambia le norme del processo canonico per riconoscere i casi in cui il Matrimonio è nullo. Ora i vescovi avranno un ruolo più rilevante nel giudicare le situazioni e il procedimento giuridico si snellisce.

Il 15 agosto, l’8 settembre e l’8 dicembre. Anche le date sottolineano come Francesco abbia voluto affidare a Maria il motu proprio che renderà più celere il processo di nullità dei matrimoni religiosi. Il giorno dell’Assunta il Papa ha firmato il documento, in quello della Natività della Vergine è stato reso noto e all’Immacolata entrerà in vigore.

Il provvedimento che i vescovi di tutto il mondo avevano già chiesto nel Sinodo del 2005 e poi nell’Assemblea straordinaria dello scorso ottobre è stato prodotto in un anno di lavoro da una commissione formata da esperti di diritto canonico e da un teologo, il segretario della Congregazione per la dottrina della fede, nominati direttamente dal Papa.

Approvato all’unanimità e poi sottoposto dallo stesso Francesco a quattro “grandi” esperti (i cui nomi restano segreti), che lo hanno approvato nella sostanza e nella forma, il processo di nullità nel rito latino e in quello orientale «cambia dopo quasi tre secoli», ha spiegato nella conferenza stampa il decano della Rota romana, monsignor Pio Vito Pinto.

«Nella storia, a cominciare dal 1700, tre sono i Papi che hanno riformato il processo matrimoniale in maniera determinante: Benedetto XIV, san Pio X e Francesco. Ma il processo matrimoniale – anche attraverso la grande riforma di Pio X all’inizio del Novecento –, è rimasto quasi identico da tre secoli sino ai nostri giorni».

IL CUORE DELLA RIFORMA

I 21 canoni (articoli del Codice, ndr) che cambiano hanno un cuore radicato nel concilio Vaticano II. «La riforma ha una duplice anima», ha detto monsignor Pinto: «La centralità del vescovo diocesano come giudice; e la disponibilità onesta nella mente e nel cuore a porre al centro i poveri. Fra questi poveri Francesco intende servire il gran numero di fedeli divorziati e risposati».

QUALI SONO I REQUISITI PER LA VALIDITÀ DI UN MATRIMONIO FRA CATTOLICI?

«In primo luogo un requisito negativo, l’assenza d’impedimenti dirimenti, quelli che rendono nullo il matrimonio. In secondo luogo un requisito formale, l’osservanza della forma canonica. In terzo luogo il requisito più importante, il libero consenso dei nubendi (gli sposi ndr), senza il quale il matrimonio è impossibile»: questi i tre criteri indicati da monsignor Luis Francisco Ladaria Ferrer, segretario della Dottrina della fede. Gli sposi devono credere nell’insegnamento della Chiesa, secondo la quale il matrimonio è uno, indissolubile, si possono unire in matrimonio soltanto un uomo e una donna ed è impossibile una nuova unione matrimoniale durante la vita dei due coniugi.

CHE COS’È IL PROCESSO DI DICHIARAZIONE DI NULLITÀ?

Il processo di nullità del matrimonio consiste nel vedere se in un certo matrimonio esista qualcuno dei motivi che lo renda nullo. «Si tratta di constatare, non di inventare l’eventuale esistenza di qualche motivo di nullità. I motivi che determinano la nullità sono molteplici, basti ricordarne uno, peraltro spesso ricorrente: quello della esclusione della indissolubilità», ha spiegato il cardinale Francesco Coccopalmerio, canonista. In pratica, se ci si sposa già mettendo in conto una futura separazione, il matrimonio può essere nullo.

QUALI SONO I MOTIVI DI NULLITÀ?

Nel testo del Motu proprio si dice che tra le circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio si annoverano: «Quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici, eccetera».

LA CENTRALITÀ DEL VESCOVO DIOCESANO

Francesco chiede che i vescovi, come avveniva nei primi secoli della Chiesa, tornino a testimoniare il cuore del loro ministero: essere padri, maestri e giudici. «Oltre i tribunali regionali, interdiocesani e sinodali, secondo le diverse modalità della Chiesa, tenendo conto del bene dei fedeli, e la convenienza della vicinanza dei rimedi pastorali ai fedeli feriti, si abilitano i vescovi diocesani ad avere i propri tribunali diocesani e, se fosse il caso, anche di decidere che in questo tribunale, nell’impossibilità di avere il tribunale collegiale (presieduto sempre da un prete), ci sia il giudice unico, sempre prete», sintetizza monsignor Alejandro W. Bunge.

Il canone 1671, spiega il cardinale Coccopalmerio, presuppone la dottrina secondo la quale «il vescovo diocesano è giudice nella sua Chiesa particolare e quindi afferma che il tribunale può essere costituito dal solo vescovo diocesano. Ma il vescovo non è l’unico giudice nella sua Chiesa particolare e può costituire un tribunale che possa giudicare in sua vece o accedere a un tribunale più vicino».

UNA SOLA SENTENZA

Attualmente un processo che ora dovrebbe durare un anno in prima istanza e sei mesi in seconda, in realtà, «ha una durata che va dai cinque ai dieci anni», ha affermato monsignor Bunge rispondendo alle domande dei giornalisti. Per accelerare la durata dei processi si passa a una sola sentenza in favore della nullità. Vale a dire che, trascorsi i termini stabiliti, la sentenza che per la prima volta ha dichiarato la nullità del matrimonio diventa esecutiva.

Pertanto non è più obbligatorio appellare automaticamente a un secondo grado. C’è sempre la possibilità di fare appello, ma «se l’appello risulta manifestamente dilatorio (cioè finalizzato solo ad allungare i tempi, ndr) il tribunale collegiale conferma con proprio decreto la sentenza di prima istanza».

IL PROCESSO BREVE

Un’altra innovazione rilevante, sempre nell’ottica di velocizzare i processi di nullità di matrimonio, consite nel processus brevior con il vescovo diocesano giudice unico. Per potervi accedere, sintetizza Coccopalmerio, la causa di nullità deve essere introdotta da entrambe le parti, le quali pertanto devono essere entrambe convinte nella nullità del matrimonio; le prove testimoniali o documentali devono essere evidenti e rendere manifesta la nullità.

Il processo breve deve essere celebrato entro trenta giorni a partire dal momento della convocazione di tutti i partecipanti, a cui si aggiungono altri quindici per ulteriori osservazioni; la sentenza è emanata dallo stesso vescovo se raggiunge la certezza morale circa la nullità del matrimonio, oppure da lui la causa in esame viene rimessa a processo ordinario; un appello contro la sentenza è comunque previsto, però – anche qui – non deve essere un appello meramente dilatorio.

COME FARÀ IL VESCOVO A OCCUPARSI ANCHE DEI PROCESSI?

La risposta, dice monsignor Bunge, è duplice: «In una regione non si avrebbero solo i Tribunali regionali o interdiocesani, ma il vescovo in ogni diocesi in casi ovviamente semplici; secondo, il vescovo sarà assistito dal personale del suo Tribunale. La formazione permanente aiuterà a far sì che ogni vescovo, avendo il proprio Tribunale per queste cause di nullità matrimoniale, riscopra il ministero a lui proprio, confidatogli nell’ordinazione sacra, di Giudice dei suoi fedeli».

CAMBIANO I COSTI?

Il Papa lo chiede espressamente nel motu proprio: “Salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operatori dei tribunali”, le Conferenze episcopali curino “che venga assicurata la gratuità delle procedure”. «Perché», scrive il Papa, «la Chiesa, mostrandosi ai fedeli madre generosa, in una materia così strettamente legata alla salvezza delle anime, manifesti l’amore gratuito di Cristo dal quale tutti siamo stati salvati». Di fatto, ha spiegato il decano della Rota romana, esistono ancora dei costi per il servizio dei processi, basti pensare agli avvocati coinvolti a vari livelli. La totale gratuità sarà dunque un processo graduale. «L’idea», dice Pinto, «è andare verso la costituzione di un fondo di solidarietà per sostenere le spese legali».

LE NUOVE NORME SONO RETROATTIVE?

Il nuovo processo parte dall’8 dicembre e non è retroattivo. Per i processi ancora in corso in quella data varrà la regola della sentenza unica.

Testo di Vittoria Prisciandaro

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