N. 38 - 2016 18 settembre 2016
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Andrea Riccardi

Andrea Riccardi: con il papa chiediamo il dono della pace

Il fondatore della comunità di Sant’Egidio racconta come nacque con Giovanni Paolo II l’incontro di preghiera di Assisi che da trent’anni unisce uomini e religioni

Andrea Riccardi ad Anversa nel 2014.

Andrea Riccardi è il fondatore della Comunità di Sant’Egidio e storico della Chiesa. A 18 anni, insieme ad alcuni coetanei, sceglie di “leggere” la città a partire dalla periferia romana: «Significa che l’autobus non lo prendevi per andare in centro, ma nell’altro senso». Quello stesso sguardo, che vuole cambiare la storia con il Vangelo in mano, lo porta ad essere il motore di trattative di pace e incontri tra leader internazionali. Quando nel 1986 Giovanni Paolo II volle il primo incontro interreligioso di preghiera per la pace, anche Riccardi era ad Assisi.

«Ricordo la grande partecipazione della gente, la semplicità dei gesti di amicizia tra i capi religiosi, che camminavano l’uno accanto all’altro nei vicoli di Assisi. Ma anche il volto sorridente e concentrato di Giovanni Paolo II, che aveva convocato quella preghiera tra lo stupore generale, nella convinzione che le religioni erano una grande risorsa di pace in un’epoca ancora segnata dalla minaccia della Guerra fredda e del conflitto atomico. Anni dopo, alla caduta del Muro di Berlino, Giovanni Paolo II mi disse: “Ad Assisi non abbiamo pregato invano”».

Come nacque la scelta di raccogliere l’eredità di Assisi organizzando in tante città del mondo l’incontro “Uomini e religioni”?

«Giovanni Paolo II disse che la pace era “un cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, ai sapienti e agli strateghi”. E alla fine lanciò un appello: “Continuiamo a diffondere il messaggio della pace e a vivere lo spirito di Assisi”. A Sant’Egidio sentimmo che lavorare per la pace tra i credenti di diverse religioni era come una nuova vocazione. Certo, dopo Assisi ’86 molti ritenevano che l’incontro tra le grandi religioni mondiali dovesse restare un unicum, un evento irripetibile. Non era l’idea di Giovanni Paolo II, che subito ci incoraggiò a continuare lo “spirito di Assisi” e, di anno in anno, non ha mai fatto mancare un suo messaggio personale di sostegno ai nostri incontri».

La Comunità inizia nel 1968 con un doposcuola – che ora si chiama Scuola della pace – per i bambini baraccati di Roma. Come si collega quella scelta di un gruppo di liceali con il dialogo tra leader internazionali?

«Quando nel 1992 raggiungemmo l’accordo per la pace in Mozambico, una giornalista del Washington Post mi chiese quando Sant’Egidio aveva abbandonato il lavoro nelle periferie con i bambini e gli anziani per la diplomazia… Risposi che la solidarietà coi poveri andava avanti e che l’impegno internazionale ne rappresentava una prosecuzione. Non c’è contraddizione tra le due cose, perché la guerra è la madre di tutte le povertà, rende tutti poveri».

Da cristiano si può crescere nella fede imparando da altri uomini di fede?

«Dobbiamo sempre imparare dagli altri. Non posso dimenticare le parole del rabbino capo di Israele, Meir Lau, sopravvissuto alla Shoah, al termine del pellegrinaggio silenzioso dei capi religiosi lungo i binari di Birkenau nel 2009, proprio durante un incontro nello “spirito di Assisi”. Disse: “Sono un credente, credo nel Signore onnipotente. A 8 anni sono stato liberato dal campo di Buchenwald. Qual è la mia vendetta? Vivi e lascia vivere! Vivete insieme, in amicizia, in amore, in pace”».

Una chiave del dialogo è costruire amicizia…

«Agli incontri “Uomini e religioni” si è creata una sorta di famiglia, un gruppo di persone affezionate, che non mancano mai. Per un leader religioso – sia esso un cardinale, un rabbino o un imam – uscire dal suo Paese, incontrare gli altri, interessarsi a differenti situazioni, significa in parte uscire dalla trappola del nazionalismo e di una visione “etnica” della propria religione, per fare un’esperienza significativa di universalità. “Non sono soltanto io a soffrire”, “La mia religione non si identifica con il mondo”, sono le espressioni semplici e sincere di alcuni leader religiosi che ho raccolto in trent’anni di “Uomini e religioni”. E da questi stessi incontri sono nate alcune iniziative di pace in Africa e altrove».

Ad Assisi era presente Mar Gregorios Ibrahim: che ricordo ha di lui?

«Sant’Egidio ha sempre vissuto un’importante amicizia con le comunità cristiane d’Oriente. In Europa avvertiamo poco il debito che abbiamo nei confronti di queste Chiese, ora esangui e sottoposte a pressioni e violenze di ogni tipo. Ricordo Mar Gregorios ad Assisi, giovane vescovo della Chiesa siro-ortodossa. Dal 1986 non è mai mancato agli incontri di Sant’Egidio fino al suo rapimento. Di lui purtroppo da oltre tre anni non si hanno più notizie, ma lo ricordiamo nella nostra preghiera ogni sera insieme con un altro amico che è stato rapito in Siria e che frequentava i nostri incontri nello “spirito di Assisi”, il vescovo greco-ortodosso Paul Yazigi. Mar Gregorios mi parlava della storia di sofferenza e martirio della sua Chiesa, ma anche della tradizione del convivere con l’islam e di Aleppo, la città che di questa convivenza violata e distrutta resta un simbolo eloquente».

C’è anche chi critica il dialogo interreligioso, accusandolo di ipocrisia…

«Gli incontri “Uomini e religioni” non sono convegni di specialisti del dialogo, dove va in scena un politically correct lontano dai problemi e dalla storia. L’idea di Assisi è: non più gli uni contro gli altri, ma gli uni accanto agli altri. In un mondo come il nostro, segnato da guerre e terrorismo, ai credenti delle diverse religioni lo “spirito di Assisi” suggerisce che solo la pace è santa e che la guerra nel nome della religione è in realtà una guerra contro la religione».

Il 20 settembre Francesco sarà ad Assisi.

«Il Papa ha scelto di partecipare all’incontro, trascorrendo l’intera giornata assieme ai leader delle altre Chiese e confessioni cristiane, ad autorevoli esponenti dell’islam, dell’ebraismo e delle religioni asiatiche. Francesco rilancia dunque il dialogo tra le religioni come risorsa di pace in un mondo attraversato da quella che ha definito più volte una “terza guerra mondiale a pezzi”. Il mondo ha “sete di pace”, come abbiamo intitolato l’incontro di quest’anno, e dalla preghiera dei credenti nelle diverse religioni si possono sprigionare nuove energie di pace».

L’anno scorso “Uomini e religioni” si è svolto a Tirana e la solidarietà ai profughi è stata un tema ricorrente. Quali saranno i temi al centro di questa edizione?

«Nelle tradizioni religiose è scritto il valore dell’aiuto ai poveri, agli stranieri, ai malati. L’accoglienza ai profughi ha unito in Europa credenti di diverse religioni. Penso alla felice collaborazione tra Sant’Egidio e la Comunità ebraica di Milano, che ha messo a disposizione i locali del Memoriale della Shoah per l’accoglienza ai rifugiati in transito (Credere lo ha raccontato sul numero del 14 agosto, ndr). Ma non posso non citare i corridoi umanitari, nati dall’amicizia ecumenica tra la Comunità di Sant’Egidio e la Chiesa valdese. Diversi saranno i temi in agenda ad Assisi: l’Europa, l’Africa, il Medio Oriente, l’islam, l’ecologia, il ruolo dei credenti per arginare la violenza e il terrorismo».

30 ANNI FA 
La foto del 27 ottobre 1986, che ritrae Giovanni Paolo II con i leader religiosi nei loro abiti variopinti, è una delle immagini più note del Novecento. 63 tra ebrei, musulmani, induisti, buddisti, animisti, sikh, riuniti con cattolici, ortodossi e protestanti, avevano accolto l’invito del Papa per una Giornata mondiale di preghiera per la pace, come occasione per sottrarre le religioni alla strumentalizzazione delle passioni bellicose. Fu un’interpretazione creativa del dialogo che scandalizzò molti. Da allora la Comunità di Sant’Egidio organizza ogni anno gli incontri “Uomini e religioni”, riunendo, in diverse città, capi religiosi ed esponenti del mondo politico e culturale internazionale. A 30 anni di distanza, dal 18 al 20 settembre si torna ad Assisi. Sarà presente, per la terza volta nella città di san Francesco, anche il Papa. Incontrerà il patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo, l’arcivescovo di Canterbury Welby, il patriarca siro-ortodosso Efrem II, il capo del buddismo Tendai, rappresentanti musulmani (il rettore di Al-Azhar) e dell’ebraismo.

LA GIORNATA DI FRANCESCO
Il 20 settembre papa Francesco arriverà ad Assisi alle 11. Nel Sacro convento di San Francesco incontrerà i rappresentanti delle Chiese e delle religioni e pranzerà con loro. Alle 16 (in luoghi diversi per ciascuna religione) si pregherà per la pace. La preghiera ecumenica dei cristiani sarà nella Basilica di San Francesco. Alle 17.15, sulla piazza, conclusioni con i leader di tutte le religioni e discorso di Francesco. Alle 19 il Papa rientra a Roma.

Testo di Stefano Pasta

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