La felicità si trova quando si ascolta la parola e la si mette in pratica
Questa domenica celebriamo insieme la Domenica della Parola, voluta da papa Francesco. per imparare a vivere ogni giorno…
Grazie ai migranti possiamo convertirci
Venticinque anni fa ha fondato il Centro Balducci: da allora il sacerdote accompagna famiglie straniere nel cammino d’integrazione.…
Le Sacre Scritture come un murale
Con il progetto Una Bibbia a cielo aperto le vie di un paese friulano si sono ricoperte di opere d’arte che narrano episodi…
Il borgo rinato grazie all’accoglienza
Un paesino in Campania ospita famiglie di rifugiati in collaborazione con la Caritas. Un modello di integrazione ora oggetto…
Fede e cultura al servizio della città
La basilica bolognese conserva le spoglie del fondatore dei frati Predicatori e ancora oggi i Domenicani vi animano un importante…
Ecco di cosa è capace l’educazione
Imparare è rimuovere, più che ricordare: mandare in frantumi il cannocchiale stretto del sapere ereditato
Petruro Arpino
Il borgo rinato grazie all’accoglienza
Un paesino in Campania ospita famiglie di rifugiati in collaborazione con la Caritas. Un modello di integrazione ora oggetto di studio e ricerca
È il terzo Comune più piccolo d’Italia per numero di abitanti, eppure a Petruro Irpino ogni angolo, vicolo, scorcio risuona di vita, di chiacchiere e di chiasso. Poco meno di trecento anime che hanno messo da parte la paura e, ricordando il passato di emigrazione della propria comunità, hanno scelto di credere nel futuro aprendosi all’accoglienza.
Nel piccolo borgo — tanti anziani, pochi bambini e diversi giovani di buona volontà che hanno pensato di restare in Irpinia costruendosi un’opportunità — è nato uno Sprar (Sistema di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo) molto particolare, dedicato alle famiglie. Nel minuscolo Comune irpino vengono accolti nuclei familiari o donne sole con bambini oppure padri con bambini. Spiega il sindaco, Giuseppe Lombardi: «Abbiamo scelto di accogliere le famiglie perché ci è sembrato il modo migliore per cominciare a costruire l’integrazione arginando eventuali diffidenze; le famiglie hanno un impatto diverso su una popolazione prevalentemente anziana, danno maggiore tranquillità. Fino a questo momento i miei concittadini stanno rispondendo in maniera esemplare».
«Un nuovo modello di integrazione è possibile», continua il sindaco, «a patto però che ci siano rispetto per le regole e trasparenza da parte dei soggetti che si candidano ad accogliere, per evitare speculazioni sulla pelle di persone». Poi ci svela la ricetta: «Sono necessari l’impegno delle persone, la buona volontà, la sensibilità per comprendere i problemi degli altri, ma soprattutto uno spirito cristiano di partenza. Senza la fede, senza l’aiuto del Signore e l’esempio della Chiesa, si può fare ben poco. Noi abbiamo il dovere di aiutare chi è in difficoltà».
TUTTA LA COMUNITÀ È COINVOLTA
Tutti a Petruro, dal medico al panettiere, sono impegnati nell’accoglienza. Le donne più anziane hanno riscoperto nuova vitalità nel ruolo di baby sitter per i piccoli rifugiati e nell’aiuto alle giovani famiglie ospiti. La sera, grazie a “zio” Ubaldo, uno degli anziani del paese e anima della comunità, sono frequenti lunghe tavolate per cenare insieme e alimentare conoscenza e amicizia. I pochi bambini del paese hanno “adottato” come fratellini e sorelline i piccoli rifugiati, i ragazzi del posto hanno scelto come nuovi amici gli ospiti dello Sprar, coinvolgendoli nelle attività ricreative, il sindaco e i consiglieri comunali vigilano sul buon andamento dell’accoglienza.
«Ci sono anche difficoltà», interviene Marco Milano, responsabile dello Sprar insieme alla cooperativa sociale Il Melograno, che opera per conto della Caritas di Benevento, pioniera circa i nuovi modelli di accoglienza e integrazione. Continua Milano: «Non è semplice far comprendere le nostre regole di vita ai ragazzi né le buone pratiche di educazione civica, come ad esempio la raccolta differenziata. Ma con pazienza, tenendo presente che queste persone hanno alle spalle un passato doloroso e difficile e che è dovere di noi cristiani accogliere chi è in difficoltà, si riescono a ottenere buoni risultati. Quando si parla di accoglienza dei migranti e dei rifugiati si considerano sempre e soltanto i lati negativi; secondo noi di Caritas tutto sta in come si imposta l’accoglienza: se i ragazzi vengono ammassati e abbandonati a se stessi nelle periferie, inevitabilmente emergeranno solo gli aspetti negativi. I 220 abitanti di Petruro sono ormai abituati alla presenza dei rifugiati e hanno compreso che queste persone sono una risorsa per il futuro della comunità».
UN BORGO CHE RIVIVE
Il programma gestito dalla Caritas beneventana ha impiegato ragazzi di Petruro. «Accogliere una famiglia è rivivere l’esperienza di Betlemme», commenta don Nicola De Blasio, direttore della Caritas di Benevento. «Maria e Giuseppe con il loro bambino venivano buttati fuori da tutti e hanno trovato rifugio in una grotta. Queste famiglie sono state rifiutate da tanti e sono scappate dalla loro terra, con un fardello doloroso da portare con sé. Adesso, finalmente hanno trovato la loro grotta qui a Petruro».
Camminando per i vicoli del borgo per visitare gli alloggi destinati ai rifugiati, all’interno di piccole abitazioni chiuse da tempo e che oggi profumano di vita vissuta, incontriamo Alina e Omar, giovani coniugi: nigeriana e cristiana lei, ghanese e musulmano lui, con la piccola Mariella, cinque mesi di vivacità e simpatia, che sorride al nostro fotografo e si mette in posa da piccola diva. Conosciamo poi Precious, nigeriana, con Victory, il principino della comunità di Petruro, che per lui un anno fa ha organizzato una grande festa di Battesimo.
Monsignor Felice Accrocca, vescovo di Benevento, spiega: «La pace passa dalla valorizzazione delle differenze». La Caritas beneventana, partendo dall’esperienza di Petruro e considerando il riscontro positivo degli altri Sprar di sua competenza, si è fatta promotrice del “Manifesto per una rete dei piccoli Comuni Welcome”, che sta diventando oggetto di studio e di ricerca scientifica. Spiegano da Caritas: «Il manifesto nasce da un’idea semplice. Dall’osservazione della realtà abbiamo capito che la singola azione di welfare e di assistenza non poteva bastare. Con il Manifesto abbiamo lanciato un appello ai Comuni per creare una rete di persone e istituzioni per un’accoglienza strutturata e condivisa dagli abitanti del territorio, che crei legami all’interno delle comunità. Ad oggi, hanno aderito 14 Comuni».
Testo di Flavia Squarcio. Foto di Francesco Fiorellini