Credere n. 4 - 26/01/2014
Una mistica nell’inferno di Auschwitz
La storia della giovane ebrea che dopo una vita dissipata trova Dio dove tutti l'avevano smarrito: nella Shoah.
Torna la voglia di confessarsi
Aumenta il numero delle persone che si accostano al sacramento e si parla di “effetto Bergoglioâ€. I fedeli confidano:…
La memoria del Papa buono
Loris Capovilla a 98 anni diventa cardinale per decisione di Francesco. Storico segretario di Giovanni XXIII, continua a…
L’apostolo che lottò contro tutte le lebbre
Assieme alla moglie Madeleine, girò il mondo per combattere la terribile malattia. Sapiente comunicatore, bussò alle porte…
La reginella santa innamorata di Gesù
Beatificata il 25 gennaio la regina delle Due Sicilie. Un genio della carità che ha impressionato papa Francesco...
La Fòcara per la grazia di Sant’Antonio
A Porto Cesareo, nel Salento, il voto di una mamma per il ritorno del figlio dalla guerra è diventato una devozione di popolo…
«È l’ora dell’Asia»
Parla l’arcivescovo di Manila, uno dei più giovani porporati al mondo, nei giorni scorsi relatore al prestigioso Forum…
Novena a San Giovanni Bosco
Nato in Piemonte nel 1815, si dedicò anima e corpo alla formazione dei più giovani. Fra le sue principali intuizioni pastorali…
Etty Hillesum
Una mistica nell’inferno di Auschwitz
La storia della giovane ebrea che dopo una vita dissipata trova Dio dove tutti l'avevano smarrito: nella Shoah.
Â
Non ha importanza se ci si trova dentro o fuori il campo, quando si ha una vita interiore (12 marzo 1942). Foto EPA/CORBIS.
Appena due giorni dopo aver annunciato la rinuncia al ministero petrino, Benedetto XVI indicava al mondo la figura di una giovane olandese di origine ebraica uccisa ad Auschwitz. Inizialmente lontana da Dio, lo avrebbe scoperto scavando in profondità dentro se stessa, tra pietre e sabbia, fino a dissotterrare il pozzo nel quale attingere Dio. Questa ragazza «fragile e insoddisfatta», dalla vita «dispersa e inquieta», era riuscita a incontrare Dio proprio là dove tanti lo avevano irrimediabilmente smarrito: nel cuore nero della Shoah. Trasfigurata dalla fede, concludeva Benedetto XVI, diventò «donna piena di amore e di pace interiore, capace di affermare: Vivo costantemente in intimità con Dio». Non più “ragazzaâ€, ma donna, donna piena di Dio. Si chiamava Etty Hillesum.
Nata nei Paesi Bassi esattamente 100 anni fa, figlia di genitori ebrei, Esther Hillesum – per tutti Etty – ha conquistato rapidamente la fama di “santa laicaâ€, nonostante il suo Diario sia stato pubblicato soltanto nel 1981, dopo il rifiuto di vari editori. Santa? Certamente non un santino. Intelligente e passionale, a 19 anni si trasferisce ad Amsterdam per studiare legge. Vive con disinvoltura la voglia di avventure e la curiosità erotica, buttandosi in molteplici relazioni, spesso temporanee, «un aggrapparsi disperatamente» che – riconoscerà in seguito – «mi hanno straziata di dentro e mi hanno resa terribilmente infelice». Tra i suoi amanti conserva l’amicizia con Klaas Smelik, lo scrittore trotzkista che curerà in seguito la pubblicazione dei suoi scritti. Convive per vari anni con il suo padrone di casa, Hendrik Wegerif, vedovo sessantaduenne, cristiano e padre di quattro figli. Affronta senza troppe scrupoli un aborto. La relazione più seria è con Julius Philipp Spier, anch’egli ebreo, allievo di Carl Gustav Jung e inventore della psicochirologia, la scienza che si propone di studiare la persona attraverso le linee delle mani. È Spier a metterle tra le mani il Vangelo e, pare, a suggerirle di tenere un Diario dove registrare i sommovimenti della sua vita interiore. Etty lo comincia l’8 marzo 1941. I nazisti hanno invaso l’Olanda già da un anno. Etty legge la Bibbia ogni giorno, dopo colazione. Comincia a desiderare l’amore per un solo uomo, un amore via via meno carnale e possessivo. Come una speleologa dell’anima, Etty scende dentro di sé, conquista ogni giorno nuova libertà e consapevolezza. Fino a quando lei stessa, razionalista e atea, si sorprende a inginocchiarsi. E a trovare pace profonda.
È il luglio 1942. Etty, a conoscenza del piano di sterminio nazista, invece che darsi alla clandestinità comincia a lavorare presso il campo per rifugiati di Westerbork, tramutato poi in “campo di smistamento della poliziaâ€. Vi transiteranno anche Anna Frank e santa Teresa Benedetta della Croce – Edith Stein – che Etty ha occasione di incrociare. Intanto continua a redigere il suo Diario. Vi è apparso il nome di un nuovo confidente: «Parlerò con te, mio Dio. Posso?». Sbocciano preghiere, dialoghi sempre più trasparenti, promesse. Pare un mutamento inarrestabile. «È veramente la mia vita? – annota Etty, incredula, il 27 marzo – Così piena, così ricca, così intensa?». A cambiare non sono certo le circostanze esteriori, che al contrario peggiorano; a fare la differenza è «la mia totale postura verso la vita, la mia sempre crescente intensità di vita interiore». Sempre di più le penetrano nel cuore le sofferenze dei tanti assistiti al campo. Non solo. Comprende come l’odio sia il vero nemico di tutti – perseguitati e persecutori – e se lo vieta. Decide di combattere il male dentro di sé piuttosto che negli altri, pur di non perdere il legame che la unisce a ogni essere umano, compresi i suoi nemici. Sarà questa stessa volontà a condurla al grande passo. Nel giugno 1943 la situazione precipita. «Voglio condividere il destino del mio popolo» spiega semplicemente a Smelik, che la scongiura di nascondersi alle retate e non fare pazzie. Il 7 settembre 1943 viene deportata in Polonia con tutta la sua famiglia. Morirà ad Auschwitz il 30 novembre. Lungo i binari viene ritrovata. È il suo ultimo messaggio, una cartolina lanciata dal treno che li sta conducendo allo sterminio. Ma è un arrivederci, non un addio. «Christine, apro a caso la Bibbia e trovo questo: “Il Signore è il mio baluardoâ€. [...] Abbiamo lasciato il campo cantando, papà e mamma molto forti e calmi, e così Mischa. Viaggeremo per tre giorni. [...] Arrivederci da noi quattro».
Foto BETTMANN / CORBIS
Â
Monache e frati. Gli amici di Etty
Etty trova molti amici tra i contemplativi. Il monaco benedettino MichaelDavide Semeraro – che le ha dedicato i due splendidi volumi Etty Hillesum: Dio matura (la meridiana, pp. 221, € 18) e Etty Hillesum: Umanità radicata in Dio (Paoline, pp. 144, € 13,50) – parla di lei come di un «patrimonio dell’umanità ». Per la carmelitana Cristiana Dobner, traduttrice senza reticenze delle Lettere e del Diario (Pagine mistiche, Ãncora, pp. 160, € 15), la modernità di Etty sta nella capacità di mantenere il dolore dentro di sé, nel non accontentarsi di diventare spettatrice e “cronista della violenza esterioreâ€, ma nella decisione di sconfiggerla attivamente a partire da se stessa.
«Nel mio percorso umano e di frate francescano – ci racconta invece fra Fabio Scarsato, direttore editoriale del Messaggero di sant’Antonio – sento di dover molto a questa ragazza. Mi ha testimoniato la capacità di affrontare quel pezzetto di storia nel quale ognuno di noi si trova scaraventato, anche quando questo può farti impazzire perché sembra senza senso. Insieme a Francesco, Etty mi è stata preziosa per restare fedele alla mia storia senza fughe in avanti». Ai suoi due “padri†spirituali, fra Scarsato ha dedicato il libro Francesco d’Assisi e Etty Hillesum (EMP, pp. 160, € 14). Cosa accomuna queste due figure? «Credo sia la riscoperta di un Dio che è nostro compagno di strada, che non dobbiamo cercare in chissà quale esperienza, ma che è dentro di noi ovunque siamo in un senso veramente “natalizio†e carnale. Papa Francesco ci richiama continuamente alla tenerezza verso i poveri, non per una scelta ideologica, ma perché è la scelta di Dio: Dio è povero, Dio abita nella nostra povertà ».
Â
Â
Â
Foto BETTMANN / CORBIS
Â
Dal Diario
15 marzo 1941 - È un problema attuale: il grande odio per i tedeschi che ci avvelena l’animo. Espressioni come: “che anneghino tutti, quella feccia, che muoiano col gas†fanno ormai parte della nostra conversazione quotidiana; a volte fanno sì che uno non se la senta più di vivere, di questi tempi. Ed ecco che improvvisamente, qualche settimana fa, è spuntato il pensiero liberatore simile a un esitante e giovanissimo stelo in un deserto d’erbacce: se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest’unico tedesco meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero. [...] È proprio l’unica possibilità che abbiamo, Klaas, non vedo altre alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri. E convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancor più inospitale. Questo non significa che uno sia indulgente nei confronti di determinate tendenze, si deve ben prendere posizione, sdegnarsi per certe cose in certi momenti, provare a capire, ma quell’odio indifferenziato è la cosa peggiore che ci sia.
24 novembre 1941 – Guarda, Dio, faccio del mio meglio. Non mi sottrarrò alla vita. Non starò distesa qui e tenterò di sviluppare ogni talento che posso. Non sarò una sabotatrice.
23 settembre 1942 - E Klaas, vecchio e arrabbiato militante di classe, ha replicato sorpreso e sconcertato insieme: Sì, ma... ma questo sarebbe di nuovo cristianesimo! E io, divertita da tanto smarrimento, ho risposto con molta flemma: certo, cristianesimo, e perché poi no?
29 giugno 1942 - Dio non è colpevole del male privo di senso che ci causiamo gli uni gli altri, siamo noi i colpevoli. Ho già sofferto mille morti, in mille campi di concentramento, so tutto e non mi sconcerta l’ultimissimo rapporto. In un modo o nell’altro so tutto. Eppure ritengo la vita bella e densa di significato. Di minuto in minuto
Testo di Paolo Pegoraro
Â