N. 4 - 2018 28 gennaio 2018
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Casa di San Charbel a Roma

I miracoli del santo monaco libanese

Il 22 di ogni mese giungono fedeli da tutta Roma e non solo per pregare il “padre Pio” dei cristiani maroniti. Un monaco…

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Casa di San Charbel a Roma

I miracoli del santo monaco libanese

Il 22 di ogni mese giungono fedeli da tutta Roma e non solo per pregare il “padre Pio” dei cristiani maroniti. Un monaco vissuto oltre un secolo fa nel nascondimento ma che ancora oggi dona grazie ai suoi devoti

I monaci maroniti offiiciano nella parrocchia di Santa Marcella a Roma

Arrivano da tutta Roma ma anche da altre città d’Italia, grazie al passaparola sui social network o nei gruppi parrocchiali e tramite amici.

Il 22 di ogni mese la casa di san Charbel in piazza Nicoloso da Recco, non lontana dalla Piramide Cestia, si popola di decine, centinaia di pellegrini che si rivolgono al santo monaco libanese maronita, per chiedere grazie spirituali, intercessione, conforto. Ne conoscono la vita, la spiritualità profonda, come Linda: «Me ne ha parlato il gruppo di preghiera che frequento e ho letto la sua storia», sintetizza. «Ogni volta che ascolto testimonianze sulla sua santità, imparo qualcosa di nuovo. Cosa mi colpisce di lui? La sua obbedienza e il nascondimento in cui è vissuto. Infatti la sua immagine a capo chino penetra nell’animo». Molti sono coloro che domandano la conversione, l’accettazione di una malattia; in un quadernone possono annotare le intenzioni. C’è chi gli affida il suo matrimonio, chi lo invoca per il cancro di un’amica, chi chiede «luce e pace».

UN GIGANTE DEL VANGELO
La cappellina che custodisce le sue reliquie è minuscola, uno scrigno dove i fedeli possono venerare anche un telo dove si vedono le tracce del liquido prodigioso (un misto di sangue e acqua) fluito per anni dalla sua tomba, che si trova nel monastero di San Marone ad Annaya, una cinquantina di chilometri a nord di Beirut. Un santo umilissimo, con lo sguardo costantemente rivolto in basso, eppure gigantesco nella sapienza evangelica. E il nome siriaco assunto nella vita religiosa deriva dalla contrazione delle parole Charb, che significa «storia» o «racconto», ed El, che vuol dire Dio; scelse di chiamarsi come un martire della Chiesa antiochena del II secolo.

La sua vita semplice è davvero il racconto di Dio, perché attraverso di lui il Signore ha compiuto tanti miracoli. «Abbiamo faldoni pieni di testimonianze, raccolte in occasione della causa di beatificazione e canonizzazione, iniziata nel 1954. Il 5 dicembre 1965 il papa Paolo VI presiedette la cerimonia di beatificazione, al momento della chiusura del Concilio e fu lui a proclamarlo santo il 9 ottobre 1977; la sua festa figura nel calendario latino il 24 luglio. Ma i miracoli continuano, fra conversioni e guarigioni fisiche, avvenuti in tutto il mondo: abbiamo smesso di contarli», riferisce padre Milad Tarabay, responsabile della Procura generale dell’Ordine libanese maronita a Roma, dove vengono conservate in decine di faldoni lettere e testimonianze anche di persone non credenti sulle grazie ricevute dal santo.

UNA FAMA MONDIALE
Morto settantenne il 24 dicembre 1898, Charbel Makhlouf a 23 anni entrò nel monastero della Madonna di Mayfouq e nel 1853 emise i voti religiosi al monastero di San Marone ad Annaya, a oltre mille metri di altitudine. Ebbe come maestro un altro santo maronita: il monaco Nimatullah Kassab Al-Hardini. «All’inizio del 1875, una notte Charbel domandò di mettere dell’olio nella sua lucerna per consentire la sua preghiera notturna; il servitore ci mise dell’acqua, ma la lucerna si accese lo stesso: il primo miracolo del monaco santo», riassume padre Milad.

«Dopo la sua morte, dalla bara cominciarono a trasudare sangue e acqua, ininterrottamente, e i miracoli si susseguivano soprattutto dopo la ricognizione della salma il 22 aprile 1950, Anno santo: i medici constatarono che il suo corpo non si era decomposto, era morbido, ritenendo inspiegabile questo fluire continuo di liquidi. E fra i pellegrini, accorsi in migliaia per venerarlo, si moltiplicarono le guarigioni. Da allora la sua fama di santità si è diffusa in tutto il mondo».

LE MESSE DEL 22 DEL MESE
Da qui la tradizione di celebrare una Messa in suo onore il 22 di ogni mese, secondo il rito cattolico orientale della Chiesa antiochena maronita, trasmessa anche in diretta su Facebook (per consentire ai malati e a chi non può partecipare di seguirla) e preceduta dalla preghiera di una coroncina «composta da cinque gruppi di grani: tre rossi, che indicano i voti monastici; uno bianco, simbolo dell’adorazione eucaristica, e uno azzurro, segno della venerazione alla Madonna».

Durante la liturgia vengono affidate al santo tutte le richieste di intercessione che arrivano telefonicamente o per posta ordinaria, ma sempre più spesso via mail o Messenger, tramite la pagina Facebook: «Una cinquantina ogni giorno», assicura padre Milad. Nei mesi estivi la Messa del 22 viene celebrata all’aperto, nel cortile della Procura, accanto alla cappellina che può ospitare solo poche persone; negli altri periodi dell’anno, invece, «la parrocchia di Santa Marcella (di fronte alla Casa di San Charbel, nella stessa piazza) ospita volentieri devoti e pellegrini per la preghiera e la celebrazione alle ore 17, interamente gestita dai padri maroniti», riferisce il parroco don Andrea Cavallini.

Entro quest’anno i monaci dovrebbero avere a disposizione una struttura più ampia «per accogliere chi vorrà venire a chiedere l’intercessione di san Charbel e degli altri nostri santi: il suo maestro Nimatullah (significa “grazia di Dio”), canonizzato nel 2004; la monaca Rafqa, diventata cieca ma luce per molti, santa dal 2001; Stefano, umile monaco contadino, beato dal 2010».

COS’È LA CHIESA MARONITA?
La Chiesa maronita deve il suo nome all’eremita san Marone, vissuto nel IV secolo e morto probabilmente nel 410; il monastero dei suoi discepoli fu la culla della Chiesa maronita cattolica orientale, nata come parte integrante della Chiesa antiochena, in comunione con il Papa, fondata dall’apostolo Pietro prima di andare a Roma. Di tradizione antiochena e di cultura siriaca, questa Chiesa ha l’onore d’avere come lingua liturgica l’aramaico, l’idioma materno di Gesù. L’Ordine libanese maronita fu fondato nel 1695 dall’abate Abdulla Carali, con altri tre compagni, prima di diventare il vescovo di Beirut. Risale al 1770 la divisione in Baladiti e Aleppini (ora chiamati Mariamiti). È diviso in due rami, femminile e maschile: le monache sono più di 140 in 7 monasteri in Libano, mentre 325 monaci e una quarantina di frati studenti più i novizi vivono in 48 monasteri libanesi e in oltre 25 missioni in America Latina, Australia, Africa, Europa.

ORGANIZZARE LA VISITA
La Procura generale dell’Ordine libanese maronita, che comprende anche la Casa di San Charbel, si trova a Roma in piazza Nicoloso da Recco 5 (stazione Piramide Metropolitana B oppure stazione Fs Ostiense). Per informazioni: tel. 06/5781075, info@sancharbelroma.com, procura@sancharbelroma.com. Pagina Facebook: Procura OLM San Charbel.

LE CELEBRAZIONI
La celebrazione e la preghiera dedicate a san Charbel si svolgono ogni 22 del mese alle ore 17 nella chiesa di Santa Marcella, affacciata sulla stessa piazza Nicoloso da Recco. Nel calendario liturgico la memoria del santo ricorre il 24 luglio.

SANTO AMATO DAL PAPA
Fra i devoti che venerano in tutto il mondo san Charbel c’è anche papa Francesco: il giorno della sua elezione a vescovo di Roma, il 13 marzo 2013, aveva con sé una sua reliquia e chiedeva la sua intercessione, come ha raccontato ad alcuni monaci maroniti che lo hanno incontrato.

ALLA SCOPERTA DEI SANTI CON LA NUOVA ENCICLOPEDIA ILLUSTRATA
I grandi santi di ieri e di oggi ma anche i tanti testimoni di santità meno noti, proprio come san Charbel, sono i protagonisti della Nuova enciclopedia illustrata dei santi, la nuova iniziativa editoriale che dalla scorsa settimana è proposta ai lettori di Credere e Famiglia Cristiana a 9,90 euro oltre il prezzo della rivista. Un’opera in 14 volumi che racconta la vita, le opere e la spiritualità di oltre 4.000 santi e beati, compresi quelli recentemente canonizzati come Madre Teresa, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.

Testo di Laura Badaracchi Foto di Carlo Gianferro

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