N. 4 - 2018 28 gennaio 2018
INSIEME di don Antonio Rizzolo

La scelta del bene e della solidarietà passa sempre dal nostro cuore

La giornata della memoria ci invita a riflettere sulla nostra storia, su chi ha denunciato gli ebrei e chi, invece, li ha…

Francesco in Cile e Perù

La forza della fede contro corruzione e inquinamento

Dignità dell’uomo e cura del creato sono il messaggio centrale della visita in America Latina. L’invito ai giovani a portare…

Chiara Castellani

Solo lo sviluppo renderà l’Africa davvero libera

Medico missionario di 71 anni, vive da 26 anni nella Repubblica democratica del Congo. Nel libro Savana on the road racconta…

Giada Lepore

La luce della musica rischiara la mia vita

La ragazza a 13 anni è diventata completamente cieca. Ma sostenuta dalla mamma Apollonia sogna un futuro nella musica come…

Casa di San Charbel a Roma

I miracoli del santo monaco libanese

Il 22 di ogni mese giungono fedeli da tutta Roma e non solo per pregare il “padre Pio” dei cristiani maroniti. Un monaco…

Ite, missa est di Emanuele Fant

L’illuminazione come arte spirituale

Illuminare artificialmente un ambiente nel modo adatto predispone alla preghiera. L’uso della luce nell’arte lo dimostra

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Francesco in Cile e Perù

La forza della fede contro corruzione e inquinamento

Dignità dell’uomo e cura del creato sono il messaggio centrale della visita in America Latina. L’invito ai giovani a portare idee per il Sinodo loro dedicato

Il Papa nella Casa Il Piccolo Principe a Puerto Maldonado in Perù

Una danza per salvare il mondo, quella che i rappresentanti dei popoli indigeni hanno compiuto davanti al Papa al Coliseo Madre de Dios di Puerto Maldonado, nell’Amazzonia peruviana. Il futuro del pianeta passa da questa enorme riserva di diversità naturale e umana. Messa in pericolo dall’avidità di chi sfrutta senza criterio. Estrazioni di petrolio, gas, oro e altri minerali. E la continua deforestazione per lasciar spazio alle monocolture agro-industriali.

Francesco ha puntato l’indice anche contro le politiche perverse che vogliono “conservare” la natura senza tener conto dell’uomo e le campagne di sterilizzazione delle donne aborigene. Francesco ha ascoltato il grido d’allarme dei nativi, ne ha indossato i simboli – la fascia e il copricapo di piume colorate – ha pranzato con loro. Poi si è fatto voce, davanti ai potenti, di questi fratelli e sorelle minacciati. Nel Palazzo del governo di Lima ha detto: «Stiamo spogliando la Terra, serve un’ecologia integrale, il degrado dell’ambiente va di pari passo al degrado morale». E ha puntato l’indice contro la corruzione che tutto corrode e distrugge.

UN MESSAGGIO CONTRASTATO
Parole chiare, ma la strada è piena di ostacoli. Sarà un caso, fatto sta che mentre il Papa si dirigeva a quest’appuntamento la sua auto si è ritrovata con due gomme squarciate. È stato necessario un cambio di vettura. Bergoglio è risalito in macchina e via. Ci vuol altro per fermarlo. Lui, del resto, alle sorprese è abituato. Quando a Iquique, in Cile, al passaggio della papamobile, un cavallo si è imbizzarrito disarcionando una donna carabiniere, Francesco ha fatto fermare il corteo ed è andato ad accertarsi delle condizioni dell’agente. Nulla di grave, per fortuna, e così si è rimesso in cammino. Quella stessa mattina il Papa aveva celebrato un matrimonio a diecimila metri d’altezza.

Al di là degli episodi curiosi, questo sesto viaggio del Pontefice nella sua America Latina non è stato facile. Specie in Cile la visita di Bergoglio ha impattato con tensioni trasversali al Paese. Una nazione che ha saputo uscire dal tunnel della dittatura militare, ma dove la crescita economica ha acuito, anziché allentare, le differenze tra classi. Gianni Casadei, romagnolo di Cesena, segue da una vita i progetti messi in piedi da don Benzi con l’Associazione Papa Giovanni XXIII. «Ho dormito per strada con i cartoneros, quelli che vivono raccogliendo carta e oggetti da riciclare. Volevo capire cosa significa davvero essere poveri». Gianni ha sposato una cilena, anche lei volontaria dell’Associazione. Ci porta a vedere una delle tante attività che aiutano a gestire. È una comunità terapeutica che accoglie una quindicina di giovani con problemi di alcol o droga. I locali sono quelli dell’ex seminario dei Padri Maristi, la congregazione travolta in Cile dagli scandali sessuali. Un luogo emblematico della svolta ecclesiale che si sta cercando di compiere per superare la crisi.

Il Papa, come sua abitudine, non ha evitato il problema. Ha condannato gli abusi, ha chiesto perdono per le vittime, ne ha incontrato alcune. «Abbiamo pregato e pianto insieme» ha detto. Sul caso più spinoso, quello del vescovo della diocesi cilena di Osorno, ha però respinto le accuse di copertura di casi di pedofilia. «Sono calunnie», ha risposto secco ai giornalisti. Parole che hanno attirato critiche. Il cardinale statunitense Sean Patrick O’Malley, presidente della Pontificia commissione per la tutela minori, ha difeso l’impegno di Francesco nella lotta alla pedofilia, ma è comprensibile – ha aggiunto – che le vittime di abusi si sentano frustrate di fronte a certe affermazioni.

Vicende che contribuiscono ad avvelenare il clima. Diverse chiese in Cile hanno subito attentati incendiari. C’è un vistoso calo nella partecipazione alle Messe e ai sacramenti. Frutto anche del crescente indifferentismo religioso. Francesco ha messo in guardia: la società liquida toglie i punti di riferimento, l’io diventa unico metro di paragone, ma senza il noi del popolo, della famiglia, della nazione quale futuro potrà esserci?

I PROBLEMI DEI NATIVI
Altro tema caldo: i Mapuche, il “popolo della terra”, che viveva incontrastato nell’Auracanía e in altre zone del Sud, ora costretto ai margini della società. «La nostra storia ha diecimila anni, quella del cristianesimo solo duemila. Eppure pretendono di sottometterci culturalmente». Antonio Paillafil è un intagliatore mapuche. Costruisce statuine votive per il culto dei morti, che è ancora molto sentito tra la gente della sua etnia. Lo incontriamo nel centro di Santiago, dove c’è un’esposizione di artigianato indio. Si sente nel parlare un certo rivendicazionismo. Per una parte dei Mapuche il cattolicesimo è strumento di colonizzazione. Francesco ha difeso la pluralità di popoli che forma la ricchezza del Cile, ma ha condannato i metodi aggressivi per difendere la propria identità. Per questo a Temuco ha fatto sedere con lui alla stessa mensa alcuni indios mapuche, un colono, un immigrato, una vittima delle violenze.

Il Papa argentino, che pure continua a rimandare la visita alla sua nazione, ha approfondito in Cile il concetto di patria. Si è affidato alle parole del santo gesuita Alberto Hurtado, paladino dei poveri, sulla cui tomba ha pregato a lungo: la patria, più che un territorio, una lingua, delle tradizioni, è una missione da compiere. Perciò si deve guardare al futuro. Lo devono fare, prima di tutto, i giovani. Li ha incontrati a Maipú, al santuario nazionale che celebra l’indipendenza dalla Spagna. Il patriottismo sano – ha spiegato – non chiude le porte a chi chiede di essere accolto e sa confrontarsi con l’altro. Valorizzare la dimensione nazionale evitando di sottrarsi alla sfida globale, preservare l’unità senza scadere nell’uniformità: questo il filo su cui bisogna camminare nel contesto planetario del nostro tempo. Ciò vale per tutti, Chiesa compresa. C’è un Sinodo sui giovani che si terrà il prossimo ottobre. Francesco vorrebbe che alla sua riuscita contribuisse tutta la gioventù, senza distinzioni di frontiere.

PRIMA GLI ULTIMI
L’incontro con gli ultimi, gli “scartati” è il paradigma di questo pontificato. La visita al penitenziario femminile di Santiago ne è stata l’ennesima conferma. Seicento detenute intorno al Papa, molte coi loro bambini, qualcuna incinta. A Trujillo, secondo città del Perù, ha invitato tutti a lottare contro la piaga del femminicidio. Il luogo è un paradiso per i surfisti e la Messa è stata celebrata sulla spiaggia. Francesco, che tiene insieme cura del creato e attenzione all’uomo, è transitato nel quartiere colpito nel 2017 dalle inondazioni del Niño. «Dovete far fronte anche ad altre tempeste: la violenza organizzata, la mancanza di educazione e di lavoro, la carenza di alloggi dignitosi… La forza che viene dalla fede in Cristo può far diga di fronte al male che inaridisce lo spirito e ruba la speranza».

Tanti gli incontri con sacerdoti, religiosi e suore. Fino all’ultimo giorno, a Lima, dove Bergoglio è stato circondato da una folla immensa. Padre Ugo De Censi, salesiano della Valtellina, lucido e pungente a dispetto dei suoi 94 anni, gli ha consegnato una lettera. «Gli ho scritto che le cose vanno male perché il mondo ha dimenticato Dio». Con l’Operazione Mato Grosso padre Ugo ha fondato in Perù un’ottantina di missioni, dove sono impegnati centinaia di volontari italiani. «Ma non basta fare. Bisogna salvare la fede nel Signore. Solo questo conta. Ed è questo che ho detto al Papa».

Testo di Enzo Romeo

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