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Rinata dalla fiamme
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Cappella della Sindone a Torino
Rinata dalla fiamme
Dopo il restauro a seguito del rogo del 1997, riapre a Torino il luogo dove era conservato il Sacro lino. Un percorso spirituale dal buio della morte alla luce della risurrezione
Non appena gli dissero «Vai a casa e prendi la telecamera», Francesco D’Introna ubbidì, scese dall’autoscala e dopo meno di mezz’ora era di nuovo sul luogo dell’incendio, con in spalla la sua Sony. Era piena notte, la notte tra l’11 e il 12 aprile del 1997 e la Cappella del Guarini, quella che custodiva la Sindone, era avvolta dalle fiamme. La chiamata in caserma era arrivata appena dopo mezzanotte e fin da subito, a lui e ai suoi colleghi, era chiaro che sarebbe stato un intervento complicato. Molto complicato.
Le immagini girate dal giovane vigile del fuoco D’Introna, oggi responsabile della formazione dei colleghi, hanno fatto entrare nella storia quelle che sono diventate tra le ore più drammatiche vissute da Torino dalla fine della Seconda guerra mondiale.
«Quella che apparve davanti ai nostri occhi era una bolgia dantesca», ricorda don Primo Soldi, segretario dell’allora arcivescovo di Torino, Giovanni Saldarini, in una recente intervista rilasciata per il documentario La passione e la ragione: la Sindone e Torino. «Il cardinale Saldarini, che era con me, era terreo, pallido. Impotenti, iniziammo semplicemente a pregare».
SALVARE LA SINDONE
Per tutti la preoccupazione era una: la Cappella del Guarini appariva compromessa, salviamo almeno la Sindone. La teca che la conteneva era difesa da uno spesso vetro anti proiettile e da un’altrettanto spessa teca, anch’essa di vetro. «Dovemmo agire manualmente», ricorda D’Introna, «non avevamo macchine attrezzate per abbattere le barriere». E intanto venivano giù i calcinacci, le vetrate esplodevano e un vento impetuoso alimentava l’incendio. Il pericolo di crollo era reale. «Eravamo tutti là sotto, attorno alla Sindone, per portarla via nel più breve tempo possibile». Ci vollero quindici minuti forsennati di colpi di mazza ferrata per rompere vetro e teca.
Fuori dal sagrato del Duomo si era assiepata una moltitudine di cittadini che, quando i vigili del fuoco uscirono portando sulle spalle lo scrigno che conteneva, arrotolata, la Sindone, scoppiarono in un applauso liberatorio. La Sindone era salva, ma la Cappella del Guarini, costruita alla fine del XVII secolo per contenere il Sacro lino che i Savoia avevano in custodia dal 1453, era quasi completamente distrutta. Non era crollata, per fortuna, ma i danni erano ingentissimi.
FINALMENTE RIAPERTA
Lo scorso 28 settembre, 7.840 giorni dopo l’incendio, e 10.374 giorni dopo la chiusura al pubblico che si era resa necessaria già sette anni prima a causa del crollo di un cornicione, il capolavoro barocco dell’architetto, nonché frate teatino, Guarino Guarini, è stata definitamente restituito alla città e al mondo intero. Il giorno che ha preceduto l’apertura al pubblico, autorità civili e religiose si sono date appuntamento al Teatro Regio, a duecento metri in linea d’aria dalla Cappella del Guarini, per celebrare l’evento, e per tre giorni Torino si è vestita a festa, con decine di eventi.
Il restauro è stato lungo e complesso, la soddisfazione di tutti coloro che a vario titolo hanno dato un contributo all’impresa è evidente. «Appartengo a quella generazione che non ha mai potuto visitare la Cappella del Guarini», afferma la sindaca Chiara Appendino. «Mi auguro che da oggi i più giovani si avvicinino a questo simbolo della città e ne sappiano apprezzare e riconoscere il valore civile e religioso».
«Oggi più che mai è un buon giorno, una gran bella giornata per la cultura italiana», dice Sergio Chiamparino, presidente della Regione. «La notte dell’incendio tornavo in auto da Novara», ricorda, «ero incredulo. Tutti lo eravamo. Ma dal giorno dopo ci siamo rimboccati le maniche ed è iniziato un lungo e difficilissimo percorso, che si è concluso oggi. Mani sapienti, pietra su pietra, hanno ricostruito questo straordinario monumento che è segno di quanto la spiritualità sia un elemento fondante della convivenza civile».
UN LUOGO DELLO SPIRITO
L’arcivescovo Cesare Nosiglia è raggiante: «Arrivai a Torino nel novembre 2010 e avevo ancora negli occhi lo sguardo impietrito del mio predecessore di allora, Giovanni Saldarini, di fronte alla Cappella distrutta. Come custode della Sindone ho sentito tutto il peso della responsabilità di promuoverne la ricostruzione. Oggi si corona un sogno».
I torinesi possono riabbracciare uno dei simboli più amati della città, i turisti potranno ammirare di nuovo, un grande capolavoro di architettura del passato e di restauro contemporaneo, ma manca ancora un tassello per chiudere davvero il cerchio. La Sindone, infatti, non è più all’interno della Cappella, ma per ora sarà conservata nel Duomo. Come spiega Alberto Riccadonna, direttore del settimanale diocesano torinese La voce del popolo, «ciò non toglie che la Cappella del Guarini resti un luogo inscindibile dalla Sindone: la sua architettura, fatta di luci, ombre, di percorsi visivi ascensionali, racconta la morte e la risurrezione del Cristo. Se e quando sarà possibile accedere alla Cappella restaurata entrando dalla scalinata del Duomo che dà sulla piazza, anzichè come avviene ora solo dal retro, ovvero da Palazzo reale, potremo dire che il recupero sarà davvero completo».
Ma anche senza il Sacro sudario la Cappella del Guarini non dovrà essere considerata solo “museo”. L’arcivescovo Nosiglia auspica «con forza e convinzione» che la cappella «continui a essere non solo un patrimonio artistico fruibile da tutti, ma anche quel luogo di silenzio, di preghiera, di meditazione che è sempre stato in questi secoli». Il suo significato spirituale, spiega monsignor Nosiglia, «fa parte di un percorso che ogni uomo è chiamato a compiere dal buio della morte spirituale causata dal male alla luce salvifica che emana della risurrezione del Signore».
ORGANIZZARE LA VISITA
La Cappella della Sindone, un tempo accessibile passando dall’interno del duomo, ora diventa parte integrante dei Musei reali di Torino e si visita entrando dal Palazzo reale, in piazzetta Reale 1. Con i mezzi pubblici: bus 472, 423 e 204 (www.gtt.to.it). In auto: parcheggi a pagamento in piazza Castello 113 e via Porta Palatina 15. Bike sharing in via Conte Verde.
ORARI DELLE VISITE
I Musei reali sono aperti da martedì a domenica, dalle 8.30 alle 19.30. Biglietto: 12 euro.
IL DUOMO E IL MUSEO
Accanto alla Cappella della Sindone merita una visita il duomo dove, nell’ultima cappella della navata sinistra, è attualmente custodita la Sindone. Il Sacro lino si trova celato in una teca e non è visibile al pubblico. Il duomo è aperto dalle 7 alle 12.30 e dalle 15 alle 19. In via San Domenico 28 si visita il Museo della Sindone, sulla storia del sudario, aperto tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 19. Biglietto: 6 euro.
Testo di Sante Altizio. Foto di Paolo Siccardi/Walkabout