N . 41 - 2015 11 ottobre 2015
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Il personaggio | Ted Neeley

Jesus Christ Superstar ha acceso la mia fede

Le confidenze dell’attore statunitense che nel famoso musical interpreta Cristo. «Sono credente fin da quando ero bambino,…

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Il personaggio | Ted Neeley

Jesus Christ Superstar ha acceso la mia fede

Le confidenze dell’attore statunitense che nel famoso musical interpreta Cristo. «Sono credente fin da quando ero bambino, ma la mia spiritualità è stata rinforzata  proprio grazie a questa opera».

 

 

Di solito, per una buona interpretazione servono talento e parecchio studio. Se poi c’è anche la prestanza fisica, non guasta. Esistono però dei ruoli, come quello biblico di Gesù Cristo, che pretendono di più dal proprio interprete: lo interpellano, lo chiamano in causa, lo sollecitano a guardare in alto. Esigono carisma e cuore, investendo l’attore fin nelle viscere.

Ed è questo che è successo, di fatto, a Ted Neeley, meglio noto come “il” Gesù di Jesus Christ superstar: il personaggio del Signore ha spronato la sua fede, ravvivandola e trasformando lui stesso in un’occasione di conversione per il grande pubblico. Superate infatti le iniziali polemiche, il musical è diventato un successo in tutto il mondo, guadagnandosi una trasposizione cinematografica subito accolta come cult, e ancora adesso, a 40 anni di distanza dalla prima, la piece viene replicata nei teatri. Inoltre, proprio sul set del film, Neeley ha incontrato l’attuale moglie, Leeyan, da cui ha avuto due figli. «L’ho interpretato come un segno del destino», commenta. Oggi, a 70 anni e con oltre 3 mila repliche alle spalle, Neeley è ancora lì: su quel palco, a cantare gli ultimi giorni di vita di Cristo. E sebbene la vecchiaia abbia lasciato più di un segno sul suo volto, e le differenze con il passato siano tangibili, la performance risulta impeccabile. Perché, appunto, è il carisma a fare la differenza.

Interpretare Gesù ha influenzato il suo modo di approcciare la vita?

«Sono credente fin da quando ero bambino, ma la mia spiritualità è stata rinforzata da questo musical. Sono convinto che, lavorando qua, perfino un ateo convinto inizierebbe a credere in Dio!».

All’inizio Jesus Christ superstar è stato accolto dalle polemiche. Qual è il messaggio del musical?

«Il concept è stato creato da due magnifici artisti: il compositore Andrew Lloyd Webber e il paroliere Tim Rice. Insieme, hanno immaginato Gesù di Nazareth prima della risurrezione, negli ultimi sette giorni della sua vita, e hanno cercato di raccontarlo, in musica, attraverso gli occhi dei suoi contemporanei. Non hanno mai messo in discussione la sua natura divina, anzi, affermato questo hanno voluto fare un passo ulteriore e narrare come Gesù, che era percepito come uomo, si è mosso tra la gente, quali passi ha fatto. Questo messaggio, contenuto anche nell’album originale, ha poi ispirato il regista premio Oscar Norman Jewison, che ha realizzato l’adattamento cinematografico di Jesus Christ superstar. Si è così creata una magica combinazione: alla musica, melodica e spirituale, si è unita l’ispirazione visiva. Per questo lo spettacolo affascina, ancora oggi, tutto il mondo».

In che modo la musica può diventare uno strumento spirituale?

«La musica solleva il nostro spirito al di sopra, e oltre, le prove e le tribolazioni della vita quotidiana. Come può esistere un modo migliore e maggiormente coinvolgente per aiutarci a comunicare, ed eventualmente spiegare, la nostra fede? Inoltre la musica ha la capacità di arrivare sempre e comunque, indipendentemente da chi sei, da quello che credi, da quanto e perché cerchi la fede».

Sul set ha anche conosciuto sua moglie. Come vi siete incontrati?

«Era il 1972 e dovevamo girare la scena con me e Maria Maddalena seduti in una grotta, davanti a un falò. Appena partiva la canzone, faceva il suo ingresso il corpo di ballo. Ricordo che molte ballerine avevano i capelli lunghi e io temevo si potessero bruciare i capelli con le fiamme del falò. Quando gridarono “cut”, (stop) mi alzai per raggiungere una di loro e raccomandarle di stare attenta al fuoco. Ma, quando si voltò, non riuscii a proferire parola: era Leeyan».

Oggi che valore ha assunto, per lei, la famiglia?

«Sono onorato di avere la mia bella e meravigliosa moglie, Leeyan, e i miei due figli straordinari e amorevoli, Tessa e Zackariah: mi ispirano continuamente, in ogni momento del giorno. L’amore che condividiamo insieme è infatti illuminante e appagante e, ogni volta che guardo nei loro occhi, rinnovano il mio spirito e la mia fede nell’amore e nella vita. Rendono la mia vita completa. Sono il personale regalo di Dio alla mia esistenza!».

In più occasioni lei ha espresso il desiderio di conoscere papa Francesco. È riuscito a incontrarlo?

«Ho avuto il grande piacere di incontrare il Santo Padre la scorsa primavera, a Roma, insieme a Leeyan e a mia figlia Tessa: ci trovavamo in Italia per il ventennale della produzione italiana di Jesus Christ superstar, realizzata da Massimo Romeo al Teatro Sistina. Papa Francesco... Che magnifico spirito! È stato un grande momento di illuminazione spirituale. Mi spiace che non fosse presente anche mio figlio Zackariah».

Perdoni la curiosità: cosa vi siete detti, esattamente?

«Mi disse: io e lei facciamo la stessa cosa. Continui a fare bene il suo lavoro!».

 

BOX

Gesù e Giuda: rivali sul palco amici nella vita

Nei panni di Gesù e Giuda, Ted Neeley e Carl Anderson erano divisi da invidie, gelosie e dal tradimento. Ma, finito di recitare, i due erano uniti da profonda amicizia. A raccontare il legame speciale, nato proprio grazie a Jesus Christ superstar, è stato lo stesso Neeley, intervistato nel giugno 2010 dal mensile Jesus (San Paolo). Quando si conobbero Neeley aveva 28 anni, Anderson 26. Per ruoli e aspetto – Neeley di carnagione chiara e Anderson afroamericano – non potevano essere più diversi. «Con la scena del tradimento tra me e Carl iniziò qualcosa di profondo che durò nei trent’anni successivi», ricordava Neeley. «Quante lacrime versammo quella notte. La storia di Gesù e del suo tradimento ci univa e ci rendeva forti». La loro amicizia si interruppe nel 2004 con la morte di Anderson, stroncato da leucemia. Ai funerali Neeley cantò I only want to say, come al Getsemani. Sotto: la scena del bacio di Giuda, interpretata da Neeley prima con Anderson e poi con Feysal Bonciani.

 

Testo di Francesca D’Angelo

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