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Il Papa a Cesena e Bologna
Si vede bene solo con la misericordia
Francesco visita a Bologna il centro migranti: «Molti non vi conoscono e hanno paura, credendo di vedere bene. Ma si vede bene solo da vicino». E pranza in chiesa con i poveri.
È stata la prima Domenica della Parola del secondo millennio e papa Francesco ha voluto celebrarla a Bologna. Difficile non cogliervi un segno e considerarla una banale coincidenza. È stata una domenica di pioggia piena di abbracci e di tenerezza, ma anche di parole forti, esigenti e senza sconti.
La lunga giornata del 1° ottobre per il Pontefice è cominciata a Cesena. Nella cittadina romagnola, in occasione del terzo centenario della nascita di papa Pio VI, Bergoglio ha tracciato con fermezza la mappa della buona politica. «La politica è sembrata in questi anni a volte ritrarsi di fronte all’aggressività e alla pervasività di altre forme di potere, come quella finanziaria e quella mediatica», ha denunciato il Papa in piazza del Popolo. «Occorre rilanciare i diritti della buona politica, la sua idoneità specifica a servire il bene pubblico, ad agire in modo da diminuire le disuguaglianze, a promuovere con misure concrete il bene delle famiglie, a fornire una solida cornice di diritti-doveri e a renderli effettivi per tutti. La corruzione è il tarlo della vocazione politica, la corruzione non lascia crescere la civiltà». A tal punto che, ha concluso il Papa, «il buon politico sente di essere un martire» perché mette le proprie idee «a servizio per andare verso il bene comune».
DATE DA MANGIARE
Nella Bologna dell’arcivescovo Matteo Zuppi invece Francesco è andato a chiudere il decimo Congresso eucaristico diocesano, laboratorio concreto di quella «Chiesa in uscita» tanto cara al Papa argentino.
«Voi stessi date loro da mangiare» è il tema del congresso e nessuna immagine poteva raccontarcelo meglio del pranzo dei poveri allestito lungo l’immensa navata della basilica di San Petronio. La chiesa voluta e costruita dalle corporazioni del libero comune, che ha celebrato tutti i grandi eventi cittadini, compresi i funerali delle vittime della strage del 2 agosto 1980. I lunghi tavoli apparecchiati con tovaglie immacolate hanno ospitato 1.000 persone. Indigenti, carcerati, rifugiati, disabili, ex tossicodipendenti, anziani soli e senza tetto.
Qualcuno all’annuncio di un pranzo in chiesa aveva storto il naso, ma la grandezza di un evento che rimarrà nella storia della città ha avuto ragione sulle critiche. «Non si tratta di desacralizzare», aveva spiegato il vescovo Zuppi, «ma al contrario si vuole sottolineare la continuità tra la mensa celeste e la mensa terrena».
Nella domenica della Parola cristiani e musulmani hanno ascoltato in silenzio la lectio del Papa e a tutti, al termine del pranzo, è stato donato un Vangelo. «Spero solo che il Papa mi porti nel cuore», ha detto una giovane donna ospite di una comunità di recupero della Papa Giovanni XXIII, che ha potuto sedersi al tavolo del Pontefice. «La Chiesa vi vuole al centro», aveva detto papa Francesco, «perché la Chiesa è di tutti, in particolare dei poveri».
IL BRACCIALETTO DEI MIGRANTI
Tutti domenica si sono sentiti davvero “al centro”. A cominciare dagli immigrati dell’Hub regionale di via Mattei, quella che il vescovo Zuppi ha chiamato «la Lampedusa di Bologna». Il Papa ha voluto cominciare la sua visita proprio da lì. È andato in mezzo a loro a piedi, accompagnato solo dal vescovo, senza le autorità civili, e ha voluto salutarli a uno a uno. Ha accettato di indossare lo stesso braccialetto giallo che viene fatto indossare a ognuno di loro all’ingresso al centro, ha lasciato con pazienza che scattassero un selfie dopo l’altro. E anche grazie a lui, attraverso la gioia di quei sorrisi, i bolognesi hanno scoperto il “volto buono” di quei richiedenti asilo che in genere sono considerati solo dei numeri o peggio.
«Molti non vi conoscono e hanno paura», ha detto papa Francesco, «questa li fa sentire in diritto di giudicare e di poterlo fare con durezza e freddezza credendo anche di vedere bene». Non è così, ha ribadito, perché «si vede bene solo con la vicinanza che dà la misericordia. Senza questa, l’altro resta un estraneo, addirittura un nemico, e non può diventare il mio prossimo». Tra gli applausi, li ha chiamati «lottatori di speranza», li ha invitati a non mollare e a non avere paura, ha chiesto un minuto di silenzio e di preghiera per quelli di loro che non ce l’hanno fatta, ma li ha anche invitati «ad essere aperti alla cultura di questa città, pronti a camminare sulla strada indicata dalle leggi di questo Paese».
L’ASCENSORE FUORI USO
Un incontro che lascerà il segno, come quello dedicato al mondo del lavoro, in Piazza Maggiore, e in particolare a chi il lavoro l’ha perso, anche nella virtuosa Emilia del welfare e della cooperazione, un modello da lui benedetto e rilanciato. «Cercate di portarlo avanti», ha esortato, «c’è bisogno di soluzioni stabili e capaci di aiutare a guardare al futuro per rispondere alle necessità delle persone e delle famiglie». Ha poi ricordato l’esperienza cooperativa e il suo legame originario con la solidarietà. «Oggi essa ha ancora molto da offrire», ha detto, «anche per aiutare tanti che sono in difficoltà e hanno bisogno di quell’ascensore sociale che secondo alcuni sarebbe del tutto fuori uso».
Ma l’incontro forse più significativo per una città a vocazione universitaria come Bologna, sede dell’università più antica del mondo, è stato quello in piazza San Domenico con gli studenti e i professori dell’Alma mater, che gli ha tributato la sua massima onorificenza, il sigillum magnum di cui già fu insignito Giovanni Paolo II. «Sognate in grande», li ha esortati il Santo Padre, ribadendo come la conoscenza sia poca cosa se non vivificata dalla passione per il bene comune. Proprio agli universitari, invitati a non cadere nella rete delle ovvietà e dei populismi, nell’ateneo che ha nel suo dna lo studio del diritto e che ha inventato il progetto Erasmus, aprendo le frontiere delle università europee a generazioni di studenti, il Papa ha affidato il diritto alla cultura, il diritto alla speranza e il diritto alla pace. «Sogno un’Europa universitaria e madre», ha concluso, «che, memore della sua cultura, infonda speranza ai figli e sia strumento di pace per il mondo».
L’abbraccio finale tra Bologna e il Papa è avvenuto tra le mura dello storico stadio Dall’Ara, dove quasi 50.000 persone hanno preso parte alla celebrazione eucaristica. Madrina d’eccezione la Madonna di San Luca, la cui antica icona è stata fatta scendere scendere dal Colle della Guardia per papa Francesco. E per i bolognesi è stata una doppia grazia.
Testo di Simonetta Pagnotti