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Le nuove frontiere e il virus dell’indifferenza
Per difendere i nostri piccoli privilegi si stanno rialzando muri e ci si chiude nella indifferenza. Una scelta pericolosa
Ite, missa est di Enzo Romeo
Le nuove frontiere e il virus dell’indifferenza
Per difendere i nostri piccoli privilegi si stanno rialzando muri e ci si chiude nella indifferenza. Una scelta pericolosa
Un recente sondaggio afferma che una larga maggioranza di italiani rivuole le frontiere. Sembra già consegnato alla storia il Trattato di Schengen, che prevede la libera circolazione in ventisei Pae- si dell’Unione europea. Nella ricca Svizzera il referendum in Canton Ticino ha sancito limiti per i lavoratori frontalieri (e, in questo caso, i “migranti” sono soprattutto italiani), mentre il nostro Ministero del tesoro ha avvisato che sono finiti i soldi per l’accoglienza e i centri sono al collasso. Servirebbero subito seicento milioni di euro, ma dove prenderli in periodo di vacche magre?
Così non rimane che la soluzione apparentemente più facile: alzare muri. Negli Stati Uniti il tema dello straniero, associato alla sicurezza, domina la corsa per la Casa Bianca. Come finirà? In Europa alle urne ha già vinto la paura. A giugno in Gran Bretagna, prima ancora ad aprile in Olanda, adesso in Ungheria, con la consultazione popolare sul piano di ripartizione dei rifugiati. È la democrazia, bellezza! «Prima i nostri» è lo slogan che riecheggia nelle campagne elettorali.
Cento anni fa si combatteva quella terribile carneficina fratricida chiamata Prima guerra mondiale. Allora non c’erano minacce “esterne”: nazioni con le stesse radici e la medesima fede volevano annientarsi a vicenda. Il Piave divenne il simbolo di una frontiera da difendere a tutti i costi, pena la fine dell’identità di un popolo. Un secolo dopo non rimane neppure l’eroismo patriottico. Tutto sembra giocarsi sulla preoccupazione dei “cittadini” di mantenere i propri piccoli privilegi.
Papa Francesco mette in guardia dal virus dell’indifferenza, ma pochi sono disposti a prendere precauzioni per evitare l’infezione. Quando ci rivolgeremo al padre Abramo, l’abisso sarà già scavato: una profonda trincea ci impedirà di uscire dal nostro territorio, sicché neppure la punta inumidita del dito di Lazzaro potrà arrivare alla nostra bocca a mitigare l’arsura di chi ha vissuto ignorando la solidarietà e l’amore.