N. 42 - 2017 15 ottobre 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Una nuova edizione del Catechismo per capire la solidità della fede e viverla

L’11 ottobre Papa Francesco ha presentato una speciale edizione del sussidio, invitando tutti noi a conoscere Gesù e a testimoniare…

25 anni di catechismo

La parola di Dio non si conserva in naftalina

Francesco presenta la nuova edizione del Catechismo con una riflessione sulla dottrina: «Realtà sempre viva, che progredisce».…

Suor Lucia Benedetta Rabbitto

Calcio e fede, così scatta il contropiede

Cos’è più efficace di un pallone per parlare ai ragazzi di un quartiere “sgarrupato”? Lo sa bene la suora-mister: «Il campo…

Rachele Compare

Lavoro festivo? Stop. Così mi sono ripresa la mia vita

In negozio lavorava ogni domenica. Per stare con la famiglia si è licenziata: «Entrano meno soldi in casa, ma ora mi godo…

Suor Helen Prejean

La mia missione accanto ai condannati a morte

La suora resa famosa dal film Dead Man Walking con Susan Sarandon e Sean Penn dopo essere entrata quasi per caso nel braccio…

Ite, missa est di Enzo Romeo

Pensiamo a modi nuovi per trasmettere la fede alle nuove generazioni

Un tempo era “naturale” essere cristiani grazie alla famiglia. Oggi non è più così. Occorre pensare a nuove vie per i ragazzi…

Per una lettura completa...

Rachele Compare

Lavoro festivo? Stop. Così mi sono ripresa la mia vita

In negozio lavorava ogni domenica. Per stare con la famiglia si è licenziata: «Entrano meno soldi in casa, ma ora mi godo mia figlia»

Rachele Compare, 38 anni, gioca con la figlia Rebecca nella sua casa alla periferia di Pisa

«Ho smesso, per vivere». No, non è lo slogan appeso nella sede di un club degli Alcolisti anonimi o di una comunità di recupero per tossicodipendenti. È l’amara, tristissima constatazione di una ex-dipendente di un negozio costretta a licenziarsi per ricominciare un’esistenza normale, fatta di affetti, amicizie, relazioni, hobby. Insomma: una vita degna di questo nome.

È pisana Rachele Compare. Vive nel capoluogo col suo compagno e la figlia Rebecca di quasi due anni. Lei di anni ne ha 38, metà dei quali lavorati come commessa in negozi d’abbigliamento nei centri commerciali attorno a Pisa. «Ho iniziato con contratti di 38 e poi di 40 ore. Finché le domeniche lavorate erano facoltative, riuscivo a contenerle in una al mese», racconta.

«Poi, col famigerato decreto “Salva Italia”, emanato dal Governo Monti alla fine del 2011, è cambiato tutto e ho iniziato a perdere la mia libertà di vita». Per quattro anni, la giovane commessa ha lavorato di fila tutte le domeniche, a turni di otto ore continuati o spezzati. «Finche vivevo da sola, potevo sostenere questi ritmi, ma quando sono subentrati problemi di salute dei genitori e ho iniziato a metter su famiglia, sono, ovviamente, iniziati i guai. Con la nascita di Rebecca, poi, l’esistenza è diventata impossibile».

IL PART TIME NEGATO
Rientrata dopo la maternità, Rachele ha chiesto invano al datore di lavoro turni più lievi e permessi. Le è stato negato anche il part-time. «Un anno fa, all’ennesimo “no” ricevuto stavolta per le domeniche libere, ho deciso di licenziarmi e ottenuto l’assegno di disoccupazione per giusta causa».

È amara la considerazione che la donna fa sui diritti dei lavoratori: «Sono solo sulla carta per noi commesse. Quello del commercio è un mondo che nasconde sacche di sfruttamento: quante volte ho dovuto andare in negozio ammalata o con la febbre? Diventi un robot e la coscienza sindacale tua e dei colleghi è messa a dura prova dai ricatti».

APERTURE CHE NON SERVONO
Amaro è anche il suo commento sulle liberalizzazioni selvagge del settore commerciale che dovevano far ripartire d’incanto i consumi, precipitati con lo scoppio della crisi economica: «Nei negozi dove lavoravo, alla domenica sera non s’era incassato neanche quanto s’era speso in luce e riscaldamento per la giornata. La cultura e gli usi degli italiani sono diverse da quelle degli americani, abituati da sempre all’apertura dei market “h24”». E ricorda che a Pisa l’esperimento d’apertura continuata giorno e notte, voluta da un colosso della distribuzione francese l’estate scorsa, si è concluso con un flop totale, costringendo la direzione a ripiegare sul solo allungamento dell’orario serale.

Quella di lasciare il lavoro è stata una scelta di coppia. «Da sola forse mi sarebbe pesata troppo», ammette. «Certo, devi mettere in conto qualche rinuncia e sacrificio economico: meno cene fuori e qualche cinema, magari cancellare un sospirato viaggio all-inclusive. Ma è anche vero che quando lavoravo, dei miei 1.100 euro di stipendio non mi restava nulla tra spese di tata e d’asilo nido».

Ora Rachele fa la mamma a tempo pieno: «finalmente mi godo mia figlia e lei si gode me. Mi si stringe ancora il cuore quando ripenso alle serate in cui, rientrando a casa tardi, trovavo Rebecca ciondolante sul seggiolone, troppo stanca per rimanere sveglia e attendere la mamma che non arrivava mai».

TEMPO PER LA VITA
Adesso è pure tornata a frequentare la piscina e nei mesi estivi ha ripreso ad andare al mare accompagnando la figlia. «Di sera ho riassaporato il piacere di stare col mio compagno e di leggermi un buon libro prima di coricarmi. E poi, è impagabile il piacere di una bella gita fuoriporta di domenica».

Da qualche tempo cerca un lavoro part-time o che comunque le permetta di conciliare un’occupazione con il ruolo di genitrice. «Ma le opportunità si restringono subito quando al colloquio sentono che non sei disponibile a lavorare la domenica», ammette la donna. «Sono una credente, magari a modo mio; magari, sì, frequento poco la parrocchia; ma come avrei potuto, anche volendolo, andare a Messa di domenica negli anni scorsi?».

Spirito combattivo, temprato in famiglia e da una vita che non le ha fatto sconti, adesso ha deciso pure di metterci la faccia, anche in tv, per difendere la domenica come giorno di riposo e di relazioni familiari. È consigliera di circoscrizione ed è attiva nel comitato toscano di Domenica No Grazie che ha consegnato il megafono al popolo di commesse e negozianti che dicono no alle aperture festive. Battaglia di retroguardia, come dice qualche benpensante? Solo dei don Chisciotte che fanno la guerra ai mulini a vento (leggi: grande distribuzione)? A pensarla proprio come queste lavoratrici, comunque, sono la Chiesa italiana, la Cgil e Confcommercio.

Lei si congeda spiegando con la semplicità dei saggi: «Mi batto per questa causa perché ho avuto la fortuna di vivere in una famiglia bellissima, con due genitori straordinari che non hanno mai fatto mancare la loro presenza. Se ho fatto queste scelte è perché voglio seguire il loro esempio. Voglio vivere come loro. A volte per andare avanti, bisogna non dimenticarsi di guardare indietro».

Testo di Alberto Laggia. Foto di Simone Donati/TerraProject

RICORDATI DI SANTIFICARE LE FESTE
«Come Dio “cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro” (Genesi 2,2), così anche la vita dell’uomo è ritmata dal lavoro e dal riposo. L’istituzione del giorno del Signore contribuisce a dare a tutti la possibilità di godere di sufficiente riposo e tempo libero che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa. (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2182).

Archivio

Vai