N. 42 - 2018 21 ottobre 2018
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Ite, missa est di Daniele Rocchetti

La lezione di fede di padre Dall’Oglio

Il religioso in Siria diede vita a una comunità aperta a tutti gli uomini di fede. Di lui non sappiamo nulla dopo il sequestro nel 2013. Ma la sua visione è viva ora come allora

 Illustrazione di Emanuele Fucecchi

La prima volta che ci siamo incontrati era in pieno deserto, nel Nebek, circa 80 km a nord di Damasco. Lasciata la macchina, presi un sentiero che saliva a milletrecento metri di altitudine. Dopo quasi quattrocento gradini giunsi al monastero che padre Paolo Dall’Oglio aveva restaurato con cura. Un antico luogo di sosta e di preghiera cristiana e una chiesa ricoperta di affreschi dell’XI e XII secolo.

Paolo vi era stato molti anni prima e ne era rimasto incantato. Quasi subito aveva voluto far rinascere il monastero dando vita a una comunità di spirito ecumenico attorno ai tre pilastri della vita monastica: preghiera, lavoro manuale e ospitalità, che nel mondo semita, arabo e nomade, è la virtù più alta. Niente di originale: Ora et labora. Se non fosse che era nel cuore dell’Islam. Aperta anche a quanti pregavano Allah cinque volte al giorno.

Quando ritornai a trovarlo, sotto la tende dell’accoglienza, gli chiesi se la sua visione non fosse troppo ingenua e rischiasse di annacquare la differenza cristiana. Mi rispose con forza: «No! Io so che annuncerò fino alla fine l’Evangelo di Gesù. Ma so anche che, di fronte a me, un musulmano non si stancherà di annunciare, con la stessa intensità, la profezia del Corano. Qui, in mezzo ai credenti musulmani, ho imparato che l’unico mezzo per donare la propria vita per Gesù consiste nell’aiutare ognuno a essere un pellegrino di verità, non limitarlo all’interno del suo contesto, valorizzare la sua esperienza di Dio».

Sono passati quasi duemila giorni dalla scomparsa di padre Paolo. Non si hanno più notizie dal 29 luglio del 2013 dopo che a Raqqa, città dell’est della Siria, era entrato nel casermone del palazzo del Governatorato, in quei giorni sede centrale dell’Isis. Un silenzio assordante, all’interno del caos dell’infinita guerra in Siria, in mezzo alle ipotesi più disparate sulla sorta del gesuita romano. La sua parabola pare essere sotto il segno della sconfitta. Eppure il seme gettato per una visione che metta al centro non le religioni ma Dio stesso non muore. È il vento dello Spirito, che non sempre ha i tempi della storia e degli uomini, che lo fa crescere. Nonostante tutto.

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

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