Tutti possiamo essere missionari, facendoci cristiani sul serio
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INSIEME di don Antonio Rizzolo
Tutti possiamo essere missionari, facendoci cristiani sul serio
Domenica 22 ottobre si celebra la giornata missionaria mondiale. La figura di don Andrea Santoro ci fa capire che anche ciascuno di noi può e deve essere testimone di Cristo
Cari amici lettori, vi scrivo dopo aver partecipato al primo festival della missione, che si è svolto a Brescia dal 12 al 15 ottobre. Quattro giorni di riflessione, di incontri, ma anche di festa, di gioia, di condivisione. È stato anche un modo per prepararsi alla Giornata missionaria mondiale, che si celebra domenica 22 ottobre. Ne parliamo in questo numero di Credere presentandovi la testimonianza di padre Daniele Moschetti, missionario comboniano, che ha una storia tutta da leggere.
Durante il Festival ho presentato una figura particolare di missionario e martire, quella di don Andrea Santoro. Con me c’era tra gli altri anche la sorella Maddalena. Lo spunto era un recente libro delle Edizioni San Paolo, Come un granello di senape. Don Andrea ci fa capire come ciascuno di noi può essere missionario. Il punto di partenza è l’amore per Cristo, la gioia di averlo incontrato che spinge a vivere da cristiani autentici e a testimoniarlo con una vita bella. Don Andrea lo ha fatto per anni come parroco, guidando pellegrinaggi in Terra Santa, infine come missionario fidei donum in Turchia. Ed è lì che ha trovato la morte, il 5 febbraio 2006, a Trabzon, ucciso mentre pregava con la Bibbia in mano.
Don Andrea ha vissuto il suo essere missionario in terra turca, circondato da pochissimi cristiani, con la sua semplice presenza, con la sua costante preghiera, con il suo incontrare gli altri, quasi tutti musulmani. Per capire il suo modo di porsi mi limito a citare una riflessione della sua ultima lettera. «Il vantaggio di noi cristiani sapete dove sta?», scriveva. «Nel credere in un Dio inerme, in un Cristo che invita ad amare i nemici... In un Vangelo che proibisce l’odio, l’ira, il giudizio, il dominio; il nostro vantaggio sta in un Dio che si fa agnello e si lascia colpire per uccidere in sé l’orgoglio e l’odio… in un Dio che attira con l’amore e non domina con il potere». Vivere tutto questo non è facile, spiegava, «come non è facile la croce di Cristo, sempre tentata dal fascino della spada». E concludeva: «Ci sarà chi voglia regalare al mondo la presenza di questo Cristo? Ci sarà chi voglia essere presente in questo mondo mediorientale semplicemente come cristiano, come sale nella minestra, lievito nella pasta, luce nella stanza, finestra tra muri innalzati, ponte tra rive opposte, offerta di riconciliazione?». Invitava ad andare, ma facendosi cristiani sul serio: «Il mondo brucia di odio, noi dobbiamo farlo bruciare di amore».