N. 44 - 2016 30 ottobre 2016
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Padre Piero Gheddo

Missionario e giornalista al servizio del Vangelo

Per mezzo secolo ha seguito in varie parti del mondo l’opera di evangelizzazione, riscontrando alla radice della missione la passione per Cristo e per il suo messaggio di salvezza

Un bambino in una missione cattolica

Domenica scorsa abbiamo celebrato la Giornata missionaria mondiale; in questo fine settimana si svolge il Giubileo della missione. Credere ha incontrato il più famoso missionario-giornalista d’Italia, padre Piero Gheddo, che da poco ha pubblicato la sua autobiografia per la Emi.

Padre Piero, cosa ha scoperto nei suoi viaggi da “inviato speciale ai confini della fede”, come suona il titolo del suo libro?

«Che la Chiesa è missionaria o, semplicemente, non è la Chiesa cattolica, istituita da Gesù e mandata per annunciare il Vangelo di salvezza per tutti i popoli. Lo dice il Vangelo, lo ribadiscono con forza tutti i Papi».

Ha collaborato con papa Wojtyla alla stesura dell’enciclica Redemptoris missio (un giornalista importante ha detto che è il documento meglio scritto del pontificato...). Cosa ci insegna san Giovanni Paolo II?

«La frase-chiave della Redemptoris missio è: “La fede si rafforza donandola” (n. 2). Una Chiesa chiusa su di sé, sui suoi problemi, non è missionaria e rischia di inaridirsi. Per rafforzare la fede, bisogna annunziare Cristo ai non cristiani o non praticanti, e questo anche in Italia».

Se gli apostoli fossero rimasti chiusi nel Cenacolo per paura, la Chiesa non ci sarebbe…

«Oggi, in Italia e in Europa, vediamo la Chiesa sempre più vecchia e con meno preti. Papa Francesco ci invita continuamente a uscire, verso le periferie geografiche ed esistenziali».

Cosa c’è di missionario in papa Francesco?

«In primo luogo viene da una “Chiesa missionaria”, cioè fondata ed evangelizzata in profondità dai missionari dopo il 1946; inoltre rappresenta bene il mondo missionario in almeno tre aspetti: la capacità di andare all’essenziale della fede, che è l’amore a Gesù Cristo. Poi l’umiltà e la semplicità di vita. Infine, il nome stesso che ha scelto avvicina papa Bergoglio ai missionari: evoca san Francesco d’Assisi e il mondo dei poveri».

Papa Francesco viene “quasi dalla fine del mondo”, com’egli stesso ha detto ai fedeli la prima sera da Pontefice…

«Bergoglio è figlio di una delle Chiese “del Sud del mondo” dalle quali abbiamo molto da imparare, perché in esse lo Spirito realizza un cammino di riforma che ringiovanisce la Chiesa universale. Lo scrissi nel 1972 in un Servizio speciale di Mondo e Missione, a quel tempo molto discusso e contestato. Pareva assurdo che noi – cattolici da duemila anni e ricchi di tesori di studi biblici e teologici e di migliaia di santi e padri della Chiesa – dovessimo imparare qualcosa dai nostri fratelli e sorelle appena nati alla fede. Invece è proprio così».

In che senso?

«Anzitutto il primo annuncio è centrato su Cristo, l’amore per lui, e non altro. Alla radice della missione non c’è solo la fede come assenso intellettuale, ma come passione per Cristo che trasforma tutta la vita. In secondo luogo, in un’Italia cristiana per tradizione, l’esempio delle giovani Chiese ci ricorda che convertirsi davvero a Cristo richiede coraggio ed esige una vita coerente. I non cristiani, quando giungono al Battesimo, sperimentano per la prima volta l’amore a Dio, la certezza di aver trovato un punto di riferimento solido per la vita e toccano con mano quanto la vita cristiana sia più umanizzante. Ciò si traduce in un cambiamento deciso di vita, in una svolta culturale che poi produce effetti nelle famiglie, nel sociale, ecc. Infine, dal Sud del mondo riceviamo uno stimolo fortissimo alla valorizzazione dei laici».

Queste cose le ha toccate con mano nei suoi innumerevoli viaggi.

«Nell’arco di mezzo secolo di giornalismo sul campo sono stato in circa 80 Paesi extra-europei, spesso testimone in prima linea delle più tragiche pagine del Novecento, dalla rivoluzione culturale in Cina alla guerra in Vietnam, dall’apartheid in Sudafrica alle dittature militari in Sudamerica, passando per la Cuba di Fidel Castro, la guerra civile in Angola, il genocidio in Ruanda… Partivo per visitare i missionari e le giovani Chiese e spesso mi dicevo: “Piero, tu stai vivendo gli Atti degli apostoli”. Ho scoperto che il Vangelo produce sempre frutti buoni e lo Spirito Santo, là dove nasce la Chiesa, soffia dove e come Lui vuole».

Oggi lei, il «globetrotter della missione», è costretto a non poter più viaggiare. Cosa dice al Signore in questa fase della sua vita?

«Da mesi sto vivendo la prova della sofferenza. Accetto da Dio quello che mi manda. Perché la sofferenza portata con fede, in unione con la passione di Gesù, produce buoni frutti. Non chiedo la grazia di guarire, ma dico a Dio: “Sia fatta la tua volontà”, e chiedo la forza di portare la mia piccola croce. Quel che Dio sceglie per me, è sempre il meglio. E vivo sereno e gioioso nonostante i dolori».

Cosa ne pensa del ruolo delle donne nella Chiesa e in missione?

«Tutto il bene possibile. A volte prego e dico: “Oh Dio, grazie che ci hai dato le donne!”. La donna, la madre, la sposa, la suora evangelizzano più dell’uomo. Basta vedere com’erano ospedali e case di riposo quando in corsia c’erano le suore e il malato era visto come Gesù che soffre; oggi in non pochi ospedali “laicizzati” il malato è spesso considerato come un individuo che permette di guadagnare».

Padre Piero, qual è l’episodio del Vangelo che le è più caro?

«Quando Gesù chiama Pietro e Andrea, mi commuove sempre: “Vi farò pescatori di uomini”. E loro sono andati con lui. Anche al bambino Pierino Gheddo Gesù ha detto: “Ti farò pescatore di uomini”. Io sono andato con lui e dopo 80 e più anni sono contentissimo di averlo seguito».

Come guarda al futuro, dall’alto dei suoi 87 anni?

«Più passa il tempo e più divento ottimista. Sono crollate o stanno crollando le ideologie atee (nazismo, comunismo, maoismo…) e stanno crollando anche il laicismo esasperato e l’ateismo. Vedo gli sterminati popoli che devono ancora ricevere l’annunzio della Buona Novella, ma vedo anche con chiarezza che Gesù Cristo col suo Vangelo è sempre più l’unica via di salvezza per tutti. La fede autentica ci dice che la storia dell’umanità, come la nostra piccola storia personale e quella millenaria della Chiesa, sono nelle mani di Dio. Il pessimismo che prevale in Italia non è un atteggiamento cristiano».

Testo di Gerolamo Fazzini

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