N. 44 - 2017 29 ottobre 2017
INSIEME di don Antonio Rizzolo

Un lavoro che metta davvero al centro la persona umana e la sua dignità

La settimana sociale che si sta svolgendo a Cagliari è un evento ecclesiale molto importante. Su un tema che ci tocca tutti…

Giovanni Paolo Ramonda

I fragili hanno fatto fiorire la mia vita

A dieci anni dalla scomparsa di don Oreste Benzi, parla il suo successore alla guida della Comunità Papa Giovanni XXIII.…

Il Mulino di Gragnano

Noi, ragazzi con le mani in pasta

Nelle terre di paccheri e scialatielli Igp, sei giovani si sono inventati un lavoro grazie al microcredito messo a disposizione…

Andrea Franzoso

Ho denunciato la corruzione per essere libero

Da dirigente delle Ferrovie Nord portò in luce un caso di spese pazze. E per non aver taciuto è stato licenziato. Ora, per…

Giuseppe Notarstefano

Restituiamo la speranza al mondo del lavoro

L’economista fa parte del Comitato scientifico delle Settimane sociali: «Il tema è cruciale per la vita economica del Paese…

Señor de los milagros

La devozione del Perù che conquista anche Roma

La festa religiosa più importante di Lima si celebra ovunque nel mondo sia presente una comunità di migranti latinoamericani.…

Ite, missa est di Enzo Romeo

Due donne leader tra popoli in cerca di pace

La premier del Bangladesh è diventata paladina dei profughi, quella di Myanmar è passata dalla parte dei “cattivi”. Ma solo…

Per una lettura completa...

Ite, missa est di Enzo Romeo

Due donne leader tra popoli in cerca di pace

La premier del Bangladesh è diventata paladina dei profughi, quella di Myanmar è passata dalla parte dei “cattivi”. Ma solo il dialogo può porre rimedio al dramma

Ite missa est. Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Due donne e tre popoli. Da una parte il poverissimo Bangladesh guidato dalla premier Sheikh Hasina, dall’altra il tormentato Myanmar della Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. In mezzo un’etnia di cui nessuno sa che farsene, i Rohingya. Uno strano triangolo, che il mondo ha scoperto per via del dramma di centinaia di migliaia di profughi, sballottati da un confine all’altro dei due Stati. E di cui sentiremo parlare ancora molto, anche per la visita che papa Francesco compirà in quei luoghi dal 27 novembre al 2 dicembre.

Le cronache hanno sparigliato immagini destinate a divenire stereotipi della storia. Hasina – finora nota per avere osteggiato un altro Nobel per la pace, Muhammad Yunus, il pioniere del microcredito – ha vestito i panni di paladina dei rifugiati. All’ultima Assemblea Onu è stata proprio lei, leader di un Paese considerato una filiale della rete jihadista, a pretendere il rispetto dei diritti umani da una nazione non islamica. Ha accusato la Birmania di pulizia etnica della minoranza Rohingya, di origine bengalese e di fede coranica. Quasi un milione gli sfollati, raccolti in campi profughi provvisori in Bangladesh.

La “Lady” per eccellenza, Aung San Suu Kyi, è passata invece dalla parte dei cattivi, costretta com’è a muoversi con cautela: il suo Myanmar sta faticosamente cercando di uscire dalla tutela militare per approdare a un sistema pienamente democratico. Le rivendicazioni indipendentiste di una parte dei Rohingya sono indigeribili per una nazione fragile e in bilico. Tutta l’area rischia di infiammarsi: i monaci buddhisti birmani da una parte e i radicali induisti indiani dall’altra alimentano l’ostilità contro gli “usurpatori” stranieri, che attentano alla loro identità culturale e spirituale.

La crisi coreana mostra invece che anche in Estremo Oriente ciò che serve, a ogni livello, è la capacità di dialogo. Il Papa ricorderà che le religioni hanno una grande responsabilità nel promuovere il rispetto reciproco e la pacifica convivenza.

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Archivio

Vai