N. 45 2014 19 novembre 2014
INSIEME di don Antonio Rizzolo

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Ite, Missa est | Emanuele Fant

Mi do il benvenuto

Io prendo i nomi molto sul serio, infatti mi offendo quando Angiolino racconta del suo passato da scassinatore, così inadatto...

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Ite, Missa est | Emanuele Fant

Mi do il benvenuto

Illustrazione di Franco Bellardi

Io prendo i nomi molto sul serio, infatti mi offendo quando Angiolino racconta del suo passato da scassinatore, così inadatto a quello che si aspettavano da lui le persone incaricate per prime di immaginare il suo futuro (diverso sarebbe se si fosse chiamato Demonietto, o Furtino).

Se il nome è buccia, il suo nocciolo è sempre un’intenzione. Chi ci ha desiderato con più forza ha meritato il privilegio di associarci a qualche sillaba con la maiuscola iniziale, destinata, per il tempo e l’usura, a ridursi semplicemente a suono.

Qualcuno se ne è un po’ approfittato di questo potere (conosco pure un Custode di nome, non di professione). Io ad esempio mi chiamo Emanuele, che vuol dire «Dio è con noi», diciamo che il progetto partiva già un po’ sovradimensionato, poi ci ho messo del mio per farlo deviare.

Chi, come me, è ossessionato dai nomi e da quello che vogliono dire, può trovarsi, dal giornalaio, a combattere con inquietanti allucinazioni quando Il Resto del Carlino lo costringe a visualizzare la parte avanzata di un piccolo cane; o Il Corriere della Sera, un peruviano che aspetta il tramonto per citofonare; o Secondamano, una protesi.

A proposito di nomi e di giornali, dovete sapere che per la campagna acquisti delle riviste che si chiamano con un verbo all’infinito, mi avevano cercato anche dalla redazione di Ragionare (ma ho un curriculum umanistico), di Meditare (ma a volte vengo distratto dal mio stesso respiro), di Farsi inutili problemi (ma ho ritenuto che con un titolo del genere la testata non avrebbe avuto futuro).

Poi, per fortuna, è arrivata la proposta dell’unico settimanale al quale nessuna mia mancanza avrebbe potuto impedirmi di restare fedele, perché, per adeguarsi al suo nome, occorre diminuire, ammettere di essere impolverati e deboli, più che lucidare le proprie opinioni. E allora mi do il benvenuto a Credere, un posto dove sto bene.

di Emanuele Fant

 

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