N. 45 - 2017 5 novembre 2017
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Daniele Rocchetti

Così proviamo a scoprire il mondo multiculturale

Il presidente delle Acli di Bergamo è l’ideatore di Molte fedi sotto lo stesso cielo, una delle esperienze più interessanti di animazione e formazione sul tema del dialogo tra religioni e culture oggi in Italia

Daniele Rocchetti

Paese per paese nella grande provincia, ma con lo sguardo rivolto al mondo intero. Una serata con il grande nome della cultura laica, un’altra con chi guida la meditazione biblica o con il testimone dalle comunità cristiane del Medio Oriente. Per Daniele Rocchetti – 56 anni, presidente delle Acli provinciali – da dieci anni ormai a Bergamo ogni autunno è così: in movimento con Molte fedi sotto lo stesso cielo (www.moltefedi.it), una delle esperienze più interessanti di animazione culturale sul tema del dialogo tra religioni e culture oggi in Italia. Un’agenda fittissima di appuntamenti promossi dalle Acli in un territorio del profondo Nord, in grado di muovere qualcosa come 40 mila persone tra cui 5 mila ragazzi delle scuole.

Insegnante prestato all’associazionismo, sposato con Renata e papà di tre figli – Francesco 26 anni, Davide 23 e Benedetta 14 – ci sono due cose di fronte alle quali, a pelle, Rocchetti si ribella: il culto dei numeri («conta la profondità, non quanta gente hai lì») e l’etichetta di personaggio. «Perché io non lo sono affatto», commenta. «Molte fedi non è una creazione mia, ma il frutto dell’incontro con tanti amici. E poi perché la mia storia è quella di una generazione cresciuta accanto a veri maestri che nella stagione successiva al Concilio ci hanno insegnato a tenere insieme la passione per Cristo con quella per l’uomo».

Attraverso quali esperienze?

«L’incontro con tante persone in carne e ossa del mio territorio. E poi per me una tappa fondamentale è stata Taizé (la comunità monastica ecumenica fondata in Francia alla fine degli anni Quaranta da frère Roger Schutz, ndr): ci andai la prima volta a vent’anni e poi ogni anno a vivere la Pasqua lì. Tornavo con la consapevolezza che la mia vita non poteva più essere quella di prima, che la fede doveva diventare qualcosa di decisivo. Un altro incontro è stato quello con don Tonino Bello: lo intervistai per la rivista Evangelizzare, con cui collaboravo. Mi colpì molto la sua idea di vita contempl-attiva, dove la contemplazione deve per forza incontrare l’azione. E poi Lettera a una professoressa di don Milani…».

Fu questa lettura a portarla a scegliere la professione di insegnante?

«Mi fece capire che il cambiamento passava dall’educazione, ma anche che il primo passo era stare dentro le cose con competenza. Così a insegnare religione nelle scuole ci sono arrivato dopo il baccalaureato in Teologia: in facoltà ero l’unico laico insieme a una ventina di compagni che poi sono diventati preti… Ma don Milani è stato anche la passione per la politica, l’esperienza di andare a Barbiana e lì respirare tutto il tema del consumo critico: con Renata e alcuni amici abbiamo dato vita a Il seme, una delle prime botteghe del commercio equo e solidale a Bergamo. Bottega e occasione concreta per fare cultura intorno a questi temi».

E come è arrivato l’impegno nelle Acli?

«E stato un passaggio in continuità con queste esperienze. Nel 2000 mi è stato chiesto di entrare nella presidenza delle Acli provinciali, dove ho seguito la delega alla vita cristiana e l’anno scorso sono anche diventato il presidente. È in questo cammino che abbiamo cominciato a porci il tema di una Bergamo che intorno a noi stava cambiando con l’arrivo dei migranti. Ed è nata l’idea di Molte fedi sotto lo stesso cielo».

Per dire che cosa?

«Vedevamo nella gente due sentimenti opposti: una grande disponibilità, ma anche l’inizio di un atteggiamento di diffidenza, di pregiudizio. Come Acli ci siamo detti: dobbiamo offrire uno spazio in cui aiutare i credenti ad andare al cuore dell’esperienza spirituale. E poi offrire una grammatica delle fedi altrui, occasioni per capire. La scelta è stata collocarci sulla soglia: intercettare domande di senso, diffusissime anche fuori dal recinto ecclesiale. Partire dall’umano per individuare terre di mezzo tra uomini e donne di identità diverse. Per farlo abbiamo cercato interlocutori che non venissero a difendere le ragioni della “ditta” ma a raccogliere questa sfida. Penso a figure che ci hanno accompagnato fin dall’inizio: Enzo Bianchi, Silvano Petrosino, don Giovanni Nicolini, Gad Lerner, Massimo Cacciari, Moni Ovadia, Lella Costa, Alberto Melloni...».

Fin dalla prima edizione, nel 2008, la risposta di Bergamo è stata al di là delle attese.

«Ma abbiamo subito percepito un rischio: quello del consumismo culturale, le serate affollate per il personaggio conosciuto o mediaticamente efficace. Non ci interessa consumare eventi, vogliamo costruire processi. Così una delle risposte sono state i Circoli di R-esistenza: gruppi piccoli, massimo quindici persone, che si ritrovano a riflettere su un testo che ogni anno chiediamo a un autore (quest’anno Chiara Giaccardi e Mauro Magatti). I Circoli come luoghi di confronto agili, leggeri; ne abbiamo ormai 125 sparsi in tutta la provincia di Bergamo. 1.600 persone che si incontrano a riflettere».

E che cosa emerge?

«Sono grandi occasioni di ascolto. Il mondo che cambia disorienta, suscita domande: sbaglia chi vede solo problemi, ma sbaglia anche chi dice che non ce ne sono. Lavoriamo per intercettare le domande e impedire che la paura sia l’unico sguardo sulle trasformazioni. Un’altra scelta forte è stata tornare nei territori, oggi abbandonati a se stessi. Non conta riempire una sala in centro a Bergamo; la sfida è offrire anche nelle valli più lontane strumenti per decifrare il presente».

Tra le proposte di Molte fedi c’è la lettura continuata della Bibbia: nella notte tra il 20 e il 21 ottobre avete portato i libri dei Profeti in alcuni luoghi significativi: la mensa della stazione, il carcere, l’ospedale... Per comunicare che cosa?

«Che la Bibbia è il grande codice capace di parlare a tutti. Una lettura laica, condotta da 280 lettori. Certo, per chi è credente diventa anche una lettura orante; ma la cosa sorprendente è vedere come nel cuore della notte qualcuno si fermi ad ascoltare».

Perché?

«I bergamaschi sono incredibili... Ma credo sia anche il riconoscimento di uno stile libero, aperto alla ricerca. Non ci vedono come la tribù di quelli che piantano paletti».

Per Bergamo dire Daniele Rocchetti è anche dire Terra Santa.

«Ho la fortuna di andarci tre o quattro volte all’anno come guida, ormai ho fatto un’ottantina di viaggi. Ogni volta lo riscopro come l’unico posto dove vado senza fatica, perché mi riconduce all’essenziale».

Un legame che si è trasformato anche in un Percorso Terrasanta fatto non solo di iniziative di solidarietà ma anche di testimonianze di cristiani del Medio Oriente a Bergamo. Che cosa hanno da dirci?

«Che il destino di quella terra è anche il nostro. Mi spaventa e mi rattrista vedere che non solo l’Occidente in generale, ma i cristiani stessi stanno dimenticando la Terra Santa. Abbiamo perso la consapevolezza che la nostra fede è nata lì. E insieme perdiamo la testimonianza di comunità che con una passione ostinata – nonostante tutte le sofferenze – restano in Medio Oriente. Rimanere indifferenti alla loro sorte è un impoverimento grave per noi, prima ancora che per loro. Per questo a Bergamo ci teniamo tanto a questo legame».

L’iniziativa: MOLTE FEDI
Beati i costruttori. Per una grammatica della generatività
è il titolo della decima edizione di Molte fedi sotto lo stesso cielo, in corso fino al 26 gennaio a Bergamo e provincia. Tra i prossimi appuntamenti, il percorso Apocalisse a Seriate (il 9 novembre con Lucilla Giagnoni; il 21 con Enzo Bianchi; il 23 con Claudia Ferrazzi; il 30 con Emanuele Beschi). I sabati 18 e 25 novembre e 2 dicembre alle 8 nella chiesa di San Vincenzo a Bergamo lectio sull’Apocalisse con don Davide Rosa. Il 6 novembre, al Teatro Creberg, concerto della cantante israeliana Noa. L’8 novembre al liceo Mascheroni, incontro con il sondaggista Nando Pagnoncelli e il giornalista Federico Fubini su Opinioni e media intorno all’Europa. L’1 dicembre, al cinema Conca Verde, incontro con lo scrittore Luis Sepùlveda su La fine della storia.

Testo di Giorgio Bernardelli. Foto di Ugo Zamborlini

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